Quartiere di periferia romana. Anni ottanta.
di Luigi M. Lombardi Satriani


L’itinerario di K. nel Castello kafkiano è, non può non essere, un’ininterrota disperata ricerca del divino; dalle regioni dell’Inferno della vita di Kafka può ripetere come il salmista De profundis clama ad te, Domine…
Davide – l’antica regalità del nome è degradata nell’universo opaco dell’emarginazione – compie il suo itinerario in Storia di niente e il suo De profundis non è meno disperato.
Ché buona parte della realtà contemporanea è percorsa da questa ansia di ricerca, spesso implicita, enigmatica, monologo che tende ad un interlocutore muto o addirittura assente.
La laica Via crucis attraverso la quale si snoda la Storia di niente con le sue quattordici “stazioni” testimonia una vicenda di vuoto e di passione, dove il patire umano dice la sua radicale inutilità, la sua disperazione, la sua assurda speranza in un significato che lo riscatti dalla cieca datità.
Maricla Boggio – estremamente attenta alla variegata fenomenologia della realtà contemporanea- descrive con acuta sensibilità e intensa efficacia un universo giovanile segnato dalla violenza, da sussulti vitalistici, dall’ostentazione aggressiva, dal vuoto.
I protagonisti di un universo siffatto comunicano con “Monclair”, “Marina Yacting”, “Clark”, “Lewis”: termini-simbolo, una volta passati a significare attraverso il possesso degli oggetti una improbabile identità individuale; “stronzo”, “vaffanculo”, “sei fottuto”, “’na cifra forte” per i ragazzi; “gattina”, “faccetta d’angelo”, “bambolina”, “principessa”. nel giro marchettaro e “canna”, “piotta”, “rabba buona”, per l’ambiente tossico.
Il vuoto si alimenta e tende a perpetuarsi anche attraverso la non-comunicazione che si attua di fatto con questi “rottami” linguistici. Una perdita progressiva di senso corrode la vita del mondo giovanile che vede con disperata lucidità l’assenza di sbocchi lavorativi per le proprie energie3 e il radicale appannamento del quadro dei valori che deve comunqaue sorreggere una società, costituendone il tessuto connettivo.
L’emarginazione inflitta dalla società può allora assumere anche la forma di autoemarginazione in una sorta di cupio dissolvi , di enfasi autodistruttiva.
L’itinerario di Davide è emblematico di innumerevoli vicende di giovani la cui esistenza viene progressivamente erosa sino all’annientamento dalla brutalità, dal dolore, dalla solitudine, dalla disgregazione; il tunnel della dorga con i suoi fittizzi…. a pagamento e la prostituzione omosessuale possono apparire nel “vuoto dell’esistenza” unica via percorribile, ché nulla può contro questo autofurore di autodistruzione l’amore silenzioso della madre, esangue residuo di struttura familiare.
Tutto ciò è reso da Maricla Boggio in una dimensione teatrale, che trasforma creativamente il dato antropologicamente verosimile in un linguaggio suggestivo e metaforico. Ché il teatro non è né deve essere vita, ma discorso su di essa, sua autonoma rappresentazione.
Nel suo itinerario di sofferenza Davide incontra – ed è incontro decisivo – il professore del riformatorio, su cui può scaricare la propria violenza impotente, imbrattandolo con la vernice per sperimentare la possibilità comunque di un dialogo.
Il professore, “Christus patienz”, accetta tale rabbia, ponendosi per amore come oggetto dell’altro, della sua aggressività richiesta di contatto.
Nello scorrere dell’acqua versata dai secchi, i due, lavandosi dai colori da cui sono imbrattati e legati, realizzano un moderno battesimo finale: la scoperta della solidarietà ha attuato il riscatto; l’amore dell’uomo ha vinto la degradazione e la morte.
Ma quante altre esistenze sono precipitate, invece, nell’opacità di una disperazione senza sbocchi, nella degradazione e nell’annientamento? Per un dolore che ha trovato riscatto nella parola, quanto altri si sono consumati nel silenzio?
La luce ritrovata in un’esistenza, compensa, forse, del buio in cui innumerevoli altre sono state costrette dalla propria e dall’altrui cecità?

indietro