(…) Uno degli spettacoli accolti con particolare favore dal pubblico è stato “la Rivoluzione condanna tre cittadine” che maricla Boggio ha strappato dalle dolenti cronache del Terrore per farci partecipi della confessione-testamento di tre personaggi muliebri di diversa estrazione sociale e ancor più disparate motivazioni ideologiche. Con esemplare rigore e con ormai rara rinuncia a marchingegno scenografici la regìa di Franco Gervasio ha puntato a conservare i valori della denuncia contro la “escalation” sanguinaria ammantata di stravolti ideali egualitari innalzando nella dugentesca Sala del Capitano una semplice pedana con informi blocchi di biancastra plastica.
Spentosi appena l’evocato rumore dei carri diretti alla ghigliottina, da uno dei mucchi di plastica è emersa la conturbante figura di Gea Lionello che all’idolatrata regina Maria Antonietta ha ripetuto in giovanile slancio l’atto di fedeltà costato sanguinosamente caro a Maria Teresa di Savoia, giovanissima principessa, nella rievocazione inquietante di un agro destino muliebre, dapprima tiranneggiato da genitori oppressivi, poi tradito da uno sposo indegno, infine sacrificato ad una idealizzata sovrana.
Con accenti di sconvolgente immedesimazione Micaela Esdra si è a sua volta calata in una Carlotta Corday che, lontana dalla iconografia stereotipata della folle ragazza di provincia manovrata dai girondini, spiega al pittore incaricato di eternarla nell’atto di accoltellare a morte Marat di aver voluto troncare con il suo inesorabile gesto la spirale di violenza pseudopurificatrice predicata dal sanguinario tribuno. Infine Magda Mercatali ha conservato inquietante disincanto alla volitiva Olimpia de Gouges.
(...) ore 18: sotto il prezioso ombrello di un collega previdente, raggiungiamo la Sala del Capitano del Popolo salendo la monumentale scalea (all’aperto!) che adorna la maggior piazza del superbo centro storico. Vi si recita “La Rivoluzione condanna tre cittadine”, recente copione della nostra infaticabile Maricla Boggio che ha colto l’occasione del bicentenario della Bastiglia per raccogliere in un limbo “post mortem” – tipo le confessioni della “Spoon River Anthology” – le voci di tre donne che finirono sotto la ghigliottina: la nobile Maria Teresa di Savoia Carignano colpevole di fedeltà estrema a Maria Antonietta che certo non meritava tanta devozione ( e la giovanissima Gea Lionello ha trovato accenti teneri e persuasivi); la borghese di provincia Charlotte Corday che scanna Marat, amico del popolo e massacratore ( e Micaela Esdra ha avuto ottimi toni di risentimento morale); e infine la cittadina Olimpia de Gouges ( una prorompente Magda Mercatali) che, conquistati i più esclusivi salotti parigini con l’intelligenza e con l’accorta gestione delle sue grazie, osa riprovare la sanguinaria politica di Robespierre. Tre toccanti e sconsolate confidenze che il regista Franco Gervasio – con la collaborazione del costumista Stefanutti, dello scenografo Testa e del musicista Paolo Terni – estrae accoratamente da un ovattato paesaggio cemeteriale.
La Sala delle Pietre, stanzone medioevale dalle volte altissime, avvolto in una quasi totale oscurità, è lo spazio ideale per “La Rivoluzione condanna tre cittadine”, novità di Maricla Boggio, un carcere orrido, l’anticamera della morte per tre donne vittime dell’albagia maschile. Tre vite, tre storie, tre monologhi appassionati per attrici intelligenti, perfettamente aderenti ai personaggi storici loro affidati, personaggi che si materializzano dal nulla, ectoplasmi o spiriti evocati da un medium, secondo le intenzioni del regista Franco Gervasio, ma che immediatamente diventano carne e sangue e anima. Le tre donne rivivono – non raccontano – momenti chiave della loro esistenza, diremmo, in diretta, nell’imminenza dell’estremo passo verso il patibolo. Tre donne dalla differente personalità ( e Maricla Boggio ha sottolineato queste diversità con un lessico appropriato per ciascuna di loro) eppure accomunate dal fatale impulso di intervenire eticamente, politicamente, culturalmente nella sfera esclusiva del potere maschile.
Maria Teresa di Savoia Carignano, principessa di Lamballe, fu vittima dell’onestà, della purezza, della fedeltà. Svenduta dai Savoia con un matrimonio per procura finito male in pochi mesi, ebbe il torto di lottare contro la corruzione della corte e di essere devota alla regina. Più note Carlotta Corday, l’assassina di Marat, sanguinario “amico del popolo”, e Olimpia de Gouges, popolana diventata scrittrice, drammaturga, polemista scomoda, accanita avversaria di Robespierre. La dolce, fanciullesca Maria Teresa ha trovato un’interprete fresca, appassionata in una Gea Lionello trepidante, pensosa, aristocratica. Micaela Esdra ha conferito la furia guerresca di una donna controcorrente a Carlotta, una donna, però, che non si dimentica di essere tale anche sulla soglia del supplizio: vuole apparire bella, com’era del resto, nell’ultimo ritratto. Fierezza e vanità che Micaela Esdra ha sintetizzato con rara efficacia. Una lucidissima Magda Mercatali è stata un’ispirata Olimpia, dialettica, matura, sicura di sé, che non teme di sfidare la prosopopea maschile proponendo politiche scandalose, vera rivoluzionaria lungimirante: il re si annienta lasciandolo in vita, non facendone un martire.
Tre donne cancellate dalla Rivoluzione Francese.
“La rivoluzione condanna tre cittadine” di Maricla Boggio, sorta di trittico femminile che illustra anime storiche e non eroiche, tre primissimi, intimi piani su donne che per lignaggio, per solidarietà e per emotività d’impegno vennero spazzate via dalla giustizia sommaria dei moti francesi.
Non ci lusinga (più) qualsiasi tema del Bicenterario, ma il pregio del testo della Boggio è proprio semmai quello di umanizzare e contraddire le maglie della retorica progressista, e seppure nel copione traspare abbastanza una qualsiasi sensibilità femminista, la partitura è calibrata per gli “a solo” di tre attrici molto ispirate. i personaggi sono resi manifesti come altrettante crisalidi che si stagliano a turno su una pedana a metà tra un’Arcadia e un luogo sacrificale. Lì il regista Franco Gervasio ha avvicendato le confidenze estreme di queste madame-feticcio che vanno a morire.
Un è Maria Teresa di Savoia Carignano, nobile predata nella castità, nello stato civile e nella dedizione di dama da camera di Maria Antonietta tanto fedele da restare coinvolta, sospetta, massacrata infine dal popolo: un “brava” a Gea Lionello, naturale e toccante.
L’altra sagoma è di Carlotta Corday, nella versione di una delicata e coscienziosa stroncatrice di fantasmi: l’aura drammatica di Micaela Esdra è ricca di empiti sottili, di abbandoni forti, di bella narrazione contemplativa.
L’ultima delle tre è Olimpia de Gouges, una campagnola assurta a liaisons di società, a eloquenza e talento di commediografa sul campo, favorevole a un’incruenta deposizione del re: Magda Mercatali ha la tempra schietta e tribunizia delle “femmes de plume” e delle beniamine alla moda di ogni tempo, con destino autolesionista. Un esempio di teatro non troppo storico, non tanto connesso a ideologie, ma capace di creare un contatto, una calma testimonianza di violenza.