MARICLA BOGGIO

GUIDOGOZZANO

Nota

Da bambina passavo l'estate a San Giorgio, in Canavese, nella casa dei nonni.
Con mia madre e la nonna si andava in passeggiata; nella fresca ombra dei
faggi costeggiavamo il sentiero d'Agliè fino al paese. Superati i portici massicci,
la signora Colla ci accoglieva con i casalinghi sciroppi nel giardino; le
amiche parlavano di un Gustavo che aveva dedicato un sonetto alla padrona di
casa, fidanzata del notaio suo amico del cuore; il poeta era morto da cin- quant' anni, ma ne permanevano i racconti degli amori, dei viaggi, dei capricci al Meleto, sua dimora estiva, dove si rifugiava a scrivere in un ardito casino sul laghetto. Le rime scivolavano quiete nella parlata piemontese; era un linguaggio così naturale, non mi incuteva soggezione. Soltanto più tardi associai quell'intimo Gustavo al Guido delle opere. Nelle trentatrè scene del mio testo si sviluppa il viaggio di Gozzano alla ricerca della sua poesia. Un luogo di evocazioni, la scena; dietro una tenda bianca, il poeta al suo ultimo giorno. È un rapido succedersi di avvenimenti. Nella dimensione del pensiero, vita e scrittura risultano fortemente intrecciate; la lingua affonda compiaciuta nel dialetto dell'antica Torino, i fermenti culturali sono stimolo alla tormentata formazione moderna: ecco Arturo Graf e le Sabatine a Palazzo Campana; la Società di Cultura con le riviste francesi e gli incontri di critici e scrittori; la pasticceria Baratti prediletta dalle signore e il "Gaudeamus igitur" dove andavano a ballare gli studenti; le società editrici - manager di se stesso, Gozzano pretendeva una forte percentuale sui diritti - ; il primo cinema - Gozzano realizzò per la Ambrosiofilm un documentario sulle farfalle e un san Francesco in sceneggiatura-; l'affrancamento dall'amato-odiato D'Annunzio, con l'individuazione di un suo linguaggio quotidiano; quel chiamarsi, in una poesia, "Guidogozzano", indicazione di una scrittura che sceglie come personaggio lo stesso poeta; il viaggio in India che, da rimedio alla tisi, diventa materia di invenzione fantastica sulla scìa dei primi approcci che gli intellettuali europei andavano instaurando con quelle terre ancora sconosciute; la relazione passionale e artistica con l'intelligentissima e più sensibile Amalia Guglielminetti; gli incontri con le donne dei suoi amori, dalla declinante Signora Bionda alla trepida Signora delle violette; il rapporto ambiguo, scontroso e intriso di dolci dileggi con Carlo Vallini, complice nella vita e nella scrittura: è per Gozzano tutto un provare e riprovare ritmi e rime utilizzando la propria vita come materiale di lavoro fino a renderla poesia. Nelle ultime scene la vecchia Granda canta "La bela Carolin", la canzone che accompagnò la giovanissima principessa sabauda sposa al duca di Sassonia; nel delirio il poeta partecipa alla festa per il matrimonio principesco, entrando in un mondo di stampe ed incisioni il cui dialetto aristocratico porta il segno di una classe estinta, riecheggiata nelle figure e nei suoni fantasmatici. Al momento della morte Gozzano, liberato dalle angustie della fisicità, del tempo e della morale, si ritrova a danzare insieme alla Bela Carolin e ad Amalia Guglielminetti.

PERSONAGGI

GOZZANO
GUIDOGOZZANO
AMALIA GUGLIELMINETT1
CARLO VALLINI
DIODATA GOZZANO, madre di Guido
MARIO VUGLIANO, giornalista
MARIO DOGLI0TTI, critico letterario, poi PADRE SILVESTRO
GRAZIELLA
SIGNORA BIONDA
SILVIA
ARTURO GRAF
SIGNORA DELLE VIOLETTE
ARTURO AMBROSIO, produttore cinematografico
LA RAGAZZA DOMESTICA
JEANNE7TE
LA GRANDA
LA BELA CAROLIN
SIGNORE PICCOLO
MARTIN
GIORNALISTA MONDANA
CRONISTA
ROSIN
SIGNORA IN ROSA
SIGNORA BRUNA
SIGNORA ROSSA
LA STATUA DI DIANA
SCRIVANO/ MONSIGNORE! MARCHESE
DAME/ CAVALIERI/ CAMERIERI, della corte dei Savoia
UN CAMERIERE/ UN PESCATORE/
UNA SUORA/ UN PASTORE/
STATUE ED ALBERI DEL PARCO DEL CASTELLO DI AGLIÈ
STUDENTI DELL'UNIVERSITÀ DI TORINO

PRIMO TEMPO

SCENA I

9 AGOSTO 1916

Una stanza di casa Gozzano, a Torino. Spazio vuoto, disponibile alle utilizzazioni delle scene successive. Una suora vestita di bianco attraversa la scena e scompare dietro la tenda. Entra Diodata su di una carrozzina, spinta da Carlo Vallini in divisa militare. Li segue Amalia Guglielminetti, restando in disparte.

DIODATA - Vi ringrazio, Vallini. Non speravo che vi dessero una licenza.

VALLINI - Ma per Guido ... (si avvicina alla tenda). Adesso è tranquillo ...

DIODATA - Sarebbe giusto che morissi io, non mio figlio.

Reclina il capo; si assopisce. Amalia si avvicina a Vallini

AMALIA - Insieme, come una volta. Ma non saremo mai più felici.

VALLINI - Al fronte il mondo scompare. Non sembra possibile che la gente continui a vivere, divertendosi a fare cose frivole come andare alle feste o a teatro. Non sembra neppure possibile aver mai scritto poesie.
Vederti, Amalia, è ritornare alla vita.

AMALIA - Su su ... La sofferenza cancella ogni contrasto.
Eri così geloso, allora! Se avessi potuto, ti saresti sostituito a me.
Ma quei giochi sono lontani ...

VALLINI - Non abbiamo avuto paura del giudizio di nessuno.

AMALIA - Oh Carlo! eravamo cauti, discreti. Scandalo, appena un poco
perché la gente perbene provasse un piccolo brivido.

VALLINI - Ma io l'ho amato! Lo dico a te perché l'hai amato anche tu.
Con tutta la libertà che permette l'amore.

AMALIA - Piano!. .. Non farti sentire da sua madre.

Si avvia spingendo la carrozzina

Andiamo di là. Ci prepareremo un tè e parleremo.

SCENA Il

LAUS MATRIS

Giardino del Meleto, residenza estiva dei Gozzano. Diodata Gozzano, vestita da castellana Jolanda, ha concluso le ultime battute de "La partita a scacchi" di Giacosa. Gli amici applaudono. Gozzano giovane assiste in disparte.

SIGNORA BIONDA - L'avete miniata quella parte, Diodata!

SIGNORA IN ROSA - E che visino hai! Sembri una bambina!

SIGNORA BIONDA - Nessuno vi dà un figlio di vent'anni.

SIGNORA IN ROSA - E per di più poeta ...

DIODATA - Via via ... Non mi fate confondere!
Certo mi sarebbe piaciuto essere attrice, ma ho scelto la famiglia.
E queste piccole recite per voi sono l'unico sfogo alla mia ambizione.

VUGLIANO - Un'ambizione che può cominciare a sentirsi soddisfatta da vostro figlio.

SIGNORA BIONDA - Ma Gustavo dov'è?

SIGNORA IN ROSA Vuoi dire "Guido", Da un po' di tempo si fa chiamare "Guido" ...

DIODATA - Per me resta Gustavo. Il mio caro ...

va incontro a Gozzano che le si avvicina...

il mio dolce Gustavo! ...

si rivolge agli amici

Mi ha dedicato una poesia ...

SIGNORA BIONDA - E allora, Guido, vogliamo sentirla!

SIGNORA IN ROSA - Siete così misterioso ...
Imparate dal nostro grande poeta: D'Annunzio non è certo timido!

VUGLIANO - Oh!, io spero che Guido impari sempre meno da lui.

SIGNORA IN ROSA - D'Annunzio è un genio. Noi saremmo felici se Guido gli somigliasse!

VUGLIANO - E io vi dico che Guido potrebbe darci una poesia nuova,
non quei versi legati al mito, alla bellezza ...
Una poesia che forse farà sognare di meno le belle signore,
ma che potrebbe rappresentare l'espressione vera del nostro tempo.

DIODATA - Vugliano, quello che dite del futuro di Gustavo mi dà una grande gioia.
Siete giornalista, ve ne intendete di scrittori... ma vi confesso che mi spaventate.

VUGLIANO - E allora accontentiamoci del presente.
Guido ha scritto una poesia in vostro onore, chiediamogli di recitarcela.

SIGNORA BIONDA - Guido, ve ne preghiamo!

SIGNORA IN ROSA –

A Diodata

Diteglielo anche voi ! ...

DIODATA - lo ne sarei felice. Ma è così timido ...

Gozzano è circondato dalle signore imploranti

GOZZANO - Non mette conto, mamma ...

DIODATA –

Imperiosa come una bambina

Ma tu l'hai scritta per me, quindi sarà bellissima!

GOZZANO - Allora ... ecco.

Estrae un foglio dalla tasca. All'inizio si rivolge soprattutto a Vugliano,
come a scusarsi per quei versi

"Laus matris", lode alla madre. Il titolo, lo ammetto, è un riferimento letterario,
l'ho preso da "Laus vitae" di D'Annunzio, "O figlio, canta il tuo alloro" ...
E poi, i miei poveri versi.

Gozzano dice i versi rivolto alla madre, in atteggiamento di adorazione

"Laudata sii dal figlio che, compiuti vene anni
oggi lascia li inganni, ritorna come giglio.

Via via se ne vanno tutti, per ultimo Vugliano che ascolta con un sorriso ironico
la declamazione di Gozzano, in un crescendo di retorica,
nella scia di una certa moda dannunziana

Oggi il candor riceve
sull' anima perduta
della bianca caduta
in terra prima neve, se la tua mano fina
sì tenera e sì affranta recando l'Ostia Santa
verso di lui s'inchina" ...

Buio

SCENA III

STACCARSI DA QUELLO CHE SI È AMATO

Il parco del castello di Agliè. Statue di pietra settecentesche, tra cui una Diana cacciatrice.
Il custode sta spazzando le foglie. Entrano Gozzano e Vugliano.

GOZZANO - E alura, Martin, i duchi di Savoia sono in Castello?

MARTIN - Ma no, avucat, a sun via ... Mica come una volta c'a stasìu sì tuta l'istà,
e feste e balli a non finire! ... Adesso viaggiano. E poi, il più delle volte,
a son a Ruma, con al Re.

GOZZANO - Allora noi facciamo un giro per il parco.

MARTIN - Ca fasa cuma s'a fusa a ca' sòa, avucat!

Martin si allontana spazzando. Gozzano e Vugliano siedono accanto ad un albero

VUGLIANO - D'Annunzio si regge ormai su immagini che non hanno più riscontro con la realtà. Questo suo modo di far poesia mi irrita,
mi imbarazza. E tu: "Laudata " sii dal figlio ... che compiuti
vent'anni ... oggi lascia "li" affanni ... ritorna come "giglio" .

GOZZANO - È a mia madre che piace questo genere di poesia!
Era un omaggio a lei nel giorno del mio compleanno.

VUGLIANO - Peggio ancora! È come dire che sei succube di tua madre.
La tua adorazione per lei sembra più quella di un amante che di un figlio.

GOZZANO - Potrei mostrarti il contrario.

VUGLIANO - Via via, lasciamo andare! ... Conosco le tue avventure.
Non mi interessano le tue storie d'amore, mi interessa la tua poesia.
Tu hai dei temi tuoi, un tuo vocabolario, non puoi andar dietro a D'Annunzio.
Ma siccome lo ammiri, lo copii.

GOZZANO - Lo detesto, eppure mi affascina. Non riesco ancora a fare a meno di lui.

VUGLIANO - D'Annunzio è affezionato ad un passato di grandezza.
Noi dobbiamo avere l'occhio al presente.

Gozzano giocherella con un fuscello, soprappensiero

GOZZANO - Certe cose del passato le amo, proprio perché sono umiliate,
degradate dal tempo ... non più così trionfanti come le vede D'Annunzio.

Vellica la statua di Diana con il fuscellino, l'abbraccia. Un frutto arriva ai suoi piedi.
Gozzano accenna sottovoce

"M'avanzo pel sentiero ormai distrutto
dalla gramigna e dal navone folto;
ascolto il gran silenzio, intento, ascolto
il tonfo malinconico d'un frutto" ...

 

Piante e statue si animano in un bucolico girotondo

Ma quanti frutti! Cadono in gran copia
in terra, sui busseti sui rosai:
sire Autunno, quest' anno come mai, munifico vuotò la cornucopia" ...

Diana estrae dalla faretra una gigantesca pera porporina

…”0 gioco strano! Pur nella faretra
di Diana cadde una perfetta pera,
così perfetta che non sembra vera
ma sculturata nell'istessa pietra" ...

Diana lancia il frutto a Gozzano, poi torna immobile. Anche le altre statue e gli alberi riprendono la primitiva immobilità. Gozzano fissa interdetto il frutto che gli è rimasto in mano. Vugliano non si è accorto di nulla, perché tutto è avvenuto nella mente di Gozzano. La conversazione riprende

VUGLIANO - I temi della nostra poesia devono essere terra terra. Cose piccole, mediocri, usuali. Il resto è letteratura.

Gozzano addenta il frutto

GOZZANO - Non è facile staccarsi da quello che si è amato. Non è facile, sai?

SCENA IV

LE FRASI DELLA VITA

Stradone di campagna costeggiato di ginestre. La Signora Bionda è in atteggiamento di attesa. Gozzano arriva dietro le sue spalle, con il fuscellino la sfiora sul collo.

SIGNORA BIONDA - Sei tu!

lo abbraccia con slancio

Ti aspettavo ...

Gozzano si scosta con dolcezza

GOZZANO - Andiamo ...

SIGNORA BIONDA - Quanto resterai ancora ad Agliè?

GOZZANO - Un po'. Ma dovrò tornare a Torino. Ho gli esami...

SIGNORA BIONDA - Signor avvocato!. ..

GOZZANO - Eh! Ci vuole ancora tempo ... Chissà se ci arriverò mai alla laurea. Tutto mi interessa più che il diritto.

SIGNORA BIONDA - Tra poco anche noi torneremo in città. Mio marito, non gli darò tregua finché non si sarà deciso a rientrare. GOZZANO - (Blandamente, un po' annoiato). Ma sì, ma sì, ci vedremo anche a Torino ...

La signora, rassicurata, si protende in un abbraccio, ma interrompe lo slancio perché è entrata con irruenza una ragazza in bicicletta

SIGNORA BIONDA - Oh!, ma è Graziella!

Bruna, vestita sportivamente, Graziella ferma la bicicletta accanto ai due.
Ride schietta scendendo dalla bici

GRAZIELLA - Signora! Come sta?

La Signora Bionda guarda Graziella ammirata per la sua giovinezza. Gozzano, in disparte, fa un gesto imperioso. Entra un personaggio identico a Gozzano: è Guidogozzano, il suo "personaggio", il protagonista delle poesie e di ogni suo scritto, costruito - anche se dalla vita è tratto lo spunto da cui emergerà la composizione - con tutto l'impegno artistico di cui Gozzano è capace. Al comando di Gozzano, Guidogozzano prende il suo posto accanto alle due donne. Per tutta la durata della scena i tre obbediranno alle indicazioni di Gozzano, intento a creare la sua poesia, lavoro di prove e riprove, di limature e di verifiche ritmiche, sonore ed evocative

GOZZANO - "Tra bande verdi gialle d'innumeri ginestre
la bella strada alpestre scendeva nella valle".

Pausa

Sì, può andare. C'è una certa serenità in questa immagine ... La natura è l'unica cosa che mi renda più tranquillo. Poi ...

Spia i gesti dei tre, per proseguire la composizione La Signora Bionda presenta Graziella a Guidogozzano, che sorride alla ragazza e le stringe franco la mano. Gozzano non è soddisfatto; con un gesto imperioso fa tornare i tre nelle posizioni precedenti. Obbedienti, i tre ripetono azioni ed atteggiamenti, solleciti ad ogni richiamo. Sentimenti e sensazioni, pensieri ed emozioni sono diventati, nella fase dell'elaborazione poetica, gli elementi da cui partire per arrivare alla creazione. Ad un gesto di Gozzano, la Signora Bionda e Guidogozzano, isolati e sottobraccio, rifanno la camminata lenta dell'inizio. Graziella con la bicicletta è ferma, di lato, in attesa di entrare nella scena, al comando di Gozzano. Gozzano dà l'avvio alla Signora Bionda e a Guidogozzano per la passeggiata. Durante lo svolgersi dell'azione Gozzano scandisce le sillabe di ogni verso, senza compiacimenti interpretativi, ma con attenzione alla verifica metrica ed alla qualità dei suoni

GOZZANO - "Andavo con l'Amica, recando nell'ascesa
la triste che già pesa nostra catena antica" ...

pausa

Non è bello quanto dico di lei, povera amica buona. I versi sono venuti bene, ma forse li toglierò ...

fa un gesto verso Graziella, che irrompe con la bicicletta.
Torna a scandire i versi, senza emozione

... " quando nel lento oblio, rapidamente in vista
apparve una ciclista a sommo del pendìo".

Al gesto di Gozzano i tre si muovono come nella scena accaduta poco prima

GOZZANO - "Ci venne incontro; scese" ...

Graziella viene avanti; prorompe vivace con la sua "battuta"

GRAZIELLA - "Signora! Sono Grazia!"

Gozzano annuisce

GOZZANO - Era proprio così! Non potranno più accusarmi di letteratura:
uso le frasi della vita!

ripete la battuta di Graziella accentuandone la scansia ne sillabica, per proseguire al verso successivo, che è suo

 

"Ci venne incontro; scese. 'Signora! Sono Grazia!'
sorrise nella grazia dell'abito scozzese.

Le due donne e Guidogozzano, ad un cenno di Gozzano, se ne vanno. Febbrilmente Gozzano scrive verificando i versi a voce alta

'Graziella, la bambina?' 'Mi riconosci ancora?'
'Ma certo!' E la Signora baciò la Signorina" ...

Pausa

No ... Forse è meglio .. .'Tu, Grazia, la bambina?'.
Oppure .. .'Graziella, la bambina?' ... 'Mi riconosce ancora?'
'Ma certo! ' E la Signora baciò la Signorina!" .
Ah!, così funziona. Funziona benissimo!

Buio

SCENA V

LE SABATINE

Studenti sui banchi dell'aula magna della facoltà di lettere dell'università di Torino, a palazzo Campana. Qualche signora elegante, con cappello piumato. Gozzano e Vallini, insieme a Vugliano e a Dogliotti, sono seduti nei banchi, come molti altri intellettuali torinesi e studenti di facoltà anche non letterarie, secondo l'abitudine di andare ad ascoltare il famoso professore, il sabato, su argomenti di vario interesse letterario. Entra Arturo Graf con fluente barba bianca. Tutti applaudono. Graffa un cenno bonario con la mano. Gli applausi si acquietano.

GRAF - Nelle nostre "sabatine", cioè nelle ore del sabato dedicate agli incontri con tanta gioventù e con così numerosi intellettuali torinesi, abbiamo concluso il ciclo delle letture della Divina Commedia. Molti poeti di oggi hanno spiccatissima fama; Dante però ci interessa ancora per la profondità e la ricchezza della sua poesia. Ma adesso è arrivato il momento di dare spazio a uno dei poeti più giovani del nostro gruppo. Ha già pubblicato alcuni scritti su giornali e riviste, e si prepara a raccoglierli in un libro. Questo giovane poeta è Carlo Vallini. Lo prego di venire qui a leggere quanto ha scelto per noi.

Vallini si alza in piedi spaurito. È invaso da una paura animalesca.
Sottovoce si rivolge a Gozzano

VALLINI - Era meglio se non chiedevo di andar lì.

GOZZANO - Vai vai !. .. Devi farti conoscere! D
obbiamo sfondare. ce lo siamo promesso tutti e due.

Vallini raggiunge Graf che gli cede il posto e va a sedersi in mezzo agli studenti

VALLINI - Sto lavorando a un poemetto che pensavo di intitolare "Un giorno". "
Il sogno" ne è una parte. Ascoltarmi dopo Dante Il porterà a un ben triste confronto.
Ma, visto che siamo qui, vi leggerò qualche verso.

Mentre Vallini sta parlando, entra Amalia Guglielminetti. Poco più che ventenne, elegante con un certo sfarzo, una cloche sui capelli scuri e un gran ciuffo di piume. Possiede una bellezza al tempo stesso vistosa e discreta. Ha una bocca grande predisposta al sorriso, e occhi pronunciati contornati di trucco. Si guarda intorno e, vedendo libero il posto accanto a Gozzano, vi si va a sedere. I due si guardano a lungo

VALLINI - "Signore del cielo, figura
retorica, fai tu la grazia
del sogno a quest'anima sazia
della tua sciocca natura!
Tu vedi ch'io mi consolo
con poco: ti chiedo, o Signore,
soltanto l'immenso favore
d'esser lasciato da solo.
llludermi! Non ho bisogno
d'altro conforto all'ambascia:
fa ch'io dimentichi: lascia
ch'io mi dissolva nel sogno" ...

Buio

SCENA VI

DA BARATTI

Sala del caffè Baratti in piazza Castello. Le signore mangiano le paste. Gli studenti festeggiano Vallini insieme a Vugliano, Dogliotti e Gozzano

STUDENTI - Bravo! Bravissimo! Festeggiamo il successo!
Auguri per il libro! Evviva Vallini! Evviva!

Gozzano abbraccia Vallini con impeto

GOZZANO - Colombina mia!

Gli studenti se ne vanno

VALLINI - Guido, non va ancora. D'Annunzio ci perseguita.

DOGLIOTTI - Non gli si può negare di essere un modello.

VUGLIANO - Ma quando vi staccherete dalle gonne di D'Annunzio? lo non so più come scriverlo sul mio giornale, non so più come dirlo quando ci troviamo a discutere: il vostro clima è un altro da quello di D'Annunzio! È un mondo deluso, il nostro, un mondo che almeno non si illude …

GOZZANO - lo mi sento ogni giorno più borghese e più primitivo.

VUGLIANO - Eppure, Guido, qualcosa sta nascendo.

DOGLIOTTI - lo non ho pregiudizi - come potrei, frequentando voi? ma attenzione che questo "qualcosa" che sta nascendo non sia soltanto licenziosità. A me piace godermi la vita, ma ...

lancia un'occhiata significativa a Vallini...

Dio non si tocca!

Un cameriere porta delle paste e dei “Punt e més"

GOZZANO - Perché, quando Vallini scrive "Signore del cielo, figura retorica", offende Dio?

Tutti ridono. Dogliotti è imbarazzato

DOGLIOTTI - Le parole erano quelle che erano ...

VALLINI - Ma io volevo ironizzare su una dimensione vuota, retorica appunto, della divinità!

GOZZANO - L'ironia è un'arma di cui ci serviamo per uscire da tanti finti ideali che ci hanno reso tremuli imitatori.

VUGLIANO - Siete ancora succubi di quei "finti ideali"! Lasciatevelo dire da me: io non scrivo poesie ma lavoro in un giornale, e leggo, confronto, valuto quello che fanno gli altri.

GOZZANO - "Dio Patria e Famiglia" ci fanno sorridere. Che cosa ci rimane però? Il sogno ...

si rivolge a Vallini ...

come dicevi tu ... E poi?

VALLlNI - La poesia.

GOZZANO - Questo sì. Ma facciamo così poco! lo ammucchio frammenti, appunti ... Non riesco ad arrivare a niente di organico. Ho perfino paura di perdere il senso dell'autocritica, che prima mi pareva di avere ... E D'Annunzio ancora mi avvelena.

VUGLIANO - Sempre lui: odiato ma temuto, assente e presente. Vi propongo di trovarci tutti alla Società di Cultura per dare il via ad una operazione concreta: rivediamo insieme quello che ha scritto Guido, eliminiamo quanto sa di dannunzianesimo ...

GOZZANO - Rimarrà qualche cosa?

VUGLIANO - Rimarrà, rimarrà. E quello che resta, lo pubblichiamo!

GOZZANO - Non correre troppo.

VALLINI - Vugliano ha ragione.

DOGLIOTTI - Così sarete costretti a mettere le vostre carte in tavola.

GOZZANO - Allora ci vediamo alla Società di Cultura. Adesso devo andare.

DOGLIOTTI - Uno dei tuoi soliti appuntamenti galanti ...

GOZZANO - Lasùma sté, lasciamo stare, devo pure trovare l'ispirazione ...
Arvédse a pì tard.

VUGLIANO - A più tardi ...

Vugliano e Dogliotti se ne vanno. Gozzano osserva le signore che mangiano le paste, in un crescendo di golosità che le fa muovere in una sorta di balletto a girotondo

GOZZANO - " ... Perché nessun le veda
volgon le spalle in fretta
sollevan la veletta,
divorano la preda ...
C'è quella che s'informa
pensosa della scelta,
quella che toglie svelta
né cura tinta o forma.
L'una senz' abbadare
a giovane che adocchi
divora in pace. Gli occhi
altra solleva e pare
sugga in supremo annunzio
non crema o cioccolatte
ma superliquefatte
parole del D'Annunzio ... "

Le signore se ne vanno in un vortice di danza

VALLINI - Eh! D'Annunzio ci perseguita!

Gozzano parodia Dogliotti

GOZZANO - Non gli si può negare di essere un modello!

Ridono. Gozzano circonda affettuosamente Vallini con un braccio

Eh! Colombina mia!

Vallini si fa improvvisamente serio

VALLINI - Vai da lei?

GOZZANO - Sì. Ma per lasciarla .

VALLINI –

D'impeto

Era ora!

GOZZANO - L'ho tormentata per anni ...

VALLINI - Soltanto perché somigliava a un'attrice che ti piaceva.

GOZZANO - Eh! lo so. Con le persone non bisogna fingere. Si finisce per far soffrire ... Non è come con le cose, sempre uguali a se stesse.

VALLINI - Povera copia della Emma Gramatica ... Lasciala andare!

GOZZANO - Ho già deciso. Il gioco è durato fin troppo. Ma lei non capirà. Le resterà soltanto la sensazione che sono stato crudele. Del resto, come potrei spiegare? Meglio che mi creda cattivo.

VALLINI - Allora vai. Ci vedremo più tardi.

Abbraccia Gozzano in uno slancio di passione trattenuta

GOZZANO - Alla Società di Cultura.

Vallini se ne va

Buio

SCENA VII

LA SIGNORA DELLE VIOLETTE

Una figuretta femminile dall'aspetto gentile si fa incontro a Gozzano. Sul cappottino scuro con qualche pretesa di eleganza spicca un colletto di "lapin ". Sotto il cappello con la veletta spunta un visetto somigliante a quello di Emma Gramatica: naso camuso e lineamenti caprini, occhi chiari, una "fiamma di capelli sfuggenti". Dal manicotto che stringe fra le mani, si intravede un mazzetto di violette.

SIGNORA DELLE VIOLETTE - Guido finalmente!

Gozzano le sfiora appena le mani e sfugge subito al contatto

SIGNORA DELLE VIOLETTE - Cos'hai? Non mi dici niente? Cosa chi l'hai fate d'mal?

GOZZANO - Non mi hai fatto niente.

SIGNORA DELLE VIOLETTE - E alura? Guido!. ..

Gozzano tace; la donna alza la veletta in un tentativo di civetteria, si protende verso di lui

Non mi vuoi più bene?

Gozzano continua a tacere

Non mi vuoi più bene.

Gozzano si allontana dalla donna. Con un gesto imperioso richiama Guidogozzano che prende il suo posto accanto alla donna. Distaccato, lucidamente proteso al suo lavoro, Gozzano studia i personaggi - lui stesso, cioè, visualizzato in Guidogozzano, e la Signora delle Violette - e prova a costruire la sua poesia. Gozzano fa un segno alla signora; la donna ripete la frase

SIGNORA DELLE VIOLETTE - Cosa chi l'hai fate d'mal... Guido ...

Con un gesto Gozzano chiede alla donna di proseguire

Non mi vuoi più bene?

Gozzano insiste a chiedere ancora la frase precedente

Guido ... Cosa chi l'hai fate d'mal?

Gozzano scandisce i versi

GOZZANO - "O Guido! Che cosa t'ho fatto di male per farmi così?

Ripete controllando il numero delle sillabe

"O/gui/do/che/co/sa/t'ho/fa/tto/ di/ma/le/per/fa/rmi/co/sì/": sì, questo è il suo ritmo.

Prosegue continuando a sillabare, girando intorno alla signora e a Guidogozzano, trionfante

"O il tetro Palazzo Madama .
la sera ... la folla che imbruna .
Rivedo la povera cosa,
la povera cosa che m'ama:
la tanto simile ad una
piccola attrice famosa.
Ricordo. Sul labbro contratto
la voce a pena s'udì:
'O Guido che cosa t'ho fatto
di male per farmi così?"' ...

Gozzano spinge via, come esseri ormai inutili, Guidogozzano e la Signora delle Violette, a cui cade dal manicotto il mazzetta di violette. Gozzano, solo in scena, tiene fra le mani dei fogli pieni di correzioni

GOZZANO - E poi ... varianti ...

È sempre più allegro

'Ma Guido, che cosa t'ho fatto
di male per farmi così?' ...
E, alla fine ...
"Passavano giovani gaie ...
Avevo un cattivo sorriso:
eppure non sono cattivo,
non sono cattivo, se qui
mi piange nel cuore disfatto
la voce: 'Che male t'ho fatto
o Guido per farmi così?"'.

Gozzano raccoglie il mazzetto di violette. Ha un fremito di commozione. Poi lancia il mazzo lontano e se ne va

Buio

SCENA VIII

LA SOCIETÀ DI CULTURA

Sala della Società di Cultura. Irrompe un Signore Piccolo, molto agitato. Sperduto in un immenso cappotto evidentemente non suo, con in testa un cappello che gli copre gli occhi tanto gli sta largo, il Signore Piccolo è in preda ad una crisi di rabbia. Vugliano, Vallini e Dogliotti, impassibili, sono sprofondati dentro delle poltrone, senza lasciarsi coinvolgere dal Signore Piccolo che li ritiene responsabili dello scherzo di cui è vittima.

SIGNORE PICCOLO - È una vergogna! Questa è la Società di Cultura, non un circolo goliardico! lo sono un avvocato, e querelo chiunque voglia prendersi il divertimento di ridicolizzarmi di fronte a chicchessia!

Alle spalle del Signore Piccolo entra Gozzano. Il signore si volta e lo vede

Anche se quel chiunque si crede un genio della penna!

Il Signore Piccolo getta a terra cappotto e cappello

SIGNORE PICCOLO - Se non trovo il mio paltò e il mio cappello in guardaroba, vi denuncio tutti quanti!

GOZZANO - Un'altra volta a quello lì? Tre sere fa gli avevamo messo un topo in tasca!. ..

DOGLIOTTI - La banda Gozzano infierisce sulla vittima!

VALLINI - Si dà un sacco di arie perché è avvocato.

GOZZANO - Quello che non saremo mai noi due, se continuiamo a dare gli esami con questa lentezza.

VUGLIANO - Ma voi siete dei poeti! Degli artisti, non dei borghesi!

VALLINI - Forse non siamo più una cosa, e non riusciamo ad essere neppure l'altra ...

GOZZANO - Non c'è al mondo cosa più bella di questa nostra arte fatta di parole ... Eppure certe volte sono così demoralizzato che vorrei morire.

VUGLIANO - Adesso non esagerare. Devi soltanto lavorare con metodo, riscrivere, limare ... Soprattutto devi trovarti un modo tutto tuo di esprimere quello che senti: via Pascoli, via Carducci, via i poeti francesi! E, naturalmente, via D'Annunzio.

Gozzano porge a Vugliano dei fogli scritti

GOZZANO - Sono nelle tue mani. Del resto, conosci già quasi tutto.

Vugliano sfoglia le pagine. Dogliotti gli si avvicina. Gozzano e Vallini si scambiano uno sguardo d'intesa

SCENA IX

LA GUGLIELMINETTI

Fuori scena, una voce femminile, imperiosa e signorile

VOCE FEMMINILE - Sì, mi basta la raccolta dell'anno scorso.

Entra Amalia Guglielminetti seguita da un usciere che porta una raccolta della rivista "la donna ", reggendo il bastone che tiene insieme i vari numeri. L'usciere appoggia le riviste su di uno scaffale, si inchina e se ne va. Con scontrosa timidezza Amalia volta le spalle al gruppo degli amici di Gozzano e prende a sfogliare le riviste, via via scrivendo qualche appunto su di un notes

GOZZANO - È la Guglielminetti.

VALLINI - È bella.

VUGLIANO - Sì, per essere bella, è bella ...

DOGLIOTTI - Ma scrive.

GOZZANO - E non male.

VALLINI - Hai letto i quattro sonetti dell'''IIIustrazione''?

GOZZANO - Quello del "Convento" è buono.

VUGLIANO - Quello della "Casa", dove "giunge alfine"; è ancora meglio. C'è però un verso detestabile .... "E che del folle suo inganno l'avverta"!

GOZZANO - A me piace. Sì, mi piace proprio per quell'accento strano. D'Annunzio ha un verso accentato così, ad arte: "Ara con pianti anima dolorata" ...

VUGLIANO - Non amo D'Annunzio, lo sai; ma mi pare tutt'altra cosa dalla Guglielminetti.

DOGLIOTTI - Il critico della Stampa la paragona a Saffo, a Gaspara Stampa! ...

GOZZANO - Scommetto che le fa la corte.

VALLINI - E lei, come tutte le donne, se la lascerà fare quel tanto che basta per utilizzarlo a suo favore.

GOZZANO - Sei sicuro?

VALLINI - No, ma è logico supporlo. Per noi che non siamo "signorine" nessun critico si sbraccerebbe mai così..

DOGLIOTTI - Però è di ottimo casato, conosco la famiglia. Una signorina perbene.

GOZZANO - Che peccato!

DOGLIOTTI - Peccato che cosa?

GOZZANO - Che sia signorina.

VUGLIANO - E che sia perbene!

GOZZANO - E poi scrive. Fosse almeno analfabeta.

VALLINI - Detestabili le donne che scrivono. Se scrivono male ci irritano. Se scrivono bene ci umiliano.

Amalia solleva il capo, intuendo di essere l'oggetto di quel brusio

VUGLIANO - Zitti! ... Sta guardandoci.

Amalia, con in mano una rivista, avanza fino ad una poltrona e vi si adagia, dopo aver gettato un rapido sguardo sul gruppetto che è rimasto ad osservarla. Poi riprende a leggere

VUGLIANO - E se le proponessimo di firmare la richiesta degli abbonamenti?

VALLINI - Insomma vuoi attaccar discorso ad ogni costo.

GOZZANO - Ci vado io. La Direzione della Società di Cultura ha dato a me l'incarico di raccogliere le adesioni.

Gozzano si avvicina ad Amalia con un quadernetto in mano

GOZZANO - Signorina Guglielminetti ...

Amalia alza gli occhi, interrogativa

GOZZANO - Mi scuso di distogliervi dalla lettura. Vorrei invitarvi a mettere la vostra firma per l'abbonamento della Società di Cultura al "Mercure de France", oltre che alla" Revue des deux mondes" che già arriva alla nostra biblioteca.

Amalia tende la mano per prendere il quaderno. Senza una parola firma svelta, poi restituisce il quaderno

GOZZANO - Vi ringrazio. E permettete che mi presenti. Sono Guido Gozzano.

Con uno scatto brusco Amalia si alza dalla poltrona tenendovisi appoggiata, quasi vacillando, mentre con una mano pare volersi difendere avvolgendosi il boa di piume attorno alle spalle. Guarda Gozzano con espressione sdegnata, restando muta, senza nemmeno porgergli la mano per restituire il saluto. Infine accenna appena un vago sorriso. Gozzano fa un mezzo inchino. I due rimangono a lungo a guardarsi

SCENA X

"GAUDEAMUS IGITUR"

Strada in città. Notte. Gozzano e Vallini si tengono sottobraccio, con qualche confidenza al di là di un 'amicizia maschile

GOZZANO - Bella donna, però.

VALLlNI - Sì, ma non è un compagno.

GOZZANO - Mi ha guardato in un modo!

VALLlNI - Niente male quel suo "Vergini folli". Anche se è una donna, sa scrivere.

GOZZANO - E poi, sa farsi presentare con tutti i crismi.

VALLINI - Dovremmo darci da fare anche noi. È deciso, ormai il tuo libro si fa. E, prima di metterlo in circolazione, bisogna mandarlo a tutti i critici dei giornali importanti. Mantovani, Pastonchi, Borghese, Angeli. ..

GOZZANO - ... Bellonci e Monicelli!

VALLINI - Sì!

GOZZANO - Mariolino mio, come sei generoso! Pensi più a me che a te.

Vallini gli stringe il braccio

VALLlNI - Perché ... ti voglio bene. E poi .vorrei scrivere come te.

GOZZANO - lo invece mi sento così deliziosamente cretino. Adés, però, bando alle malinconie! L'urna da fé 'na roba ... tzsàs?

Vallini si adegua al gioco del dialetto

VALLINI - Che roba ca l'è?

GOZZANO - Andùma a balé al "Gaudeamus igitur"! Studenti, sartine e donnette generose! Mica come queste intellettuali di merda che ti degnano appena di uno sguardo ...

VALLINI - Ah! meglio le serve che le padrone!

La luce calda dei lampioni di una festa paesana insieme al fumo di sigaro taglia l'oscurità della strada uscendo da un porta socchiusa. Ne prorompe un misto di voci allegre, di risa e di musica da orchestrina da ballo. Una coppia allacciata nella danza sporge in una piroetta, poi scompare di nuovo nell'interno. Si affaccia una donna iortemente truccata, abbigliata in maniera vistosa e popolare

ROSIN - Oh l, ma a sun 'i avucat!

VOCI - Intré! Intré! Staseira i fuma festa!

Rosin trascina all'interno Gozzano che trascina Vallini

Buio

SCENA XI

TRENTA QUARANTA

Giardino del Meleto. Estate. Voci infantili in lontananza si avvicinano a poco a poco.

VOCI INFANTILI - "Trenta quaranta ...
Tutto il mondo canta ...
Canta lo gallo ...
Risponde la gallina" ...

Due bimbe vestite di pizzo bianco con nastri azzurri alla vita si rincorrono con il cerchio

 

BAMBINE - "Madama Colomnina
s'affaccia alla finestra
con tre colombe in testa ... "

SIGNORA BRUNA - È appena uscito il libro di Gozzano e già tutti ne parlano.

Mostra il libro all'amica

"La via del rifugio", stampato dall'editore Treves.

La Signora Rossa sfoglia il libro

SIGNORA ROSSA - ... "Socchiudo gli occhi, stranio
ai casi della vita.
Sento fra le mie dita
la forma del mio cranio ... "

Tanto "estraneo" ai casi della vita non mi sembra, il nostro poeta. Sui giornali non leggi altro che recensioni del suo libro, i circoli se lo contendono per le presentazioni ...

SIGNORA BRUNA - Hai saputo della Guglielminetti? Con tutte quelle arie glaciali, è diventata la sua amante!

BAMBINE -" Passan tre fanti ..
su tre cavalli bianchi ...
bianca la sella …
bianca la donzella ...
bianco il palafreno" ...

SIGNORA ROSSA - Se non l'avesse scritta Gozzano, non ci saremmo mai accorte che questa filastrocca la cantano le nostre figlie!. ..

SIGNORA BRUNA - La cantavamo anche noi, quando eravamo piccole!. ..

Le due signore se ne vanno, ripetendo i versi della filastrocca, per un attimo di nuovo bambine

VOCI DELLE SIGNORE - "Trenta quaranta,
tutto il mondo canta ..
canta lo gallo
risponde la gallina ... "

SCENA XII

UN ESSERE IBRIDO

Entra Gozzano con una sedia da giardino e il libro "La via del rifugio ". Lo scuote una tosse insistente. Porta alla bocca un fazzoletto cercando di calmare l'accesso, che dopo un po' si placa, lasciandolo stremato. Rimane adagiato sulla sedia con gli occhi chiusi. Entra Amalia Guglielminetti con un grande cappello a cloche e tacchi alti. Gli mette le mani sugli occhi. Il tocco delle sue dita fa balzare in piedi Gozzano che prima ancora di vederla ne pronuncia il nome

GOZZANO - Amalia!

Gozzano le bacia la mano; lei gli porge la bocca, i due si baciano

Potrebbero vederci! Mia madre ...

AMALIA - E Vallini! ... Sono venuta con lui. Oh! state tranquillo, è rimasto nel giardino con vostra madre. Che viaggio infernale per riuscire ad arrivare fino a questo vostro bucolico "Meleto"! Prima il treno da Torino fino a Ozegna, con tutti quegli sbuffi di fumo ... Ho ancora dei pezzetti di carbone fra i capelli ...

Scuote la chioma _Liberata dalla cloche; i capelli si sciolgono in tutto il loro scuro splendore

Poi la corriera da Ozegna ad Agliè. E finalmente qui, con il calessino.

GOZZANO - Come siete bella! Non mi avevate detto quando sareste arrivata, sennò sarei venuto a prendervi.

AMALIA - Non importa. C'era Vallini con me. Il vostro inseparabile amico!

GOZZANO - Siete gelosa di lui?

AMALIA - E voi lo sareste, se mi facesse la corte?

GOZZANO - È un ragazzo molto caro. E non sa niente di noi. Vi piacerebbe. Ha la faccia dura, ma guardategli la bocca, mentre parla, e il collo, che è forte e bello: vi potrebbe piacere!

AMALIA - Perché mi parlate così?

GOZZANO - Temo la vostra bellezza. La giudico una terribile nemica alla serietà della nostra amicizia.

AMALIA - Ecco gli svantaggi di urla donna scrittrice.

GOZZANO - Peccato che non siate un uomo.

AMALIA - Perché? Vi sarebbe piaciuto?

GOZZANO - Ci saremmo dati subito del tu ... Vivremmo insieme quasi di continuo ... Andremmo in giro per le strade sottobraccio, o con la mano sulla spalla l'uno dell'altro ...

AMALIA - Voi rimpiangete che io non sia un uomo. E lo rimpiango anch' io, intensamente.

GOZZANO - Scherzavo.

AMALIA - No, non scherzavate. Se fossi un uomo, potrei far valere il meglio di me stessa. Invece non sono che un essere ibrido. Vivo male fra gli schermi, anche leggiadri, di quella che chiamano la pura femminilità, e sono sospettata male, e male giudicata se tento di varcarne i confini.

GOZZANO - Sentirsi fratelli è difficile. E poi, siete così bella!

AMALIA - Una piccola vendetta su di voi!

GOZZANO - Per questo vi temo ...

AMALIA - Soltanto?

GOZZANO - No. Vi desidero, anche.

Sono sul punto di baciarsi. Poi ha il sopravvento il formalismo della visita

AMALIA - Vogliatemi bene così.

Si stacca da Gozzano

A casa si chiederanno che cosa stiamo facendo ...

Amalia e Gozzano escono di scena

Buio

SCENA XIII

LA VIA DEL RIFUGIO

Entrano Vallini e Diodata, che tiene fra le braccia l'abito, di un intenso blu pavone, della "Bella Sulamite" che sta cucendosi per interpretare "Il Cantico dei Cantici". Vallini tiene in mano un fascio di giornali.

DIODATA - "L'amor mio mi chiama: 'Destati dunque o amata, vieni mia bella, vieni!"'.
Caro Vallini, non ci sono versi più belli di quelli del Cantico dei Cantici. E io sarò la Sulamite! Questo personaggio mi intimidisce e mi emoziona.

VALLINI - Anche questa volta gli amici andranno in delirio.

DIODATA - Mah! Con un figlio grande, ormai celebre, dovrei lasciar stare queste ambizioni di gioventù.

VALLINI - A Guido fa piacere che organizziate queste recite. E poi, siete stata voi a far pubblicare "La via del rifugio" senza che lui ne sapesse niente, il merito del suo successo è anche vostro.

DIODATA - Mio e di Carlo Vallini, che è venuto con me dall'editore, e gli ha esaltato la raccolta delle poesie.

VALLINI - Perché gli vogliamo bene tutti e due.

Entrano Amalia e Gozzano

DIODATA - Finalmente! Credevamo vi foste perduti.

Gozzano abbraccia Vallini

GOZZANO - Carlo!

VALLINI - I giornali non fanno che parlare di te.

Gli porge i giornali

Il resto del Carlino ... Il Giorno ... L'Avanti!. .. Il Corriere della Sera ...

AMALIA - AI caffè Aragno e nei salotti romani non si ripetono che le vostre poesie, me lo hanno scritto degli amici.

GOZZANO - Sono stupito; davvero, sono stupito di tutto questo successo. Non me lo aspettavo. Eppure lo desideravo tanto!

VALLINI - Se tu sei contento, lo sono anch'io, come se la gloria fosse mia.

AMALIA - Vallini è generoso. Più di me.

GOZZANO - Voi avete avuto la vostra parte di gloria. E lui l'avrà. Ci aiuteremo l'un l'altro. Scriveremo ai critici reclamizzandoci a vicenda. Faremo carte false perché escano pezzi di rilievo sui nostri poemi. D'accordo?

Stringe Amalia e Vallini in un abbraccio

VALLINI - Sì, e che niente ci separi mai.

Vallini e Diodata escono

AMALIA - Ah !Come mi piacerebbe essere un uomo!

GOZZANO - Un uomo tu! Sei così giovane, così bella! È difficile starti vicino e riuscire soltanto a parlare ...

AMALIA - Dobbiamo essere savi! La campagna è un'ottusa signora. Non ama i vostri languori cittadini.

GOZZANO - Ti porterò al Castello. Cancellerò questo sapore di salute, ti condurrò per mano nel passato ...

Buio

SCENA XIV

CARLOTTA

Una fuga di armadi settecenteschi. Un divanetto

AMALIA - L'appartamento della duchessa! E che armadi sconfinati ... Chissà quante meraviglie ...

Apre un'anta dell'armadio; ne scaturisce un fiotto di stoffe preziose

Gli abiti della duchessa!

GOZZANO - Indossane uno! Sarai una dama del tempo antico. Per me.

AMALIA - Mi piace questo gioco.

Si toglie il cappello; indugia a togliersi la gonna

GOZZANO - lo non ti guardo. Voglio intera la sorpresa ...

Con gesto infantile si mette le mani sugli occhi. Amalia si sveste. Sceglie tra gli abiti che sporgono dall'anta socchiusa un vestito di tessuto a rombi e ghirlandette; scompone la sua pettinatura

GOZZANO - Recitami una commedia. Il mio rimpianto è là, nel passato.

Cambia tono. Freddo, controllato, inizia a sillabare

"NeI/mio/ri/mpian/to/vo/glio/che/tu/in/ven/ti/una/sce/ne/tta/" ... No, è banale. E poi, ci sono troppe sillabe ...

"Nel mio rimpianto voglio che tu finga/
una commedia ... "
Sì, così va meglio.
"una commedia. Tu sarai Carlotta.
Svesti la gonna d'oggi che assottiglia
la tua persona come una guaina,
scomponi la tua chioma parigina,
troppo raccolta sulle sopracciglia,
vesti la gonna di quel tempo i vecchi" ...

Ripete il verso per essere sicuro che vada bene

"vesti la gonna di quel tempo i vecchi":

bene, benissimo, sostantivi solidi, per niente "poetici", aggettivi comuni,
più antidannunziano di così!. ..

Riprende con il tono secco, teso alla verifica del ritmo, intercalando con le osservazioni

" ... i vecchi
tessuti a rombi, a ghirlandette, a strisce,
bipartisci la chioma in bande lisce,
custodi delle guance e degli orecchi" ...
Questo verso non è venuto tanto bene, ma ho fretta di arrivare al "dunque":
"T'aspetterò sopra il divano, intento
in quella stampa 'Venere e Vulcano'.
Tu cerca nell'immenso canterano
dell'altra stanza il tuo travestimento ... "

Vestita dell’abito della duchessa, Amalia si avvicina a Gozzano

AMALIA - Allora?

Gozzano è perduto nel suo fantasticare

Guido! Come sto?

Gozzano fa il suo gesto imperioso. Entra Guidogozzano, si mette accanto ad Amalia, mentre Gozzano si scosta per vedere le azioni dei due. Al comando, Amalia e Guidogozzano si abbracciano sul divano in una lotta allegra e furiosa di baci e di piccoli gemiti. Gozzano sillaba i versi

GOZZANO - "Non sei Carlotta, bella cosa viva
nella penombra del salone fosco ...
Non sei Carlotta! Bocca, riconosco
bene il profumo della tua gengiva ...
Alterno, amica, un bacio ad ogni grido
della tua gola nuda e palpitante;
Carlotta non è più! Commediante,
al mio sognare fanciullesco, rido".

Guidogozzano se ne va. Gozzano è di nuovo accanto ad Amalia, come se avesse vissuto insieme a lei la scena d'amore, il che è accaduto prima del ripensamento poetico

AMALIA - Che cosa abbiamo fatto! Se ci scoprissero ...

GOZZANO - I duchi non ci sono. Il Castello è abitato dal passato ...

AMALIA - Andiamocene. lo voglio vivere nel presente. Mi avete preso in un incantesimo ...

Amalia si riveste, richiude gli abiti nell'armadio. Gozzano canterella infantile

GOZZANO - "Vesti la gonna, pettina le chiome,
riponi i falbalà nel canterano.
Commediante d'un tempo lontano,
di Carlotta non resta altro che il nome" ...

Amalia e Gozzano se ne vanno; spariscono gli armadi settecenteschi e riappare l'arredo del "Meleto". Entrano Vallini e Diodata

VALLINI - Anche questa volta non siamo riusciti a dedicare neanche un' ora allo studio.
Non diventeremo mai avvocati!

DIODATA - Se la sua strada è la poesia, sia fatta la volontà di Dio.

Entrano Amalia e Gozzano

VALLINI - Era ora! Dobbiamo affrettarci, perderemo la corriera.

AMALIA - Vi abbiamo lasciato tutto solo! Ma voi volevate studiare ...

VALLINI - E voi volevate andarvene da soli.

GOZZANO - Non sarai mica geloso?

Vallini ha un sorriso forzato

VALLINI - Ci mancherebbe anche questa!

AMALIA - Signora, spero che mi permetterete di rivedervi a Torino.

DIODATA - Gli amici del mio Gustavo sono i miei amici.

Diodata esce con Amalia e Vallini. Gozzano è rimasto solo. Grida alla volta della madre

GOZZANO - Mamma! Ormai anche tu dovrai chiamarmi Guido!

È preso da un violento accesso di tosse

Buio

SCENA XV

LA COSA MENO NECESSARIA

Il fragore del mare sugli scogli. Gozzano indossa un giubbotto da marinaio. È intento a leggere, allungato su una sdraio. Sullo sfondo, un pescatore lavora alle reti. Entrano Vallini, Vugliano e Dogliotti

DOGLIOTTI - Spettinato ... barbuto ... vestito così... come sei diverso!

VUGLIANO - E allora, vietato tutto, eh?

GOZZANO Tutto quello che fa la vita degna di essere vissuta. Vietata la città, che è l'unico mio ambiente naturale, anche se molti poeti oggi dicono il contrario. Certe volte mi sembra di morire ...

VUGLIANO - E scrivi?

GOZZANO - Neanche un verso che valga. Mi faccio il caffè, mi lavo i fazzoletti.
E la Musa se n'è andata.

DOGLIOTTI - Almeno starai meglio in salute.

GOZZANO - Ah! Questo sì. La salute, che bella cosa! Si può saltare, ridere, schiamazzare. Appena starò meglio tornerò in città, a far la corte alle belle signore.

Ridono

VUGLIANO - È quello che ti manca qui, soprattutto.

GOZZANO - Non posso nasconderlo. Che nostalgia spaventosa delle signore benvestite, ben calzate, ben pettinate! Che desiderio di stringere una bella toilette di taglio perfetto!

VUGLIANO - Soprattutto di stringere quello che c'è dentro.

Ridono

GOZZANO - La solitudine non è fatta per me. Eppure dovrò sopportarla per qualche tempo ancora, se ci tengo alla vita.

Vallini si avvicina a Gozzano. Gli altri seguono il pescatore fuori scena mentre trascina le reti

VALLINI - E noi, ti manchiamo?

GOZZANO - Mi manchi tu. Ma in questa solitudine che non amo riesco qualche volta ad essere felice.

Un silenzio

C'è il mare! Questo mare che è pur sempre l'unica cosa che non faccia ridere a questo mondo

VALLINI - lo senza di te non riesço neppure a scrivere. E non mi basta di essere un compagno per te.

GOZZANO - Carlo! Fai sul serio?

Vallini è in un momento di verità. Superando il suo naturale riserbo irrompe in una sorta di confessione

VALLINI - Abbiamo scherzato tante e tante volte. Un bacio sdolcinato per fare il verso a quelle sciocche signore che ti adorano ... Le carezzine infinite delle tue lettere quando sei lontano ... Ma dobbiamo sempre ridere su tutto? E se non mi bastasse più di giocare, di rifare il verso agli altri? Se ti dicessi che non m'importa del giudizio della buona borghesia torinese, che sarebbe tanto tanto scandalizzata se sapesse quello che provo per te ...

GOZZANO - Omino mio ... Ma che cosa vorresti? Un legame? Come quello che cerchiamo di sfuggire tenendoci lontani da matrimoni e relazioni? Noi abbiamo tutto il resto, il meglio. L'intesa ...

Lo abbraccia, leggero

... lo scambio dei pensieri ... dei progetti ... la tenerezza ... il calore ... Non possiamo voler altro. Ci chiuderemmo in una trappola uguale a quella in cui cadono quasi tutti, illusi di un sorriso o dello splendore di un paio d'occhi.

Vallini è ormai lontano dalla piccola crisi, ma è ancora imbronciato

VALLINI - Hai perfino cercato di gettarmi fra le braccia la tua bella scrittrice. Non negare,
me l'ha detto lei che hai esaltato la mia bocca ... la mia mascella forte ...
il mio collo… Non negare!

GOZZANO - Ah! Colombina mia! È tutto un gioco, non capisci? Non ti darei a nessuno. Tu sei un compagno.

VALLINI - Un compagno ...

GOZZANO - E a un compagno si fanno leggere le proprie poesie più segrete. Anche quelle brutte. Perché con un compagno si può parlare con se stessi.

VALLINI - E allora tira fuori la poesia nuova!

GOZZANO - L'ho appena abbozzata. La poesia è bella, i versi sono brutti ... Ma a te posso farli leggere.

Estrae dei fogli dalla tasca

Sono ancora così zoppicanti!, ci dovrò lavorare sopra moltissimo. Se poi ci riuscirò, a lavorarci.

VALLINI - Perché? Non ti sei mai accontentato di scrivere dietro l'ispirazione. Hai buttato all'aria composizioni intere, hai cambiato verbi e sostantivi, hai fatto cadere aggettivi pretenziosi ...

GOZZANO - Credo di essere in una fase critica quanto mai. Da una parte un'impotenza di parole, di rime ... dall'altra un'incontentabilità morbosa ... Perfino la Divina Commedia mi sembra brutta, schifosa'

VALLINI - Hai già scritto cose in una linea precisa. La tua poesia si distingue da ogni altra.

GOZZANO - Anche questo può essere un rischio. Il manierismo. Cullarsi in una propria melodia ben distinguibile. Fissarsi. Invecchiare.

VALLINI - Si può anche cercare se stessi, e alla fine trovarsi.

GOZZANO - Tutto questo richiede un lavoro lungo e lentissimo. Non voglio deludere né me, né gli altri. Quei pochi almeno a cui tengo.

VALLINI - Non vuoi deludere me?

GOZZANO - Né te, ne me. Che è poi lo stesso, no?

VALLINI - Sì.

GOZZANO - Mah! Dopo tutto la poesia è la cosa meno necessaria di questo mondo.

VALLINI - Non è la necessità che tu cerchi ...

Rientrano agitati Dogliotti e Vugliano, che ha in mano un telegramma

VUGLIANO - Guido. Tua madre. Sta male.

DOGLIOTTI - Dobbiamo partire subito.

Buio

SCENA XVI

L'ULTIMA VOCE

Salotto di casa Gozzano a Torino. Passa una suora portando flebo e bacinelle. La Signora Bionda e la Signora Bruna parlano sottovoce.

SIGNORA BIONDA - Tutt'a un tratto le è venuto male. Eravamo qui, come tanti altri pomeriggi. Era allegra; stava dicendo che Guido in riviera si sentiva già meglio e presto sarebbe tornato. Non vedeva l'ora di rivedere il figlio. L'abbiamo dovuto far venire di corsa, povero Guido. E lei non l'ha neppure riconosciuto.

SIGNORA BRUNA - Purtroppo rimarrà paralizzata. E questa situazione metterà Guido in crisi. Tutto ricadrà sulle sue spalle.

SIGNORA BIONDA - Ma la mente, quella sua bella intelligenza, dovrebbe riprendersi del tutto.

Entra Gozzano seguito da Vallini. È pallido per le notti insonni trascorse ad assistere la madre

GOZZANO - Come sta?

SIGNORA BIONDA - Riposa. Puoi uscire un poco, adesso non ha bisogno di te.

A Vallini

Distraetelo. Andate a fare una passeggiata. Davvero, adesso non c'è bisogno di lui.

Le signore se ne vanno. Gozzano si passa una mano sul volto; è sfinito

VALLINI - Hai passato giorni tremendi.

GOZZANO - Completa rinuncia a me stesso. Senza un'ora di tregua. E non basta a rasserenarmi che la vita di mia madre sia salva.

VALLINI - La tua poesia ...

GOZZANO - L'ultima voce dell'egoismo, la sua voce ... E per mesi e mesi dovrò far tacere anche quest'unico bene.

Un silenzio

VALLINI Su, andiamo un po' fuori. Un "Punt e rnés" al "Torino" e poi si torna.

Camminano fino ai tavolini del "dehor" del caffè Torino, disposti da un cameriere

SCENA XVII

LE CANAGLIATE

Gozzano e Vallini siedono. Il cameriere porta un vassoio con due "Punt e més". Vallini getta sul tavolino delle dispense universitarie

VALLINI - Verrò da te. Studieremo dal mattino alla sera. Questa volta faremo sul serio.

GOZZANO - Tanto devo stare accanto a mia madre. Lo studio mi distrarrà un po'.

VALLINI - Ad una condizione, però: che non lasciamo andare i progetti di lancio editoriale e critico dei nostri poemi!

GOZZANO - Questo mai!

Si stringono solennemente la mano. Gozzano va riprendendo vita

GOZZANO - Non mi hai poi detto quali commenti abbia suscitato la presentazione dei nostri volumi a quella lercia Società di Cultura.

VALLINI - Erano tutti quanti incantati. Capirai che sforzo! Ormai tu sei di moda.

GOZZANO - Per la seconda edizione bisognerà ottenere di più, dall'editore. Cinquanta copie a due lire sono il dieci per cento ogni cinquecento, il meno che possa domandare qualunque scalzacane di autore. È meglio che tutte queste cose gliele dici tu.

VALLINI - Come sempre. Come vuoi.

GOZZANO - E fagli anche capire che non gli conviene disgustarmi, perché per l'anno prossimo avrò pronti "versi colossali", e se loro mi disgustano li darò ad un altro editore.

VALLINI - Cercherò di vincere il mio naturale pudore, dirò tutto quello che vuoi.

GOZZANO - E poi fai in modo che sulla copertina ci sia "terza edizione" anziché "seconda"; è molto meglio, e la mia dignità non è compromessa.
Rifiuta, ancora una volta, la prefazione. Fa che le cinquanta copie me le diano subito, e digli che le darò a gente importante, che gli faranno grande "réclame". E soprattutto, che queste canagliate restino assolutamente fra noi.

VALLINI - Tutto questo va bene. Ma pensa anche alla nuova raccolta.

GOZZANO - Ho ancora bisogno di riflettere. Desidero il successo al punto da soffrirne come di una smania. Eppure mai come di questi tempi ho avuto tanto disprezzo per le mie attitudini artistiche. Mai come adesso ho sentito tanto la necessità di affinarle con lo studio, la meditazione, il silenzio ...

Buio

SCENA XVIII

LA PASSIONE È UN IMBROGLIO DEL CAMMINO

Salotto verde-blu di Amalia Guglielminetti. La poetessa sta leggendo una lettera di Gozzano

AMALIA - ... "Povera amica mia, ho il mare dinanzi e voi non ci siete più! Che cosa strana! Si saluta una creatura, si sale in treno, si va, si va, si discende, ci si guarda intorno: la creatura non c'è più, è come se fosse morta. Che cosa strana. E ho riveduto il mare, il mare che sa consolare di tante cose, anche di quel nostro cattivo ultimo giorno ... "

Interrompe la lettura. Tra sé

Questa frase la ripete sovente.

Tira fuori da un cassetto un pacchetto di lettere, le sfoglia

Ecco, già un mese fa aveva scritto più o meno la stessa frase ... e, con qualche variante ... l'inverno scorso. Chissà se le varianti le prevede apposta oppure gli vengono di getto.

Riprende a leggere la lettera "

... e della cosa cattiva più nulla resta che una dolcezza un po' acre sulle labbra e sulle gengive, come quando si è troppo a lungo masticato la corolla di certe violette ... "

Il suo volto si apre in una risata

Ah! La poesia più della vita! La poesia più dell'amore! La poesia e la letteratura!

Entra Gozzano

AMALIA - Guido! Ho appena ricevuto la tua lettera dal mare!

GOZZANO - Mia madre. Una paralisi. Sono tornato due giorni fa.

AMALIA - Non sapevo! Chissà quanto stai soffrendo.

GOZZANO - lo non mi riconosco più. In casa un via vai di medici, e lei immobile, che pare un'altra persona ...

AMALIA - Questi sono i veri dolori della vita. E io soffro ancor di più quando mi scrivete delle cose ben tristi, mentre potremmo essere tanto felici.

GOZZANO - La lettera ... Non parliamone più.

Gozzano prende fra le sue le mani di Amalia e gliele bacia. / due sono avvinti dalla passione ritrovata. Si baciano

AMALIA - Guido! Siamo savi ...

Continuano a baciarsi. Si lasciano, poi, di nuovo tristi

Che cosa ti è rimasto dentro il cuore, di me? lo mi curo più di te che degli altri, lo sai?

Gozzano tace, imbarazzato

Un giorno eravamo felici insieme. A tratti mi tornano alla memoria certi atteggiamenti nostri di allora, cose già tanto lontane ormai, sperdute come in un sogno ... È vero, Guido, che l'abbiamo vissuto quel giorno?

Gozzano continua a tacere, anche se è attentissimo a quanto Amalia sta dicendo

A che vale resuscitare un inganno? L'amicizia sarebbe stata tanto più dolce tra noi, forse ... Ma abbiamo avuto anche solo un momento di pura amicizia, noi due? lo non lo credo, e tu?

GOZZANO - No, no, no. È meglio non vederci più.

AMALIA - Non vederci più?

GOZZANO - Non ti amo. Ho soltanto la visione continua della tua persona, dei tuoi capelli, della tua bocca ... Solo quando ti dimentico, riappare in te la dolce compagna di sogni, che mi aiuta, che mi consiglia ...

AMALIA - Perché dovrei vedermi tolta anche la piccola dolcezza di sentirvi qualche volta vicino? È così poca cosa la vita, e così breve ... Perché dobbiamo negarci quel poco della sua bellezza che possiamo raccogliere? Perché dobbiamo invece tormentarci privandoci di quella piccola parte di bene che la vita ci concede?

GOZZANO - La passione è un ingombro del cammino. E ciò che è stato è come se non fosse stato ...

AMALIA - lo non voglio che tu mi sfugga, Guido. Lascia che ti dica "tu" come un compagno ... Adesso, io posso cercare di esserti compagna, senza tremori e senza fremiti.

GOZZANO - Amici sì, questo lo saremo sempre. Grandi amici necessari l'un l'altro. Come due che seguono lo stesso cammino e si tengono per mano ...

AMALIA - È così buona l'amicizia ... lo non ho amici veri, non mi sento legata che a te.

GOZZANO - lo non so come dirti... Sono crudele ... Perdonami ... Ma delle volte provo una soddisfazione speciale quando rifiuto qualche bella felicità che mi offre il destino.

AMALIA - E perchè tutto questo? La crudeltà, l'egoismo, perché?

GOZZANO - È l'ambizione che mi tiene così. Non sento non vedo non godo non soffro di altro. Tu hai tra le mani le mie stesse speranze, tu segui la stessa mia via: come puoi sprecare le tue forze verso gli altri?

AMALIA - Vuoi dire che dovrei dedicarmi completamente alla mia affermazione, al successo di quanto io scrivo?

GOZZANO - Tutto il resto per me è trascurabile. Gioie e dolori, perfino la tua bellezza: voglio separarmene perché mi farebbe rallentare la corsa al successo.

AMALIA - Allora porta pure con te la tua ambizione, la tua freddezza. Forse mi guarirai.

GOZZANO - Ah!, se io potessi darti almeno una parte di questo mio orgoglio latente, anche il dolore che tu dici di avere in te dovrebbe impallidire. L'amore ti apparirebbe quello che è: un inganno della giovinezza, un episodio trascurabile, in un destino come il mio e come il tuo.

AMALIA - La gloria, Guido? Mi fa ridere! lo non so come tu possa amare sognare darti a una cosa così vacua! lo voglio più bene a te che alla gloria. La gloria non mi farà mai piangere, non mi farà mai aspettare con ansia!

GOZZANO - Tu hai ancora delle illusioni. Hai l'avidità di godere l'ora che passa. lo no. Anche il piacere non mi interessa, perché è un ostacolo a quanto voglio raggiungere. Tu sei così giovane, così bella! È difficile starti vicino e non desiderarti. Ma con te voglio essere sincero: non ti amo. Non ho mai amato nessuna donna. E anche adesso ragiono, perché non amo, è la grande verità. Perdonami.

Sul punto di uscire di scena si volta ancora per un attimo

Perdonami!

Gozzano se ne è andato; Amalia prorompe in un pianto disperato. Piano piano si calma, tira fuori la lettera, la scorre, infine la unisce alle altre raccolte, che costituiscono un bel mazzetto. Sorride cinica, alla ricerca di un elemento consolatorio

AMALIA - Sarà uno splendido carteggio!

 

FINE DEL PRIMO TEMPO

 

SECONDO TEMPO

 

SCENA XIX

GORIZIA ITALIANA

La veranda di casa Gozzano a Torino. Campane e fanfare militari, voci che inneggiano. Bandiere emergono dalla strada.

VOCI - Gorizia italiana!
Vittoria! Vittoria!
Evviva i soldati italiani!
Gloria ai soldati!
Gorizia! Gorizia! Gorizia!

Entrano Vallini ed Amalia. Si sporgono dalla veranda per vedere quello che sta accadendo sulla strada

VALLINI - Ce l'abbiamo fatta!

AMALIA - Dopo tante sconfitte ...

VALLINI - Speriamo che duri.

AMALIA - Signora Diodata, venite a vedere che festa!

Amalia va verso l'interno per farne uscire la carrozzina a rotelle dove sta seduta Diodata, e la porta in scena

DIODATA - Guarda come sventolano le bandiere! È proprio una festa!

VALLINI - Sarei dovuto esserci anch'io. Se Guido stava bene ...

DIODATA - Se stava bene, forse la guerra se lo sarebbe portato via. Chi può mai dire, la vita ... Un volo breve e via.

AMALIA - Come una farfalla ...

VALLINI - Speriamo che Guido non si sia svegliato ...

DIODATA - Riposava. Così sereno che mi pare di poter avere di nuovo fiducia.

VALLINI - Tutte le nostre forze, i pensieri, la nostra volontà ... noi offriamo tutto per lui.

DIODATA - Quando caddi malata, io lottavo nel buio. Cercavo di ritrovarmi, e per riuscirei mi aggrappavo ai momenti più forti della mia vita, perché ero fatta di quei momenti. E sono riaffiorata, anche se in questo stato ... Per lui è diverso. . La sua vita deve essere piena.

Vallini esce spingendo la carrozzina, seguito da Amalia che si sofferma ancora per un attimo

AMALIA - Come una farfalla ...

Buio

SCENA XX

ACHERONTIA ATROPOS

Ceresole Reale, sulle Alpi Canavesane. Campanacci di mucche al pascolo. Gozzano in maglione e pantaloni di velluto, con un acchiappafarfalle. Attraverswo una lente esamina le foarfalle impigliate nella reticella. Di tanto in tanto scrive degli appunti su di un taccuino. Un pastore porta una grossa balla di erba, su cui Gozzano si appoggia

GOZZANO - "Macroglossa Stellatarum" ... L'ornitottera ... , "Ornithoptera Pronomus" ... La testa di morto!, "Acherontia Atropos", l'inesorabile che viene dal mondo dei morti. Povera bestiolina, che nome terribile, inadeguato a tanta grazia. Eppure, sul tuo piccolo addome, esiste impresso questo segno spaventoso.

Entra una ragazza dall'aspetto contadino; ha un viso largo dall'espressione estatica; i capelli biondissimi sono intrecciati in tante sottili treccioline, secondo il costume di certi paesi alpini. Dietro di lei entra Arturo Ambrosio, produttore cinematografico torinese

DOMESTICA - Mònsù Gozzano, a lè rivà 'stà sgnòr da Türin, con 'na madama ... A veul parleie ansema prope a chiel... Mi j l'ai dije c'a l'era fora, ma a l'a insistù ... A l'a nin vòrsù spetàr...

AMBROSIO - Caro Gozzano, ti abbiamo fatto una sorpresa, la Guglielminetti ed io. Mi pareva una così bella giornata per salire in montagna da te, che ho rimandato un lavoro, ho requisito una macchina della produzione - sennò che gusto c'è ad essere il padrone?-, e ho mandato un biglietto ad Amalia per chiederle se voleva accompagnarmi ... Abbiamo deciso tutto in un attimo, e così eccoci qua!

DOMESTICA - A l'è chiel c'a l'a vòrsù ...

GOZZANO - Sì sì non ti preoccupare ...

Domestica esce

 

Ha paura che io la sgridi. Sa che voglio restare solo; all'inizio venivano dal paese per vedermi ... I giornali arrivano anche qui, e la gente è curiosa ...

AMBROSIO - E insidia il poeta venuto in incognito, a curarsi le ferite della città.

GOZZANO - Ah! Qui non ci sono tentazioni! La sera vado a dormire molto presto, e al mattino, appena si alza il sole, esco di casa e vengo a godermelo tutto. Scribacchio, penso, respiro ... e guardo le farfalle!

Indica la reticella

AMBROSIO - Già, le farfalle. Sono venuto a trovarti anche per questo.

GOZZANO - Le tue lenti si sono rivelate una meraviglia. E anche le macchine fotografiche.

AMBROSIO - Bisogna vedere se la cinepresa otterrà gli stessi brillanti risultati .

 

 

 

AMBROSIO - Caro Gozzano, ti abbiamo fatto una sorpresa, la Guglielminetti ed io. Mi pareva una così bella giornata per salire in montagna da te, che ho rimandato un lavoro, ho requisito una macchina della produzione - sennò che gusto c'è ad essere il padrone?-, e ho mandato un biglietto ad Amalia per chiederle se voleva accompagnarmi ... Abbiamo deciso tutto in un attimo, e così eccoci qua! DOMESTICA - A l'è chiel c'a l'a vòrsù ...

 

GOZZANO - Sì sì non ti preoccupare ... (Domestica esce).

 

Ha paura che io la sgridi. Sa che voglio restare solo; all'inizio venivano dal paese per vedermi ... I giornali arrivano anche qui, e la gente è curiosa ...

 

AMBROSIO - E insidia il poeta venuto in incognito, a curarsi le ferite della città.

 

GOZZANO - Ah! Qui non ci sono tentazioni! La sera vado a dormire molto presto, e al mattino, appena si alza il sole, esco di casa e vengo a godermelo tutto. Scribacchio, penso, respiro ... e guardo le farfalle! (Indica la reticella).

 

AMBROSIO - Già, le farfalle. Sono venuto a trovarti anche per questo.

 

GOZZANO - Le tue lenti si sono rivelate una meraviglia. E anche le macchine fotografiche.

 

AMBROSIO - Bisogna vedere se la cinepresa otterrà gli stessi brillanti risultati .

GOZZANO - lo credo di sì. Hai sempre il meglio, tu.

AMBROSIO - Allora si fa?

GOZZANO - Il film? Vuoi dire il film sulle farfalle?

AMBROSIO - E che altro? "La" film sulle farfalle!

GOZZANO - Oh! Ti ringrazio, Arturo. Avevo paura che tu non ci credessi!

AMBROSIO - Non avrei dovuto perché le mie film sono sempre drammoni a forti tinte? "Gli ultimi giorni di Pompei", "Nerone", "Lo schiavo di Cartagine"!. .. E invece questa volta mi affido a un poeta, il quale, se non mi hanno informato male, sta pensando a un poemetto sulle farfalle ...

GOZZANO - Sì, ci penso ... Sono così belle queste creature. E c'è un tale rituale, tra loro e i fiori, un tale mistero di unione, di splendide nozze ... Ma non so ancora quando potrò dedicarmi a questa idea.

AMBROSIO - Perché? Potremmo partecipare all'Esposizione di Torino! Sono sicuro che vinceremmo un premio.

GOZZANO - Io ... devo, prima ... stare un po' meglio ... Non ho forze, vedi. Faccio finta di essere sano, forte, e anche un po' cinico. Invece ... sono così stanco ...

AMBROSIO - C'è un'aria pura, qui! Dovresti metterti in sesto in poco tempo.

GOZZANO - La montagna non basta. Ci vorrebbero climi caldi ... lunghe estati ... Andrò in India, sai? Ho già il passaporto.

AMBROSIO - E dove andrai? L'India è così grande!

GOZZANO - Delhi ... Agra ... Haiderabat e poi Ceylon ... Madras ... Mi affascina questa civiltà. La morte è sempre presente, accanto alla vita.

AMBROSIO - Più che pensare a curarti, ti farai prendere dall'esotismo. Sarai soprattutto uno scrittore in viaggio.

GOZZANO - Vorrei prendere appunti. Dipende da quanto vedrò.

Rientra la ragazza domestica

DOMESTICA - I vad a preparé. A va bin adcò per ja sgnur polenta e fòrrnagg?

GOZZANO - Sì, va benissimo, credo. Polenta e formaggio va bene? Qui non abbiamo i menù del Cambio o del CavaI 'd bròns ...

AMBROSIO - Meglio questo che tante ricette elaborate!

La ragazza Domestica prende un paiolo di rame e un bastone per girare la polenta. Rimarrà da una parte insieme ad Amalia che verserà nel pentolone da un cartoccio un sottile rivolo di farina di granturco. La concentrazione del lavoro esclude le due donne dal dialogo tra Gozzano ed Ambrosio

GOZZANO - Questa solitudine è deliziosa. Certe volte però la compagnia mi manca. In pratica, l'unica persona che vedo intorno a me è questa servetta indigena e molto prosaica, come hai sentito.

AMBROSIO - Ben diversa dalle donne dei salotti torinesi.

GOZZANO - Ah!, proprio l'opposto. È una ragazza onestissima, figlia di Maria ... e io nutro per lei la più rispettosa ripugnanza. Guardala, guardala! Un volto quadrato, scialbo, lentigginoso, senza pupille, senza ciglia e senza sopracciglia ... E un viscidume di capelli gialli, tirati lisci aderenti e stretti alla nuca in un fascio di trecciole minute ... Questa comunque è l'unica servente che qui possa riuscire ad avere.

AMBROSIO - Come donna non metterà certo in pericolo la tua salute!

GOZZANO - Ma non è stupida questa ragazza, sai? Alla sera, mentre mangio, si mette a parlare E parla e parla, in quel suo dialetto incomprensibile perfino a me E afferro a tratti brani di storie bellissime ... che forse sfrutterò per qualche poesia: il curato che era fuggito con la figlia del sindaco ... la marchesa che si era innamorata della guida alpina e furono sorpresi dal marito ...

Buio

SCENA XXI

IL PAESAGGIO INTERIORE

Il cartoccio della farina è vuoto; Amalia lo svolge soffiando via gli ultimi granelli di farina. Poi si avvicina a Gozzano

AMALIA - A Torino non vi si vedeva più. Non è stato facile trovarvi fra queste casupole tutte uguali.

GOZZANO - Mi mancavate. Ma io devo continuare a fare l'eremita, ancora per un po'.

AMALIA - Anche qui la compagnia femminile non vi manca.

GOZZANO - Alle villanelle non piaccio. Mi è sembrato di sentire, in qualche frase del loro dialetto esquimese, le parole "fabiòc" e "pan da sòpa".

AMALIA - "Fabiòc" e? ..

GOZZANO - "Pan da sòpa", cioè sciocco, stupido e pane da zuppa: smidollato, molle, certo non affascinante!

Ridono. La ragazza stende un'ampia tovaglia, poi porta un tagliere su cui verserà la polenta. Ognuno se ne serve su piccole assi di legno

GOZZANO - Ci accontenteremo di quello che si trova qui ...

AMALIA - Vi pesa questo isolamento?

Gozzano usa un tono diverso dalla affettuosa confidenza con cui ha parlato poco prima con Ambrosio; il suo è adesso un linguaggio letterario

GOZZANO - Vivo in uno stato di esaltazione quasi continua. Mai mi sono sentito così pieno di speranza, così aperto ai sogni ... e così facile alla rima e al ritmo.

Ambrosio guarda stupito Cozzano, che ricambia lo sguardo con sfrontato candore. È chiaro che finge. Ambrosio non può trattenersi dal replicare

AMBROSIO - Ma allora, scrivi?

Gozzano risponde sicuro di sé, bugiardo

GOZZANO - In poco più di una settimana ho già abbozzato tre poesie. Cose buone, pronte per il volume dei "Colloqui". Ho ritrovato il filone dei miei sogni, questa volta. Il paesaggio interiore, l'unica cosa vera nel nostro vivere ingannevole ...

Si rivolge ad Ambrosio

Questo, credimi, lo penso veramente.

Torna a parlare ad Amalia, di nuovo sul tono sicuro di sé

Lavoro molto, cara Amalia ...

AMBROSIO - Ma tu, con le tue poesie, che cosa vuoi dire?

GOZZANO - Come fa il poeta a precisare quello che ha voluto dire? In fondo, le poesie che sto mettendo insieme non sono opera mia, ma della mia vita, della mia adolescenza, della mia giovinezza: io ho scritto, come ho saputo, i versi ...

AMALIA - Ma un altro li avrebbe fatti diversamente da voi, che siete "quel coso con due gambe, detto "Guidogozzano"!

GOZZANO - Essere citato a memoria da voi esalta la mia già sfrenata ambizione!

Ambrosio si alza

AMBROSIO - Mi sono portato un paio di macchine fotografiche piuttosto eccezionali ... E prima che diventi scuro mi piacerebbe fissare qualche immagine.

GOZZANO - lo vorrei mostrare ad Amalia qualcosa che le avevo promesso ...

AMALIA - Oh! Sì, me lo avevate anche scritto!

AMBROSIO - Ah bè, se avete dei segreti, io me ne vado e non vi chiedo di seguirmi.

GOZZANO - Vai vai, che ti raggiungeremo!

Ambrosio se ne va

SCENA XXII

ANIME (UN POCO) CONGIUNTE

Amalia indica a Gozzano un punto verso l'alto

AMALIA - Sono là?

Gozzano tira giù con una cordicella un'urna di rete dentro cui ci sono delle crisalidi

GOZZANO - Eccole.

Ne prende qualcuna, con delicatezza, sul palmo della mano

Sono delicatissime.

AMALIA - Sembrano d'oro ... Degli orecchini di stile egizio ... Come mi starebbero bene!

Ne porta un paio ai lobi delle orecchie

GOZZANO - Crisalidi ... mute regine stanche, prese da un incantesimo antico ...

Amalia fissa affascinata le crisalidi

AMALIA - Come spunteranno le farfalle?

GOZZANO - Ce ne sono di ogni colore ... Hanno disegni stupendi ... nomi misteriosi. Scrivo ogni giorno qualche cosa su di loro. Fuori ce ne sono già dischiuse. Le mie usciranno a giorni. Sono più di cento ... Vanessa Atalanta ... Vanessa Io ... e poi Parnassus ... Testa di morto ...

Amalia è china sulle crisalidi. Gozzano le si accosta per indicargliele. Una ciocca dei capelli di Amalia sfiora una guancia di Gozzano. I due si guardano a lungo, presi da una fascinazione, poi si abbracciano con intensità

GOZZANO - Mai ti ho sentita così dolce ... e così presente.

AMALIA - Non ci dobbiamo dare delle spiegazioni.

GOZZANO - Ti ho pensato molto. E ti ho pensata male. Ti ho desiderato acutissimamente ... E non vedevo l'ora che tu fossi di nuovo con me.

AMALIA - Non ci dobbiamo dire niente. Lasciamo soltanto le nostre anime un poco congiunte prima di lasciarci di nuovo.

Gli mette un dito sulle labbra

Sarà una piccola tregua di sogno per voi e per me ... Dimenticheremo che ci sono le cose e gli uomini e le donne ... Ci parrà di essere fuori dal mondo ... E poi ci diremo addio. Buio.

 

SCENA XXIII

QUEL SOGGUARDARE BLANDO

Lo stesso ambiente della scena precedente. Gozzano, solo, fa il suo gesto imperioso. Entra Guidogozzano trascinando con sé Amalia e tenendo l'urna di rete delle crisalidi. Gozzano fa un gesto a significare "ripetere la scena di prima". Amalia e Guidogozzano. come nella scena reale precedente, stanno chini ad osservare le crisalidi; di nuovo la ciocca di capelli di lei va a sfiorare la guancia di lui, di nuovo i due si guardano e poi si abbracciano.

Gozzano sillaba con precisione

GOZZANO - "Ma/co/rneu/na/sua/cio/cca/ ... "

"Ma come una sua ciocca mi vellicò sul viso,
mi volsi d'improvviso e le baciai la bocca" ...

Gozzano scandisce i versi senza intonazioni sentimentali o interpretative; è un poeta al lavoro

"Sentii l'urtare sordo / del cuore, e nei capelli/
le gemme degli anelli/, l'ebbrezza del ricordo ...
Vidi le nari fini,/riseppi le sagaci/
labbra e commiste ai baci
l'asprezza dei canini .../
e quel s'abbandonare,
quel sogguardare blando ... "

Si ferma, pensando. Ripete

"quel sogguardare blando ... "

Com'era ... com'era quel verso di Dante ...

Sfoglia veloce degli appunti

Divina Commedia, Inferno canto trentesimo, verso centotrentasette ...

Rassicurato riprende

... "quel sogguardare blando,
simile a chi sognando
desidera sognare ... "

A voce alta, trionfante, mentre con un gesto congeda Amalia e Guidogozrano, c
he se ne vanno

"Simile a chi sognando desidera sognare"!

SCENA XXIV

INDIA

La Società di Cultura. Seduti in attesa, Vugliano, Vallini e Dogliotti, vestito da prete

VUGLIANO - È incredibile come la moda si impadronisca di tutto. L'India! Questa è l'ultima trovata! I vestiti delle signore, i trucchi, i mobili, le musiche ... e mille altri rivali di derivazione orientale, vera o inventata, invadono le nostre abitudini occidentali.

VALLINI - E Guido ci si è inserito bene! Sceglie l'India per andarsi a curare al suo bel sole, e ne ricava una corrispondenza per la Stampa.

DOGLIOTTI - Si stupirà di vedermi vestito così. Basta lasciarsi per un poco, e ognuno prende una strada diversa.

VUGLIANO - Ma l'amicizia rimane. Tant'è vero che siamo tutti qui ad aspettarlo.

VALLINI - Speriamo che arrivi prima dei giornalisti. Manca poco alla conferenza stampa.

Entra Gozzano sorridente, in una attillata giacca nera chiusa fino al collo. Vallini corre ad abbracciarlo. Gli altri gli si affollano intorno festosamente

GOZZANO - Cari ... cari ... Non vedevo l'ora di tornare.

Nota l'abito di Dogliotti

E tu, Mario? Devo chiamarti "padre", d'ora in poi?

DOGLIOTTI - Ci pensavo da tempo. Poi un giorno sono entrato in un convento per curiosità ... e non ho voluto più uscirne. Avevo trovato la mia strada. Ma gli amici rimangono amici ... anche se sono un po' atei, come te.

GOZZANO - Ateo io? Mah! Non lo so più. Il mio è stato qualche volta un materialismo ingenuo. Ora rifletto, medito ... Vi stupirete tutti quanti di quello che sto per dirvi, forse nemmeno più la poesia mi scuote e mi entusiasma.

VUGLIANO - Ma che cos'altro potrebbe interessarti di più?

GOZZANO - Ah! non lo so ... Non lo so ancora ...

VUGLIANO - Intanto, sei appena tornato. L'India sarà per te un pretesto per infinite divagazioni artistiche ... Non mi dire che sei così cambiato da non pensare di ricavarne una raccolta di racconti. O sbaglio?

Gozzano ha un moto di stanchezza

GOZZANO - Ma sì. Tutto questo sì. Non ho abbandonato i miei vizi letterari ...

DOGLIOTTI - Ma tu, per te, che cosa hai trovato?

GOZZANO - Ho trovato la morte. L'immagine della morte nella poesia, nel costume di vita che della morte si appropria facendola un tutt'uno con sé.

A poco a poco Gozzano assume il tono del conferenziere alla moda; ritorna nel suo personaggio

Le torri del silenzio ... dove si lasciano i cadaveri in pasto agli avvoltoi ... le cataste di legna, nel Gange, per bruciare i corpi ...

Si fa più intimo e vero

Ma io volevo raccontarvi un'altra cosa. Ero andato a cercare, a Goa, un missionario non conosciuto mai, amico di amici di famiglia. Dopo molti tentativi ne trovo una traccia alla Cattedrale, dove c'erano dei padri del suo ordine. Poco per volta, ritrovarlo laggiù era venuto a significare per me il ritrovare la familiarità delle persone conosciute ... Il padre superiore stentava a rintracciare nella memoria il nome di quell'italiano, ne disse il nome nella vita religiosa ... E legge in un vasto registro, dopo un silenzio che mi pare eterno, che quel padre era morto sedici anni prima. A quel punto la solitudine mi è sembrata più completa, più vivo il mio desiderio di andarmene. Avevo seguito la traccia di un morto in una città morta ...

Entrano i giornalisti. Gozzano ritorna ad assumere atteggiamenti e intonazioni da scrittore arrivato

GIORNALISTA MONDANA - Che cosa l'ha colpita di più in questo viaggio?

GOZZANO - È lo scontro fra la civiltà antica e quella moderna a colpire ... Tra la barbarie pittoresca e quello che hanno fatto gli inglesi ...

Tutto sembra così anacronistico ... così paradossale ...

CRONISTA - Sappiamo che sta per uscire un suo racconto dal titolo "Natale a Ceylon". Ma lei non era in India, a Natale.

GOZZANO - Vogliamo parlare di calendari, o vogliamo parlare di letteratura?

GIORNALISTA MONDANA - Nel suo viaggio ha trovato quello che si aspettava?

GOZZANO - In un certo senso, sì. La mia fantasia di europeo si era proprio aspettata quello che ho visto ...

I giornalisti e gli amici arretrano fino ad uscire di scena. Su di una musica indiana entrano ondeggiando alcuni emblematici personaggi, nel clima difantasia rivisitata dalla letteratura e condita di ricordi di viaggio, che caratterizza i racconti gozzaniani del periodo indiano. In una giacca bianca, attillata e chiusa fino al collo, Guidogozzano è in mezzo ad un balletto, i cui personaggi sono un elefante, una baiadera, un minareto, degli avvoltoi, una palma di banano, una statua di Brahma, e una giovane inglese dai rossi capelli corti, vestita da esploratrice. Guidogozzano tiene fra le braccia la giovane inglese

GOZZANO - Bel fiore del carbone e dell'acciaio,
Miss Ketty fuma e zufola giuliva,
altoriversa sulla sedia a sdraio.
Ketty zufola e fuma. La virile
franchezza, l'inurbana tracotanza,
attira il mio latin sangue gentile ... "

Danzando allacciati, Guidogozzano e miss Ketty se ne vanno, seguiti dal pittoresco stuolo dei personaggi indiani

Buio

SCENA XXV

L'UNICA DONNA AMATA

Il Meleto. Diodata, sulla carrozzina, sta cucendo dei costumi. Intorno a lei, costumi di maghi, di principi, re e guerrieri, i personaggi delle fiabe di Gozzano. Diodata mormora le battute delle fiabe

DlODATA - "Chiaretta, Doralice, Lionella, povere figlie mie, chi vi fece questa magìa? Chi vi rinchiuse nel porcile?"

Prende un costume da principessa, e delle teste di porco

Per il mio Gustavo ... Le sue fiabe ...

Entra Gozzano. Abbraccia la madre, poi le si siede ai piedi

GOZZANO - Mamma.

DIODATA - Ti ho aspettato. Ora sei di nuovo qui.

GOZZANO - E tutto è quieto e sereno, perché ci sei tu.

DIODATA - Ti ho dato tante preoccupazioni, con la mia salute. E tu ti trascuri. Sei così pallido ...

Gozzano tossisce

.... e tossisci. .. Non è servito a nulla, allora, questo lungo viaggio che ci ha separato per mesi?

GOZZANO - Non preoccuparti per me. Dobbiamo essere felici come una volta ... Le recite ... le feste, gli amici che ti applaudono ...

DIODATA - La mia felicità ormai sei soltanto tu. La tua felicità ti darà gloria, ma io sarò sempre la tua mamma.

GOZZANO - lo tengo a te, non alla gloria. Se tu stai bene, sono felice. Tu sei la mia confidente, tu sei l'unica donna che ho amato ...

Buio

 

SCENA XXVI

LA TRACCIA PIU' DURATURA

Salotto verde - blu pavone di Amalia Guglielminetti. Amalia è sdraiata sul divanetto, intenta a leggere. Entra Gozzano

AMALIA - Ho iniziato due flirt ... Non potevo aspettarvi in eterno ... Due, per non perdere l'equilibrio da nessuna parte. Non so ancora quale farà pendere di più la bilancia.

GOZZANO - E con chi vi date a questi giochi?

AMALIA – Oh!, uno è un giovane maestro musicista ben avviato verso la celebrità. E l'altro è un bellissimo ragazzo, non ancora ventenne ... figuratevi!

GOZZANO - Come siete cambiata!

AMALIA - È vero. Una volta non potevo soffrire gli uomini al di sotto dei trentacinque. Ora mi piacciono anche gli adolescenti. Specialmente se hanno come questo una figura statuaria.

GOZZANO - Sento che mi state dimenticando. Avete pensato ben poco a me.

AMALIA - Certe cose diventano false quando si cerca di dirle ... E io mi odio, quando le ho dette.

GOZZANO - Allora non diciamole, certe cose. Parliamo d'altro. Anch'io sono innamorato.

Il momento della verità è passato. La conversazione riprende il tono brillante

AMALIA - Ah! E di chi?

GOZZANO - Di una donna che non esiste, naturalmente!

AMALIA - Il nome! Il nome di questo fantasma!

GOZZANO - L'avete conosciuta anche voi. A Ceresole, quando siete venuta a trovarmi con Ambrosio.

AMALIA - La contadina che faceva la polenta?

GOZZANO - L'immagine di quella creatura ottusa, senza età, senza bellezza, mi seguiva ... A poco a poco si trasformava nei miei pensieri ... cambiava perfino di nome ... diventava "la signorina Felicita" ... e acquistava la grazia del contrasto con ogni altra donna che avessi mai conosciuta.

AMALIA - Acquistava soprattutto la grazia di una donna che non vi crea problemi!

GOZZANO - Non ridete, Amalia. lo mi sono cerebralmente invaghito di lei, ma ho continuato a ricordare la vostra figura di raffinata ... Forse è una reazione ... Una benefica reazione.

Un silenzio

AMALIA - E che cosa ve ne farete, di questa vostra bella?

GOZZANO - Non una poesia. Una prosa, invece. A brevi capitoli lirici. Con una trama sentimentale, onesta, sana come la carne della protagonista.

AMALIA - Meglio una prosa che i soliti versi, le solite rime, e la solita classica antipatica bella donna, che tutti i poeti hanno posseduto oppure hanno detto di possedere!

GOZZANO - Allora non siete gelosa?

AMALIA - No. La bruttezza è tanto più profonda e originale quanto è superficiale e di maniera la bellezza. Mi farete conoscere la vostra bella?

GOZZANO - Sì. Ma non la riconoscerete.

AMALIA - Giorni fa ho visto Gabriele D'Annunzio, ad una conferenza. La gente delirava per lui ...

GOZZANO - Una volta amavo la sua poesia. Se penso che lui e la sua vita erano i miei modelli !. ..

AMALIA - Quando me lo hanno presentato, mi ha parlato subito di voi. E ha manifestato il desiderio di conoscervi: segno che si è accorto che esistete.

GOZZANO - Avrà paura che gli dia fastidio. E a voi, che cosa ha detto?

AMALIA - Mi ha offerto un libro, e una dedica: "A Amalia Guglielminetti che con sì fiera melodia canta la sua novità". Ti piace?

Gozzano tace

Scusami. lo sono nemica di me stessa quando parlo così.

Gozzano prende le mani di Amalia e gliele bacia con un gesto affettuoso che sa più di amicizia che di passione

AMALIA - Noi non dovremmo parlare che di noi stessi quando stiamo insieme. Sono così poche queste occasioni ... ormai. E invece riempiamo i nostri discorsi di persone intruse, di cose estranee ...

GOZZANO - Andiamo via!

AMALIA - Dove?

GOZZANO - In campagna ...

I due camminano tenendosi per mano

lo penso a questa giornata come ad un sogno già lontano. Non sono le ore di follia estrema a lasciare sull'anima la traccia più duratura ...

AMALIA - Guido! Sei già pentito?

GOZZANO - No, non sono pentito. Tutto si farà buono e dolce nel passato ...

Buio

SCENA XXVII

JEANNETTE O LA MELANCONIA

Casa di mode. Una mannequin sta sfilando in mezzo a dei manichini rivestiti di modelli. La mannequin si ferma davanti a Gozzano

GOZZANO - Mi pare di conoscervi ...

La mannequin sorride. Poi si toglie il cappello per mostrare più apertamente il volto

Ma sì!, siete la piccola Giannina, la figlia della nostra portinaia.

JEANNETTE - Adesso mi chiamo Jeannette!

GOZZANO - Oh, excusez mai, mademoiselle Jeannette! E come mai siete diventata francese?

JEANNETTE - Vado sempre a Parigi; Jeannette è più bello di Giannina ...

GOZZANO - E voi adesso siete più bella della ragazzina magra che aiutava la mamma a lavare le scale.

JEANNETTE - Chi lo sa? Così, piaccio. E per me è lavoro. Parigi, Berlino, Londra, sono sempre in giro ...

GOZZANO - E che effetto vi fa Torino, dopo tutti questi viaggi?

JEANNETTE - Ah! Torino è sempre la più bella città del mondo.

Mentre parla, Gozzano studia la ragazza. I momenti di riflessione si intercalano alla conversazione

GOZZANO - Non si è fatta bella. "Si è fatta", semplicemente.

JEANNETTE - A me piace girare. Vedo delle cose che qui non ci sognamo neppure.

GOZZANO - La scaltrezza del buon gusto ha dato al suo corpo magrissimo la linea parigina ...

JEANNETTE - Mi piace vedere delle cose strane. Fanno passare la malinconia.

GOZZANO - Patisci la malinconia, tu?

JEANNETTE - Oh! Tanto!

GOZZANO - Malinconia? Perchè?

JEANNETTE - Perché non so. Quello che vedo è veramente bello ... eppure mi fa malinconia. Penso che si invecchia ... che si muore ... Sono una sciocca? Sono fatta così.

GOZZANO - Non è dunque la letteratura quella che corrode gli spiriti ... Jeannette non ha letto i filosofi demolitori ...

JEANNETIE - A che scopo tutto? Si invecchia ... si muore .

GOZZANO - Mi ricorda la Melanconia, di Alberto Durero. Vestita di corazza, le ali simboliche, le chiome sparse, coronate di lauro. Medita perplessa,con le gote sorrette dal pugno ... E ripete: "Cui bono? Melanconia!", Jeannette non porta corazze. Non è alata ... e non è laureata. Ha le chiome raccolte in un casco aderente che le scende sui sopraccigli ... E anche lei ha negli occhi l'infinita tristezza dell'angelo quattrocentesco ...

Jeannette si allontana coi i suoi manichini

JEANNETTE - A che scopo? Si invecchia ... si muore ...

Buio

SCENA XXVIII

AMBROSIO FILM

Casa di produzione "Ambrosio film". Proiettate sullo sfondo, sequenze del film realizzato da Gozzano sulle farfalle. Gozzano e Ambrosio stanno guardando le sequenze filmate

AMBROSIO - Hai visto? La tua film ha preso perfino un premio! E quasi quasi tu non volevi farla .

GOZZANO - Ero così stanco Mi sentivo svanire a poco a poco. Anche adesso non ho forze, e sono più negli altri che in me.

AMBROSIO - Sei un poeta, un artista. Per questo, quando veniamo a parlare di cinema, ti chiudi in te stesso; insomma non vorresti sporcarti le mani.

GOZZANO - Il cinema non è un'arte, è un'industria.

AMBROSIO - Ah!, come industria è un trionfo. Una delle nostre glorie sul mercato del mondo.

GOZZANO - Ma come arte è una vergogna. Pellicola e arte restano divise, inconciliabili; come certe sostanze che è impossibile amalgamare ...

AMBROSIO - Bisogna pensare all'evoluzione del cinema. Abbiamo appena cominciato.

GOZZANO - I figli dei nostri figli, forse, vedranno la fine della parabola. Per ora l'arte resta una signora perbene, e il cinema un ricchissimo signore.

AMBROSIO - Un ricchissimo signore dalla vitalità strabiliante: se tu pensi che il cinema prosegue imperterrito nonostante la guerra ...

GOZZANO - Fra tante crisi di industrie necessarie è proprio l'industria inutile che ne soffre meno.

AMBROSIO - Inutile o no, io credo nel cinema. E anche tu, nonostante tutto, dato che stiamo per firmare il contratto del tuo prossimo lavoro.

GOZZANO - Ne sono attratto, e insieme ho paura. Mi sembra di tornare indietro nel tempo; a certo misticismo rifiutato eppure amato a lungo ... a certi riferimenti. .. sì, lo riconosco, che mi venivano da D'Annunzio.

AMBROSIO - Il tuo "San Francesco d'Assisi" sarà un capolavoro! Un soggetto di grande risalto. E di grande finezza artistica, a scorno dei tuoi discorsi denigratori della film rispetto all'arte.

GOZZANO - Questi temi antichi mi affascinano, ma non per questo sono credente. Ammiro quella figura di santo povero, quel suo rinunciare all'agiatezza, predicare la fratellanza ...

Buio

SCENA XXIX

LA SOGLIA INEVITABILE

Un angolo di strada. Degli attacchini stanno incollando manifesti che incitano all'arruolamento volontario. Gozzano e Vallini. che è in divisa da ufficiale, camminano a braccetto.

VALLINI - Mi porterò le tue lettere al fronte. Così in trincea penserò ai nostri giorni felici. Sentirò meno il peso della guerra.

GOZZANO - lo invece ... Insufficienza toracica, mi hanno riformato.

VALLINI - Quando ritornerò starai bene. Abbiamo ancora tante cose da fare insieme, e tante cose da scrivere ... Eh?, Guido?

Gozzano tace. Poi parlerà con il tono della confidenza estrema

GOZZANO - L'idea di morire è così diversa dal parlarne, anche in poesia, come ho fatto io, qualche volta ... Si resta lì. Non si impreca ... Non si dicono cose brutte ... Si sta quasi bene.

VALLINI - Ma che dici? Ogni tanto mi fai questi discorsi per spaventarmi, perché sai che ti voglio bene. Guido, non è per la poesia. È per stare ancora insieme, che tu devi guarire.

GOZZANO - Per la poesia no. Stampa, letterati, ambizioni, anche la poesia!, merda, merda, merda. Ma stare insieme, sì. Ci si stanca delle meraviglie dell'arte, del genio, del lusso ... Appena si oltrepassa la giovinezza si fanno molte riflessioni, si ritorna ai ricordi più semplici.

VALLINI - Noi eravamo amici anche prima che tu diventassi celebre.

GOZZANO - Ed è questa amicizia che rimane. Se è vero che un'immagine può varcare la soglia ... inevitabile poche sono le cose che si vorrebbero portare con noi. Fiori ... farfalle… gli amici ...

VALLINI - Gli amici. (Un silenzio. C'è il senso dell'addio). Devo andare. Porterò con me le tue lettere. Sì, sono proprio una delle poche cose che mi farà piacere sentire vicine.

GOZZANO - Te ne scriverò delle altre. Qualche pettegolezzo della città ... La mia salute ...

Vallini se ne va. Gozzano recita piano, con tristezza

"Mio cuore, monello giocondo che ride pur anco nel pianto, mio cuore, bambino che è tanto felice d'esistere al mondo, mio cuore dubito forte ma per te selo m'accora che venga quella Signora dall'uomo detta la Morte ... "

Buio

SCENA XXX

SILVIA

Un teatrino per bambini. Attori in costume stanno provando una fiaba di Gozzano, che vi assiste insieme a Silvia, una giovane donna bruna

PIUMADORO - "Non altre adoro - che Piumadoro ... Oh! Piumadoro, Bella bambina - sarai regina!"

Piumadoro fa il gesto di afferrare lafarfalla

FARFALLA - "Lasciarni andare, per pietà!"

Piumadoro lascia andare la farfalla

"Grazie bella bambina. Come ti chiami?"

PIUMADORO - "Piumadoro".

FARFALLA - "lo mi chiamo Pieride Biancospino. Vado a disporre i miei bruchi
in terra lontana.
Un giorno forse ti ricompenserò".

La farfalla volteggia in giro. Appare fiore-soffione. Piumadoro è sul punto di raccogliere il fiore

FIORE-SOFFIONE - "Lasciami andare per pietà!"

Piumadoro lascia andare il fiore

"Grazie bella bambina. Come ti chiami?"

PIUMADORO - "Piurnadoro".

Appare Verde-cetonia. Piumadoro tenta di afferrarla. La cetonia le si rivolge supplichevole

VERDE-CETONIA - "Lasciarni andare per pietà!".

Piumadoro lascia la presa

"Grazie bella bambina.
Come ti chiami?"

PIUMADORO - "Piumadoro".

Fiore-soffione e Verde-cetonia si inchinano a Piumadoro

FIORE-SOFFIONE - "Grazie, Piumadoro.
lo mi chiamo Achenio del Cardo.
Vado a deporre i miei semi in terra lontana.
Un giorno forse ti ricompenserò".

VERDE-CETONIA - "Grazie, Piumadoro.
lo mi chiamo Cetonia Dorata.
Cerco le rose di terra lontana.
Un giorno forse ti ricompenserò".

Silvia, che ha seguito la scena interpretata dai suoi attori, interviene come voce narrante

SILVIA - "E la farfalla, il fiore del cardo e la cetonia volarono via".

Batte le mani

Balletto!

La farfalla, il fiore-soffione e la cetonia danzano

SILVIA - Più leggeri! Con grazia! Siete creature delicate e leggiadre, non degli orsi alla fiera.

Batte le mani al ritmo della musica

E un duè trè e un duè trè ...
E un duè trè e un duè trè!
Avanti! Ripetete! ...

I quattro continuano a danzare, andando verso il fondo

SILVIA - Sai che non conoscevo le tue fiabe? Soltanto le poesie ...

GOZZANO - La mia "declamatrice"! Ne hai recitate tante, nei salotti, alle feste di beneficenza, perfino a scuola ... Tutto questo mi fa piacere, ma mi dà quasi l'impressione di non esistere più.

SILVIA - Se non scriverai poesie nuove, declamerò le tue fiabe.

GOZZANO - Forse è la stessa cosa ...

SILVIA - I bambini ne vanno pazzi. Vedrai che successo, la nostra recita!

Gozzano guarda Silvia come se la vedesse allora

GOZZANO - Come sei giovane!

SILVIA - Vent'anni ... o poco più.

GOZZANO - Almeno dieci meno dei miei. Eppure sto bene con te ... Anche a me sembra di avere vent'anni, quando sono insieme a te.

Gli attori se ne vanno continuando il loro balletto

Ma poi ... provo anche un rancore quasi pari alla mia ammirazione.

SILVIA - Rancore? Preferisco l'ammirazione.

GOZZANO - Non far caso alle mie frasi cattive. Forse sono più ammalato di stanchezza che d'altro.

SILVIA - E che cosa posso fare, io, per darti un po' di gioia? La poesia ti rallegrava ...

GOZZANO - Alla poesia non penso più da tanto tempo. Una volta mi rifugiavo nell'arte: che cosa c'è di meglio? Ma quando l'arte ci ha stancati, meglio riflettere, riposare ... e avere accanto Silvia, fresca come la giovinezza che sognavo.

D'impeto Silvia abbraccia Gozzano. È uno slancio di vita, un atto di tenerezza

SILVIA - Non m'importa di essere tanto più giovane. Voglio stare con te e voglio che tu guarisca. Oh! Guido, perché per una piccola differenza rispetto all'eternità non possiamo vivere insieme, e gli altri ci opprimono con mille pregiudizi? Io ... io credo di amarti.

GOZZANO - Bambina. Bella e gentile come la Piumadoro della mia fiaba ... Adesso noi siamo insieme, non pensare al futuro. È il momento presente, è oggi che conta. Non c'è altro, sai?

SILVIA - E la poesia? ,

GOZZANO - Non puoi paragonarla alla vita.

SILVIA - Tu mi hai dedicato una poesia; io e la tua poesia siamo la stessa cosa, no?

GOZZANO - Forse hai ragione tu. Perchè sei giovane. Buio.

 

SCENA XXXI

LA GRANDA

Campagna delle colline torinesi. Una vecchia contadina dagli abiti antiquati sta filando con la conocchia e canta. Di lato, Gozzano ascolta.

GRANDA - "La bela madamin
la volo maridé ...
che al Duca di Sassònia i so a la volo dé.
O s'a m'è bin pi car un pover paisan
che 'I Duca di Sassònia ch'a l'è tant luntan!"

Presenza sopravvissuta delle campagne torinesi, la Granda è visione metaforica del poeta alle soglie della morte

GOZZANO - Ma come? Si canta dunque ancora sui nostri colli torinesi "La bela madarnin", la canzone di Carolina di Savoia? Avevo dovuto occuparmene per certi studi di folklore subalpino, la conoscevo attraverso la versione del Nigra, ma la credevo ormai un fossile della letteratura popolare. E provo una grande gioia ascoltandola, sorpreso come il geologo che si veda ad un tratto dinanzi viva e fresca nella luce del sole la bella specie creduta estinta ...

GRANDA - "Un pover paisan l'è pà del vostr onur!
'I Duca di Sassònia a l'è un grand signur.
'I Re con la Regina l'an piàla bin per man,
a San Giuan l'an mnàla, en piassa San Giuan.
Da già c'a l'è cusì, da già ch'a l'è destin,
faruma la girada anturn a tut Turin.
Cara la mia cugnà, perché che piuri tant?
Mi sun venua da'n Fransa ch'a l'è d'co bin luntan.
Vui si venua da'n Fransa, vui si vnrua a Turin
in Casa di Savoia, ch'a l'è 'n t'in bel giardino
Cara la mia cugnà andé pur volonté,
che drinta a la Sassònia a fa tanto bel sté!
Cara la mia cugnà tuchè-me'n po' la man:
Tut lon che v'racornando s'à l'è la mia maman.
Tuché-me'n po' la man, me cari sitadin,
per vive che mi viva vedrò mai pi Turin!

Gozzano si avvicina alla Granda

GOZZANO - E sapete chi era la bela madamin?

La Granda tace

Era la figlia del re. Il re di Savoia. E sapete chi era la cognata?
E il Duca di Sassonia?

La Granda riprende a cantare, inconsapevole della storia

GRANDA - "La bela madamin la volo maridé,
che al Duca di Sassònia i so a la volo dé ... "

GOZZANO - Non sa altro, lei ... È forse necessario sapere? Niente è dannoso alla poesia come la cosa certa ... Nessuna cosa è favorevole alla poesia come la perfetta ignoranza ...

 

La Granda se ne va. La sua voce si sente ancora a tratti

Buio

SCENA XXXII

LA BELA CAROLIN

Antiche incisioni che rappresentano monumenti, strade e piazze di Torino per i luoghi in cui si svolge la scena. l personaggi dell'epoca della Bela Carolin si muovono intorno a Gozzano, senza notarne la presenza: quello di Gozzano è un viaggio nella memoria e nel sogno.

GOZZANO - La "bela madamin"! La principessa Maria Carolina Antonietta di Savoia, figlia di Vittorio Amedeo III, sposata per procura dal fratello Carlo Emanuele al principe Antonio Clemente, duca di Sassonia ... lo so tutto di lei e della sua vita candida e breve: conosco date, nomi, episodi, cifre ... Ma chiederò al sogno, al sogno soltanto, la cosa impossibile a tutti (anche impossibile a Dio) di resuscitare il passato ... Ed ecco, la Torino dei miei giorni scompare. Sono perduto in un bosco selvaggio e arcaico ... Anche le piante hanno uno stile ... anche le nubi ... imitano troppo bene i "gobelins" e gli arazzi...

Le immagini dell'epoca della Bela Carolin appaiono figurativamente in quel ribaltarsi dell'opera definita nell'arte che precede la realtà, che ad essa si rifà anziché viceversa. Uno scrivano legge un avviso ad alta voce

SCRIVANO - "Prima della partenza il Nuziale Corteggio attraverserà la città di Torino uscendo di Palazzo a Piazza San Giovanni per via Dora Grossa, Piazza Castello, via Nuova, Porta Nuova, Porta di Po, volendo il Re e la Regina assecondare così la pubblica brama di vedere ancora una volta in casa l'Amata Augusta Figliuola. 29 settembre 1781..."

Passano parlando tra loro personaggi dell'epoca. Non si accorgono di Gozzano, che sta in mezzo a loro

GOZZANO - Sono ombre (o l'ombra sono io? ) divise da me dal mistero del non essere più, del non essere ancora ... Vedo e non son veduto ... sento e non sono sentito ...

Avanzano un monsignore e un marchese. Il loro linguaggio ha una forte impronta francese, e la "erre" è marcata

MONSIGNORE - Oh, marchese, ieri si sperava di vederla a Moncalieri.

MARCHESE - Non ho ricevuto la carta d'accoglienza ...

MONSIGNORE - Ma non è possibile!

MARCHESE - Proprio così, Monsignore. Ho già fatte le mie rimostranze al Gran Cerimoniere ... Erano in molti?

MONSIGNORE - Non molti. Forse cento invitati ... Il Re, la Regina, la Principessa Carlotta di Carignano, il Cardinale Marcolini, il Principe Salm Salm, i Vescovi, i Cavalieri dell'Ordine, il Principe di Masserano ...

MARCHESE - E gli sposi?

MONSIGNORE - Non erano allegri. Già l'idea del distacco per sempre ... E poi, una bimba di non ancora sedici anni sposata da un fratello per un Principe che non ha veduto mai...

MARCHESE - Ha smaniato?

MONSIGNORE - No, no. Nel momento del sì ha capito che si decretava l'esilio. Fu vista impallidire, alzarsi, vacillare, volgersi verso i genitori inginocchiati alle sue spalle ...

MARCHESE - Povra masnà!

MONSIGNORE - Ha supplicato per passare a Torino un giorno ancora, e la Regina ha avuto l'idea di una passeggiata d'addio per la città con relativa esposizione della Santa Sindone alla Galleria di Piazza Castello ...

Continuano a parlare fino ad uscire di scena

GOZZANO - La "bela madamin" ... Voglio vederla! Entro nella Reggia.

Le incisioni in bianco e nero creano intorno a Gozzano una dimensione di antica stampa e al tempo stesso di fotogrammi di film muto

Non è facile, nemmeno per un puro spirito invisibile e imponderabile, trovare una principessa nella sua vasta dimora ...

Dame e cavalieri superano Gozzano parlando tra loro

Dame e cavalieri - i più bei nomi della nobiltà subalpina -, quelli che oggi sopravvivono soltanto nelle tele delle pareti, vengono, vanno, ridono, parlano con le loro labbra di carne ... Ma "la bela madamin" dov'è? Dov'è il delicato fantasma delle mie allucinazioni?

Due dame superano Gozzano e si avvicinano alla bianca tenda sul fondo

DAMA - È un amore, vedrai!

Le dame scostano la tenda. Appare Maria Carolina nella sua "toilette de la mariée ", tra le cameriere in ginocchio ad acconciarla. Specchi ne riflettono l'immagine

GOZZANO - Maria Carolina è una visione abbagliante di neve e d'argento.

Carolina ha sul capo un ciuffo di penne bianche. Il viso è truccato di bianco con la "cerussa ". La veste è di raso splendente, dal "guardinfante" mostruoso. Bianche le scarpette, il ventaglio e le ghirlande. In tanto candore spicca il rosso delle labbra e delle gote, il nero degli occhi e dei sopraccigli

DAME - Ravissante!

Un rève!

Vraiement un rève! ..

Maria Carolina ha il volto di Silvia. Grida di folla; qualche canto frammisto; suoni di strumenti antichi; un brusio che cresce e poi di colpo scompare

GOZZANO - Poco più di un anno dopo le nozze, a diciannove anni non ancora compiuti, la bela Carolin moriva a Dresda ...

Forte, la canzone, adesso cantata dalla Bela Carolin

CAROLIN - "Tuché-rnen po' la man, me cari sitadin.
Per vive che mi viva vedrò mai pi Turin!" ....

Gozzano tossisce fino allo spasimo. Si porta alla bocca un fazzoletto. Sulla tenda appare una grande macchia di sangue

Buio

 

SCENA XXXIII

COME IN UN RITRATTO

Le marcette della vittoria di Gorizia italiana. Sull'affievolirsi dei suoni esterni, entra Amalia accompagnata da Dogliotti, ormai padre Silvestro

PADRE SILVESTRO - Ho pena anch'io. E comprendo la sua tristezza di non avere, come ultimo ricordo dell'amico, che il rimpianto di non essergli vicina. Ma adesso, ormai, lui sente che Dio gli è accanto. Ormai il suo sogno è la semplicità e la pace ... Non deve essere distratto da presenze che gli suscitino momenti del passato ... ben diversi dai cieli nuovi di quest'ora che sta vivendo, nella più potente emozione, forse, della sua vita.

Amalia tace, umiliata

PADRE SILVESTRO - Il suo desiderio è che vengano distrutte certe poesie ... che oggi non scriverebbe più. E noi lo faremo ... per rispettare la sua volontà, e lasciarlo andare dinanzi al suo Signore con il cuore puro...

 

Amalia è stremata. Accenna appena un saluto e viene avanti, in proscenio

Padre Silvestro se ne va

VOCE DI GOZZANO, CHIARA - L'immagine di me voglio che sia
sempre ventenne, come in un ritratto ...

Splendente di giovinezza appare Gozzano. La canzone della Bela Carolin si alza limpida e forte. Gozzano raggiunge Amalia e la prende giocosamente sottobraccio, in un passo di danza. Appare la Bela Carolin e si unisce ai due. Danzano tutti e tre in girotondo, scendono fra il pubblico, invitano tutti a ballare

Fine

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