Nel mettere in scena “Caracciolo – dramma in commedia” di Maricla Boggio, l’ho sentito come un testo ispirato, intenso, dove la parola restituisce la tragicità e gli orrori della Rivoluzione Partenopea e squarcia il velo di oblìo a cui il tempo l’aveva relegata.
I protagonisti, vittime e carnefici, tornano a gridarci le loro ragioni in un susseguirsi rapido di eventi. Molti personaggi di valore credettero nella lotta per un cambiamento che migliorasse le condizioni di vita del popolo, ma il popolo in gran parte non capì le scelte di chi lo voleva sottrarre alla miseria, alle ingiustizie, allo sfruttamento dei suoi governanti e ancora una volta si schierò dalla parte degli oppressori la storia si ripete, spesso dimenticando gli errori del passato.
E’ un testo, aquesto sull’ammiraglio Caracciolo, che nel ducentenario della Rivoluzione Partenopea può aiutarci a non dimenticare. I personaggi del “dramma in commedia” ci danno il polso di quel periodo e fanno alzare il velo su di un mondo percorso da intrighi, vendette, antipatie, compromessi e ricatti, regole a tutt’oggi del potere.
Nel tracciare la linea aregistica dello spettacolo ho cercato di mettere in risalto la coralità del recitato intrecciandolo al canto, così da farne risaltare l’epicità. Ho dato spazio a toni che esprimevano le idealità e gli intenti di rinnovamento che animavano una rivoluzione stroncata sul nascere nel sangue attraverso meschine vendette e squallidi interessi.
Nella costruzione della messinscena ho scelto una cifra stilistica dove ogni elemento finalizzato allo spettacolo – costumi, scena, arredi, elementi delle azioni – venissero appena suggeriti, privilegiando la parola.
Il nero luttuoso che risalta nei costumi degli interpreti e il rosso prorompente – riferimento al sangue che segna tragicamente l’andamento della vicenda – assurgono a simboli del sacrificio scontato dai protagonisti per il riscatto e la libertà di tutti gli oppressi.