Abelardo Eloisa Eloim

storia d'amore e teologia

di Maricla Boggio


QUATTRO PERSONAGGI IN ABITI MEDIOEVALI.
CIASCUNO IN UN SUO LUOGO DEPUTATO - VETRATA, COLONNA, OGIVA, CELLA O ALTRO. OGNI PERSONAGGIO SI ALLONTANERÀ DAL SUO SPAZIO OGNI VOLTA CHE DOVRÀ DIRIGERSI VERSO UN ALTRO LUOGO DEPUTATO, PER INCONTRARSI CON UN ALTRO PERSONAGGIO.
I PERSONAGGI RIMANGO IN SCENA ANCHE QUANDO NON PARLANO.

ABELARDO - Ego, Petrus Abaelardus...ratio super omnia...

ELOISA - Et ego Heloissa super omnia... amor. Sed sicut Abaelardus...
pro mentis delectatione...ratio...

BERNARDO - Dei gratia ego Bernardus Claraevallis vocatus abbas...
super omnia... fides...
Excessum mentis exaltamus...

ABELARDO - Assidua seu frequens interrogatio...
Dubitando enim ad inquisitionem venimus...
Inquirendo veritatem percipimus...

BERNARDO - Ante faciem frìgoris huius, quis sustinebit?
Humilitas sola via ad Deum!

PIETRO IL VENERABILE - Ego Petrus Cluniacensis abbas...
charitas! charitas et pax inter vos
in nomine Domini!
Scitis quia ego diligo vos!

Ero appena adolescente
quando per la prima volta sentii parlare di te, Eloisa; non eri ancora celebre per la tua pietà di monaca,
ma tutti già ti lodavano per la tua bravura di studiosa.
In quegli anni...

A TRATTI, MUSICHE E CANTI D'AMORE.

...io sentivo parlare di una donna che
pur legata al mondo - cosa davvero eccezionale -,
si dava tutta allo studio delle lettere e alla filosofia
senza che niente - nè i desideri del mondo
nè le sue vanità e i suoi piaceri -
potessero distoglierla da questo impegno...
Tutto il mondo ne rifuggiva,
intorpidito da una meschina indifferenza;
non le donne soltanto, anche gli uomini.
Tu invece, Eloisa, per questa passione straordinaria
hai superato tutte le donne e gli uomini quasi tutti.
Poi hai cambiato in meglio i tuoi studi:
hai scelto il Vangelo invece della logica,
Cristo invece di Platone. Queste mie parole,
carissima sorella nel Signore, non sono
parole di adulazione: io voglio soltanto
esortarti a perseverare nel bene, per te
e per le tue compagne che servono il Signore
insieme a te e a te sono state affidate.
Tu devi bruciare e far luce come una lampada.
Rimpiango che tu non sia a Cluny, con noi!
Ma se Dio ci ha negato questa gioia,
non ci ha negato il piacere di avere qui
l'uomo che ti appartiene, questo vero filosofo di Cristo,
il maestro Pietro Abelardo, che la divina provvidenza
nei suoi ultimi anni ha condotto a Cluny
come un dono più prezioso dell'oro e del topazio.
Tutto il convento concorda nel testimoniarne la santità, l'umiltà e la devozione. Leggeva di continuo e pregava spesso;
non rompeva mai il silenzio; parlava soltanto
se un monaco si rivolgeva a lui per averne risposte
che solo Abelardo poteva dare...
Così lo colse l'arrivo del visitatore di cui parla il Vangelo
e lo trovò sveglio, non addormentato
come succede alla maggior parte degli uomini...
Sorella venerabile e carissima nel Signore,
colui al quale tu fosti prima unita nella carne,
poi legata con un nodo tanto più saldo quanto più perfetto
era il legame della carità divina, colui con il quale
e sotto il quale tu hai servito il Signore,
Cristo ora lo tiene fra le sue braccia al tuo posto
e come un'altra te stessa te lo custodisce
perchè alla venuta del Signore,
in mezzo alla voce dell'Arcangelo
e al suono della tromba di Dio
per grazia sua ti sia restituito.

UN ROSONE A VETRATA.
MUSICA Di CHIESA, CANTI DI MONACI.
BERNARDO È INTENTO ALLE SUE RIFLESSIONI.
DALLA MADONNA TRAE FORZA E ISPIRAZIONE PER OGNI SUO RAGIONAMENTO.

BERNARDO - Vergine, rispondi all'Angelo;
rispondendo a lui rispondi a Dio.
In cambio della tua parola umana,
ricevi la parola divina.
Perchè questa incertezza? Hai paura?
Se nel silenzio è bella la modestia,
nella parola occorre la pietà.
Apri il cuore alla fede, al consenso la bocca,
il tuo grembo al Creatore. Con fede
preparati a quanto Dio ti ha chiesto.
E la Vergine allora "Eccomi - dice -. Sono la serva del Signore.
Sia fatta in me la tua parola".

" Una goccia d'acqua cade nel vino e si dissolve;
prende il sapore del vino, il suo colore...
Dentro alla fiamma il ferro si arroventa; simile al fuoco
perde la sua forma...
L'aria attraversata dal sole si trasforma in quella chiarità,
diventa luce...
In noi ogni affetto può dissolversi, trasfondersi nella volontà di Dio...
Niente di umano deve rimanere
nell'uomo, perchè Dio sia in lui...
Resterà certo la sostanza, ma in altra forma,
con altra potenza...Questo vuol dire diventare Dio".
...
Io mi abbandono quindi a te, mio Dio.
Tu mi farai comprendere i misteri
della grazia, annullando i miei limiti
per identificarmi tutto in te.

UNA COLONNA.
ABELARDO E' INTENTO A UNA LEZIONE.

ABELARDO - Amici, studenti!
e voi tutti che siete assetati di verità!
Io Abelardo vi porto la filosofia nella sua libertà
e nel suo significato umano!
Qual è lo scopo della vita? La ricerca, l'esigenza della ricerca.
La necessità di risolvere in motivi razionali
ogni verità che sia o voglia essere tale per ciascuno di noi;
la necessità di affrontare con le armi del ragionamento
tutti i problemi per portarli sul piano di una effettiva
comprensione umana. La fede! Si può avere fede
in ciò che non si può capire? E' una fede
legata alle parole, una fede
priva di sostanza spirituale e umana.
La fede è atto di vita!, è intelligenza
di ciò che si crede! All'intendere dunque
devono essere protese tutte le forze che l'uomo possiede.
E la ricerca è un continuo interrogarsi...
"Assidua seu frequens interrogatio"...
Essa muove dal dubbio
perchè soltanto il dubbio promuove la ricerca
e solo la ricerca conduce alla verità...
"Dubitando enim ad inquisitionem venimus,
inquirendo veritatem percipimus".
I risultati della ricerca... non sono poi lo scopo principale
- c'è sempre Dio, alla fine, a sorreggerci -,
ma è la ricerca in sè...
la ricerca come metodo...
la ricerca come risveglio filosofico!

UN ROSONE A VETRATA.
MUSICA DI CHIESA. CANTODI MONACI.
BERNARDO È ASSORTO; IL CONTRASTO TRA L'AUTORITÀ DELLA CHIESA COME POSIZIONE DELLA MISTICA E IL PREDOMINIO DELLA RAGIONE COME METODO DELLA SCOLASTICA SI STA PONENDO IN TUTTA LA SUA PROBLEMATICITÀ.

BERNARDO - Il prevalere della ricerca conferisce alla ragione
la preminenza sull'autorità. Turpe curiosità
il desiderio di conoscere! Loquacità piene di vento
le discussioni filosofiche! La mia filosofia,
la più sublime è questa: conoscere Gesù
e la sua crocifissione! E' inutile la ricerca razionale!

ABELARDO SI AVVICINA A BERNARDO.

ABELARDO - Finchè la ragione rimane nascosta,
basti l'autorità. C'è un principio
tramandato dai filosofi: non bisogna contraddire
ciò che sembra vero a tutti quanti gli uomini,
o alla maggioranza, o ai sapienti. Ma quando
la ragione ha modo di accertare da sè la verità,
tutti sappiamo che non è necessario il giudizio dell'autorità in ciò che può essere discusso
con la ragione!

BERNARDO - E dimmi! La ragione umana è misura sufficiente
per intendere le cose divine?

ABELARDO - Per intenderle no. Per indagarle...

BERNARDO - Che cosa ti sei dunque ripromesso
a proposito della Trinità?

ABELARDO - Ti riferisci al mio libro?

BERNARDO - Al tuo libro sull'Unità e Trinità divina.

ABELARDO - L'ho scritto per loro, per i miei studenti soprattutto.
Anche in campo teologico i giovani
cercano argomenti umani
e vogliono più ragionamenti che parole.
Tu vivi in convento, Bernardo.
Ma chi è nel mondo vuol capire.
E' sciocco pronunciare parole
di cui non si capisce il senso!
Non si può credere se non ciò che si intende!
E' ridicolo predicare ad altri
quanto non riesci tu stesso a capire!
Non si può credere se non ciò che si intende!

BERNARDO - La Trinità divina! Dimmi la tua interpretazione!
Nel pieno rispetto della Chiesa, della sua autorità
io devo valutare che cosa vai dicendo ai giovani!
E' pericoloso tutto questo tuo ragionare, Abelardo!

ABELARDO - Placa il tuo animo. Pensa a quanto già prima
dell'avvento di Cristo i filosofi
abbiano intuito della grandezza di Dio
e del suo rapporto con il mondo creato
e con la creatura in cui Dio si specchiò...

BERNARDO - I filosofi! Il tuo paganesimo
comincia dalla stima che ne hai,
al punto da confonderli
con le Sacre Scritture!

ABELARDO - Ci sono delle forti analogie...

VIA VIA CHE ABELARDO SI ADDENTRA NEL SUO RAGIONAMENTO, DIMENTICA DI PARLARE CON BERNARDO; CIO' CHE VA DICENDO APPARTIENE AL SUO MODO DI ESPORRE IL SUO PENSIERO SUL PIANO FILOSOFICO.

Platone e i neoplatonici sono in sostanza in accordo
con la rivelazione cristiana...Anche i filosofi pagani,
anche loro!, hanno riconosciuto la Trinità!
Essi hanno ammesso che l'Intelligenza divina è nata da Dio,
ed è coeterna a lui. Questi filosofi
hanno considerato l'anima del mondo
come una terza persona, che procede da Dio
ed è la vita e la salvezza del mondo. Platone
ha riconosciuto esplicitamente lo Spirito Santo
come l'anima del mondo e quasi la vita del tutto!
E' nella bontà divina che tutto in qualche modo vive!
Ogni cosa è viva e nessuna è morta in Dio.

BERNARDO - Non c'è umiltà in ciò che vai dicendo.
Eppure è l'umiltà l'unica via
che può condurre alla verità;
l'umiltà è la virtù per la quale
l'uomo, conoscendosi veramente,
si umilia di fronte a se stesso,
e con cuore purificato dai vizi
e libero dal peccato può ammirare
la maestà divina! Questa contemplazione
al suo grado supremo si fa estasi...
excessus mentis...E' in questa contemplazione
che Dio scende nell'anima dell'uomo
e l'anima si unisce con Dio...
Ma tu... tu ragioni! Vuoi spiegare a modo tuo!
E quanto affermi della Trinità
rasenta l'eresia se già non vi si trova avvolta!

ABELARDO - Padre Figlio e Spirito Santo...
Non credo di offendere la Trinità
volendo attribuire alle Persone
i loro specifici attributi. E te lo spiegherò,
perchè sono convinto che non possa derivarne che bene
se noi lodiamo Dio vedendone ogni aspetto,
come di un cristallo che riluca, gemma preziosissima,
su ciascuno dei lati, pur restando uno solo.

BERNARDO - Grazia e libero arbitrio
sono per me gli unici concetti
a cui io voglia rivolgere la mente
in forma filosofica. Altro non so.
Ma poichè tu hai voluto toccare
il tema della Santa Trinità,
descrivi il tuo pensiero; altri,
non io, potranno giudicare...

ABELARDO - La distinzione delle tre persone
- già lo dissi - è fondata
sulla distinzione degli attributi.
Col nome del Padre si indica la potenza:
la maestà divina può fare tutto ciò che vuole.
Col nome del Figlio - o Verbo - si designa
la sapienza di Dio: egli può conoscere tutto
e in nessun modo può essere ingannato.
Col nome dello Spirito Santo si esprime
la carità: Dio vuole che tutto sia disposto
nel miglior modo e indirizzato al miglior fine.
Il Figlio è generato dal Padre, ed è della stessa sostanza
del Padre perchè la sapienza è una determinata potenza
mentre lo Spirito procede dal Padre e dal Figlio.

BERNARDO - Attento Abelardo! Tu riduci il Padre
a onnipotenza, a semi-potenza il Figlio,
e nessuna potenza dai allo Spirito Santo!
Non salvi la sostanza delle tre persone,
ridotte in pratica a momenti della vita divina!

ABELARDO - Io voglio mettere in risalto l'esigenza
della ricerca filosofica!

BERNARDO - Ma la fede! Dalla fede devi partire!

ABELARDO - Io parto dalla fede, ma poi dalla fede
mi stacco; la ricerca è pura,
come i numeri, nè buoni nè cattivi!
Come spiegarti, Bernardo, questa autonomia
del pensiero che resta fuori dal peccato,
e rispetta soltanto la ricerca, termine ultimo,
ricerca come tale, fine a se stessa, impulso
divino della mente!

BERNARDO - In queste tue affermazioni
io vedo un pericolo grave per la Chiesa.
Quando eri un maestro di filosofia,
potevi esprimerti liberamente. Ora
devi adeguarti all'ortodossia voluta dalle gerarchie.
Ma voglio darti ancora una possibilità.
Descrivi l'unità delle persone divine.

ABELARDO - Come posso spiegarti meglio che con un esempio...
che prenderò dall'ermeneutica: la grammatica
distingue tre persone, quella che parla,
l'altra alla quale si parla e la terza della quale si parla:
sono tre, ma puoi attribuirle allo stesso soggetto.
La prima persona è il fondamento delle altre,
perchè dove non c'è nessuno che parla,
non c'è neppure nessuno al quale si parla
e nessuno di cui si parla. Inoltre
la terza persona dipende dalle altre due,
perchè soltanto fra due persone che parlano
si può parlare di una terza persona. Vedete,
vedi come in tutto questo vi sia l'immagine
dell'unità divina: anche in essa infatti
la seconda persona - quella a cui si parla -
presuppone la prima, e la terza persona
non può prescindere dalle prime due....
E come un solo e stesso uomo
può essere prima, seconda e terza persona grammaticale, senza che queste tre persone
si confondano e si annullino,
così in Dio la stessa essenza può essere le tre persone, senza che queste tre persone
si identifichino l'una con l'altra!

BERNARDO - Vanità del pensiero filosofico! Vanità
di poter tutto ricondurre alla superbia
del ragionamento! Ancora sei intriso
di ambizione. Non ti è bastata la sorte
che hai avuto, tragicamente e di questo mi dolgo...
Sei nella Chiesa, ormai, e devi sottometterti....
Ti porteremo dinanzi a un concilio.

ABELARDO SI ALLONTANA, TORNANDO NEL SUO SPAZIO.

ABELARDO - Indissero una sorta di misera riunione,
un convegnuccio, cui diedero nome di concilio...
"Noi non prendiamo la ragione umana
in nessuna considerazione...
e neppure le tue opinioni personali...
ma soltanto le parole dell'Autorità".
Avevo fra le mani il libro "De Trinitate" di Agostino;
lo aprii dove si legge: 'Chi ritiene Dio tanto potente
da essersi generato da solo, si sbaglia. Non esiste nessuna cosa che si generi da sola". Mi avevano chiesto
soltanto le parole di un'autorità, non il significato,
quindi non dovevo spiegare niente.
Ma ero circondato da nemici, e questi convinsero
il Legato del Papa a condannare il mio libro
e a farlo bruciare, subito, lì, davanti a tutti!
Senza alcuna discussione il libro
venne gettato tra le fiamme. Ma tra loro
i vescovi e il Legato tornarono a discutere,
e ognuno aveva una diversa concezione
della potenza, dell'onnipotenza, della derivazione
e della relazione...Finchè l'arcivescovo infuriato
non si alzò per gridare "Onnipotente è il Padre,
onnipotente il Figlio, onnipotente lo Spirito Santo!".
Poi non contenti ancora mi umiliarono, portandomi
scritta la pagina della professione della fede,
come si fa per un bambino che non sappia
ciò che deve dire. Piansi bruciando di vergogna,
e più volte nel mio cuore gridai "Gesù dov'eri?".
Soffrivo per il danno alla mia fama,
alla mia dignità, più di quando mi avevano colpito
nel corpo...Da allora, sì, erano cominciate
le mie disgrazie. E tutto mi tornava alla memoria
e tutto io volevo raccontare a un amico,
che mi desse sollievo con la pietà del suo ascolto...

ABELARDO E' SCHIANTATO DAI RICORDI.

Avevo sempre avuto orrore dei bordelli,
e poichè mi ero dedicato soltanto allo studio
per la scuola, nella ricerca che fa chiara la mente,
mi era impossibile frequentare donne di famiglia nobile,
e neppure quelle del popolo.
Ma c'era nell'aria un presagio d'amore.
Come una musica mi arrivò alle orecchie
e infiammò di sogni i miei pensieri...

UN'OGIVA ALABASTRINA.

CANTO - Si vive solo
quando si vive in gioia...
Altro vivere
non si deve chiamar vita...

Tant es sos cors gais
et isnens e complits de bellas colors
c'anc de rosier no nasuet flors plus fresca
ni de nuills brondeus....

ELOISA - Gioia...la giovinezza?...
Quale sarà domani la mia vita
che per ora è un succedersi di giorni
colmi di pensieri filosofici...
La mente mi spinge
a cercare il segreto dell'eternità.
Tralascio le incombenze quotidiane
e mi rivolgo a Dio; eppure
avverto in un brivido
il passare del tempo.
Vivo senza conoscere
ciò che viene chiamato sentimento,
tranne per quanto affermano
le dottrine dei sapienti.
Confusamente a tratti
avverto l'esigenza di un respiro
che mi riporti al corpo, alla terra...
alla gioiosa mia natura di donna...

CANTO - Gaio il viso...
Agile il corpo...
Non nasce una rosa...
da un rosaio...più fresca...
nè da altro cespuglio...

Aitant ses plus viu hom
quam viu jauzens,
c'autre viure nos deu vid'appellar...

 

ELOISA CERCA DENTRO DI SE' LA DIMENSIONE SCONOSCIUTA.
LA ROSA CHE NASCE E SI DISCHIUDE E' LEI STESSA.

ELOISA - Più conoscerò, più sarò vicina a Dio.
Ma si conosce con la mente solo?
Vive ogni parte in me di vita propria
intelligente, il volto che mi avvampa, i capelli
e il cuore nei suoi battiti...
L'aria mi sfiora e ne provo esultanza
come a pensiero afferrato d'un tratto.
E' Dio che ama: uno slancio d'amore
che spira nelle cose e fa sbocciare e colorir le rose...

ABELARDO - Viveva in Parisi una fanciulla,
Eloisa di nome, nipote di un canonico,
Fulberto, che l'adorava e l'aveva educata
istruendola in ogni disciplina.
Era bella d'aspetto, ma splendida
per la profondità del suo sapere di lettere
e di scienza così raro nelle donne
che a lei adolescente
aveva dato gran fama in tutto il regno...
Così seppi di lei e decisi di farla innamorare.
Mi ero già fatto un nome, ed eccellevo
per gioventù e bellezza, tanto da non temere il rifiuto
di nessuna che ritenessi degna d'amore.
Studiai il modo per avvicinare Eloisa
e intrecciare con lei rapporti quotidiani e familiari,
in modo da indurla a cedermi con maggior facilità...
Mi feci presentare a suo zio e gli chiesi di ospitarmi
a casa sua, pagando quello che mi avrebbe chiesto.
La scuola dove avrei insegnato era vicina;
per questo - gli dissi - volevo abitare da lui.
Fulberto era avido, e aveva l'ambizione
che la nipote diventasse ancor più meritevole
per la sua conoscenza delle lettere; mi accolse quindi
con entusiasmo e mi affidò Eloisa, perchè
appena fossi stato libero dagli impegni della scuola
di giorno e anche di notte la istruissi
con tutti i mezzi che volevo: e se fosse stata negligente, avrei potuto costringerla perfino con la forza; mi stupì
la sua ingenuità non meno che se avesse affidato
ad un lupo famelico una tenera agnella.
Così ci trovammo uniti nella stessa casa
e poi anche nei cuori, tutti e due...

ELOISA E' PRESA DALLA VEEMENZA DEL SENTIMENTO RIVISSUTO.

ELOISA - Tu avevi due cose specialmente
che attraevano l'animo delle donne...
Il tuo modo di parlare e la dolcezza con cui cantavi...
qualità che di solito i filosofi non possiedono.
Quasi per riposarti dalla fatica degli esercizi filosofici
hai composto tante poesie e tante canzoni d'amore
che venivano poi cantate dappertutto...

SI EFFONDE NELL'ARIA UNA MUSICA ACCOMPAGNATA DA UN CANTO.

CANTO - "Aurora lucifer praeit, sed sequitur...
Aurora fidei lux intelligitur..."

ELOISA - Le donne sospiravano d'amore
per la bellezza delle tue canzoni...
E poichè le canzoni cantavano il nostro amore,
io ero invidiata da molte...

CANTO - "Plena meridie lux solis radiat...
Plenusque calor est quo mundus aestuat...."

ELOISA - Eri così giovane, bello, intelligente...
In te ho cercato e amato solo te, Dio
mi è testimone. Ho desiderato te,
non le tue ricchezze, e non la tua fama...

ABELARDO - Con la scusa di studiare avevamo tutto il tempo
per amarci, e lo studio ci permetteva di godere
quella solitudine che l'amore sempre desidera.

ELOISA - Chiare meditazioni, compagne della mia giovinezza,
altri pensieri adesso vi scacciano dal vostro posto privilegiato
e questi pensieri nuovi io li amo
come le mie antiche meditazioni filosofiche...
forse di più...ancora non me ne sono resa conto...
Pensieri sconosciuti prima, appena il vostro nome
mi sale alle labbra, le sento bruciare
quasi non sapessero più esprimersi in parole...

ABELARDO - Aprivamo i libri, ma si parlava più d'amore
che di filosofia; erano più i baci che le spiegazioni.
Le mie mani non sfogliavano le pagine,
ma correvano al suo seno. L'amore
si rifletteva nei nostri occhi più sovente
che non la lettura...E la picchiavo, certe volte,
per amore; non per ira o sdegno che non si applicasse
allo studio...Erano colpi
che superavano in soavità
qualunque carezza o profumo.

ELOISA - Io non volevo soddisfare la mia volontà
e il mio piacere, ma te e il tuo piacere...

ABELARDO - Ma le parole sono inutili. Noi eravamo come pazzi
e se in amore si può inventare qualcosa di nuovo,
noi lo inventammo. e il piacere che provavamo
era tanto più grande, perchè prima
non lo avevamo mai conosciuto, e non ci stancavamo
mai. Era così evidente il nostro amore, anche quando
eravamo in mezzo agli altri, per gli sguardi,
il tremore del nostro respiro...

ELOISA - Non la mia volontà e il mio piacere,
ma te e il tuo piacere...
te...e il tuo piacere...

ABELARDO - Così evidente era il nostro amore,
che alla fine se ne accorse anche Fulberto,
l'ultimo dopo gli amici, dopo gli studenti
a rendersene conto, tanto si era fidato di noi,
del mio ruolo di maestro e del pudore di Eloisa...
Ci separò, e più grande fu la nostra sofferenza.
Ma la separazione dei corpi non fece altro
che avvicinare ancora di più i nostri cuori.
E l'impossibilità stessa di soddisfare il nostro amore
lo infiammava ancora di più! Sapevamo
che lo scandalo non si poteva cancellare,
questo ci rendeva insensibili allo scandalo.
Il senso di colpa era piccolo perchè grande
era stato il piacere del possesso
l'uno dell'altra...

ELOISA - Aspetto un figlio. Tuo!

ABELARDO - Me lo scrisse, poco tempo dopo.
Era piena di gioia, eccitata...

ELOISA - Il nostro amore segreto...
presto tutti lo conosceranno.

ABELARDO - Studiammo un piano insieme.
Una notte di nascosto dalla casa di Fulberto
la portai lontano, da mia sorella.

ABELARDO SI RIVOLGE A ELOISA.

Starai qui, finchè nascerà nostro figlio.
E poi ritorneremo insieme...

ELOISA - Altro non chiedo che te. Aspettarti
sarà dolce...E dopo...saremo ancora più felici...

ABELARDO AVVOLGE ELOISA IN UN MANTELLO E LA TRASCINA VIA.
ELOISA È DI NUOVO NEL SUO SPAZIO.

ELOISA - Fulberto era come impazzito
per il dolore della mia fuga...

ABELARDO - Quanto fosse grande il suo dolore,
da quale vergogna fosse afflitto
nessuno può capirlo se non avendone passata l'esperienza.
Se Fulberto mi avesse ucciso
o fiaccato in qualche parte del corpo,
temeva la vendetta di qualcuno dei miei
sulla dilettissima nipote; nè poteva catturarmi con la forza
- io stavo in guardia, perchè sapevo che se avesse potuto
non avrebbe esitato ad aggredirmi -. Alla fine,
mosso a compassione della sua smodata ansietà,
accusandomi con veemenza dell'inganno messo in atto per amore,
come se si trattasse del più grave tradimento, andai da lui promettendogli qualunque riparazione avesse chiesto.
Non sarebbe parso strano quanto era successo
a chi avesse provato la forza dell'amore, o almeno
a chi ricordasse a quale rovina le donne
fin dall'inizio del mondo avessero tratto gli uomini più grandi.
Per meglio calmarlo al di là delle sue speranze,
mi dichiarai disposto a sposare quella che avevo corrotto,
a patto che ciò avvenisse in segreto,
per non averne detrimento alla mia fama.
Acconsentì e suggellò l'accordo con baci di tradimento.
Subito ritornai dalla mia amante,
per farla moglie. Ma Eloisa non voleva saperne...

ELOISA -
Anche se vuoi ignorare quanto il matrimonio
sia d'ostacolo agli studi di filosofia,
rifletti onestamente su che tipo di rapporto
dovresti fondare la tua vita.
Che cosa hanno in comune le lezioni agli studenti
con le serve di casa? le riunioni degli scrittori con la culla?
Che rapporto fra i libri ed i mestoli, fra le penne ed i fusi?
Chi è intento alle meditazioni filosofiche,
chi sta cercando di arrivare ad un concetto, come potrebbe
sopportare i bambini che frignano, le nenie delle balie
che tentano di calmarli, la turba ingovernabile dei domestici,
uomini e donne ? E chi mai riuscirà a tollerare
quella sporcizia, quella puzza dei neonati repellente e persistente?
Anche Seneca diceva:"Non puoi dedicarti alla filosofia
solo se non hai niente da fare. Bisogna lasciare ogni cosa
per dedicarsi unicamente ad essa. Trascurarla,
anche per un attimo soltanto,
è come abbandonarla del tutto: appena ti distrai
non ti rimane più niente". E poi, solo amore
voglio che mi leghi a te, nessun vincolo,
nessun matrimonio. E se dovremo rimanere separati
per qualche tempo, più grande sarà, dopo,
la gioia di stare insieme, proprio perchè rara...

ABELARDO - Ma io non desistevo dalla mia decisione,
che Eloisa chiamava "pazza". E allora
finì per rassegnarsi, abbandonata al pianto
tra sospiri disperati,
non avendo il coraggio
di opporsi ancora al mio volere...

ELOISA - Non ci rimane che perderci l'un l'altro,
e ne verrà dolore più di quanto
non abbiamo avuto prima amore.

ABELARDO - Ci incontrammo di notte in una chiesa;
restammo in ginocchio a pregare, vicini,
di fronte a Dio. All'alba arrivò Fulberto
e pochi amici, venuti in segreto.
Ci unimmo in matrimonio. Ma dalla chiesa
uscimmo separati, perchè nessuno sapesse
di quel rito; andammo a vivere lontano
l'uno dall'altra; da allora ci vedemmo di rado
e di nascosto, tenendo per noi soli
quello che avevamo fatto. Fulberto invece
cominciò a divulgare la notizia matrimonio;
lo faceva per cancellare il disonore,
ma così tradiva il giuramento.
Ed Eloisa, con ostinazione, per conservarmi intatta la fama
di filosofo, giurava e spergiurava...

ELOISA - E' falso! Falso Falso! Non c'è mai stato matrimonio!

ABELARDO - Erano liti continue con Fulberto. Torturata,
angosciata, Eloisa insisteva nei giuramenti...

ELOISA - Come riuscire a convincervi
che non ci siamo mai sposati?!

ABELARDO - Era un tormento, la vita di Eloisa.
La portai nell'abbazia di Argenteuil.

UNA MUSICA DI CHIESA. CANTO DI MONACHE.

Indossò la veste monastica...

ELOISA INDOSSA UN ABITO NERO SOPRA LA VESTE CHIARA.

eccetto il velo...E Fulberto
si sentì beffato: come se mettendo Eloisa
in monastero, volessi sbarazzarmi di lei.
Corruppe un mio servo: quello che mi era il più fedele
per denaro mi tradì.
Dei sicari pagati da Fulberto
mentre dormivo mi recisero
quella parte del corpo con cui avevo commesso
l'ingiuria da cui il canonico si sentiva disonorato.

In questo stato di prostrazione e di confusione,
più per vergogna che per vera vocazione - lo riconosco -
decisi di cercar rifugio nel segreto del chiostro;
prima però Eloisa...

ELOISA È ATTENTA ALLE PAROLE DI ABELARDO;
ESEGUIRÀ QUANTO LUI VA DESCRIVENDO.

...per mio comando, spontaneamente
prese il velo ed entrò in monastero.
Così entrambi nello stesso tempo vestimmo
l'abito sacro, io nell'abbazia di Saint Denis,
lei nel convento di Argenteuil
dove già si trovava...
Molti - mi ricordo - avevano compassione di Eloisa
perchè era giovanissima, e invano
cercarono di trattenerla dall'accettare
il giogo della vita monastica
come fosse una pena intollerabile.
Ma Eloisa tra lacrime e singhiozzi
andava ripetendo il famoso lamento
di Cornelia, la giovane moglie di Pompeo,
che Cesare aveva sconfitto...

ELOISA - "...O mio nobile sposo, quale diritto aveva
la fortuna su di un uomo grande come te?
Perchè fui così malvagia da sposarti,
se queste nozze dovevano portarti alla rovina?
Ora accetta che spontaneamente
io ne soffra le pene".

"O maxime coniux!
O thalamis indigne meis, hoc juris habebat
in tantum fortuna caput? Cur impia nupsi,
si miserum factura fui? nunc accipe poenas
sed quas sponte luam".

ABELARDO - Riusciva con quei versi di tragedia
a dominare la sua tremenda sofferenza;
e con queste parole sulle labbra
rapida si avvicinò all'altare,
subito prese il velo benedetto
e davanti a tutti si legò
alla vita monastica.

ELOISA SI ALLONTANA TORNANDO AL SUO SPAZIO.

A poco a poco ritornai ai miei studi.
La ferita del corpo si era risanata,
ed io mi sentivo come liberato
dal peso delle passioni, che prima erano state
la mia gioia; vedevo lo studio in una luce nuova,
volevo dedicarmi ad esso
non più per denaro o avidità di lodi;
ora sarebbe stato per amore di Dio.
Mi dedicai alle pagine sacre, ma non lasciai del tutto
la filosofia che gli studenti con frequenza mi chiedevano;
e proprio di questa mi servii come di un amo
per attrarli allo studio della teologia.
Perfino il fondamento della nostra fede
lo analizzai con il metodo analogico.
Per gli allievi, adottando questo metodo, composi
il trattato sull'unità e trinità di Dio.
Ma quel trattato mi portò alla condanna
che mi ha gettato nella disperazione.
Ed ora cerco di rialzarmene
ricordando la mia vita tutta quanta.
"Sappiamo che tutto si risolve in bene per chi ama Dio".
Ma il convento dove vivo è pieno di pericoli.
L'invidia dei monaci è arrivata al punto
da mettermi il veleno nel vino della messa...

COME IN UN CERCHIO L'INIZIO E LA FINE DELLA STORIA SI SONO RICONGIUNTI.
DA QUESTO MOMENTO SI SVILUPPA IL COLLOQUIO TRA ABELARDO ED ELOISA.
ELOISA MOSTRA UN'INTENSA TREPIDAZIONE, FACENDOSI RAPPRESENTANTE ANCHE DELLE SUE MONACHE; PUO' COSI' MANIFESTARE QUELL'AMORE CHE A LEI COME AMANTE NON E' PIU' CONSENTITO.

ELOISA - Domino suo immo patri, coniugi suo immo fratri,
ancilla sua immo filia, ipsius uxor immo soror...
Al suo signore anzi padre, al suo sposo anzi fratello,
alla sua serva anzi figlia, e sua moglie anzi sorella,
ad Abelardo Eloisa.
O mio dilettissimo...
Sono convinta che nessuno
potrebbe leggere o ascoltare
la storia della tua vita senza piangere.
E in me le tue parole hanno rinnovato
gli antichi dolori tanto più quanto più crudi e precisi
ne hai descritto i particolari; ma soprattutto
mi preoccupa di saperti ancora in pericolo...
Noi tutte, monache di questo convento,
siamo in ansia per la tua vita
e dentro il nostro cuore trepidiamo,
temendo da un momento all'altro
di venire a sapere che sei stato assassinato...
Così nel nome del Cristo che finora
in qualche modo ti ha protetto,
ti scongiuriamo di farci sapere
almeno attraverso una lettera dei pericoli
in cui come in un naufragio ti dibatti.
Noi siamo tutto quanto ti rimane al mondo,
e vogliamo dividere con te dolori e gioie...
Qualsiasi cosa a noi tu scriva,
ci recherai sempre un non piccolo conforto,
perchè almeno capiremo che non ci hai dimenticate...
Quale gioia si provi nel ricevere lettere dagli amici lontani
ce lo dimostra Seneca scrivendo all'amico Lucilio:
"Ogni volta che ricevo una tua lettera - dice -
mi sembra di essere ancora con te...". E grazie a Dio
tu puoi darci almeno questa gioia; nessuno
ti proibisce di scriverci, niente te lo impedisce...
Ti sei sacrificato per i tuoi studenti...
hai sofferto per i tuoi nemici...Che cosa
devi dare allora a noi monache, tue figlie?
Anche a voler trascurare le altre tutte,
pensa quanto sei debitore a me: loro
si sono consacrate a Dio, io invece
mi sono consacrata a te...

ELOISA TORNA AD ESPRIMERE IL SENTIMENTO ESCLUSIVO E PASSIONALE CHE ANCORA PROVA PER ABELARDO, E CHE FINORA HA TENUTO A FRENO.

Come solo tu puoi farmi soffrire,
così tu solo puoi rendermi serena
e consolarmi. E' un tuo dovere!,
non ti ho ubbidito sempre
con fervore, non ho sempre fatto
tutto quanto mi dicevi di fare?
Non potendo oppormi in nessun modo a te,
non ho neppure esitato a un tuo comando
a perdere me stessa per sempre.
E sono andata anche più in là.
Ero talmente pazza d'amore
che ho rinunciato perfino a te:
ho rinunciato all'uomo che amavo
senza alcuna speranza di poterlo un giorno riavere!
Una tua parola è stata sufficiente
perchè con la veste mutassi anche il cuore;
e così ho voluto dimostrarti che eri tu
l'unico padrone non solo del mio corpo
ma anche dell'anima mia.

ABELARDO TACE. POI MORMORA QUALCHE PAROLA.

ABELARDO - Sono diventato monaco anch'io,
ed ora mi sento tuo fratello.
Ma tu, non hai pace.

ELOISA - In te ho cercato e amato solo te,
Dio mi è testimone; ho desiderato te,
non i tuoi beni o le tue ricchezze.
Non miravo a farmi sposare
nè a farmi mantenere; non volevo
soddisfare la mia volontà e il mio piacere,
ma te e il tuo piacere, tu lo sai.
E anche se il nome di sposa
può parere più sacro e più valido,
io per te preferivo essere un'amica
o se non ti offendi, un'amante...
o una sgualdrina.
Di fronte a te mi sarei annullata;
mi bastava il tuo amore, solo
il tuo amore e sarei vissuta
all'ombra della tua grandezza.
E adesso, io ti amo ancora più che mai.
E soffro...soffro atrocemente di non essere
amata, chiusa in questo convento
secondo quanto soltanto tu hai deciso.

ABELARDO - Dio ha voluto così.
Perchè ritornassimo a lui.

ELOISA - Come sono fredde le tue parole!
Quando si è spento il desiderio,
si sono dileguati tutti i segni dell'affetto
con cui cercavi di mascherare le tue vere intenzioni.

ABELARDO - La passione che ci trascinava al peccato
non era amore. Con te sfrenavo
la mia lussuria; questo era quanto amavo di te.

ELOISA - Io non volevo soddisfare la mia volontà
e il mio piacere, ma te e il tuo piacere.
Rispondimi! ti prego, rispondimi!
Altrimenti sarò costretta a dire
quello che penso...I sensi, non l'affetto
ti tenevano legato a me!

ABELARDO - Accetta, ti prego, sorella, accetta con rassegnazione
questo colpo che ci ha inferto la misericordia di Dio:
ha ferito il corpo per guarire l'anima;
ha punito una volta per non punire per sempre,
mi ha liberato dall'ardore di una passione
da cui ero soffocato. Ma il tuo animo
tentato dalle passioni della giovinezza
Dio lo ha destinato alla corona del martirio.

ELOISA - Mi sono chiusa in convento,
ho accettato di sacrificare la mia giovinezza
non per vocazione - tu lo sai - ma soltanto
per ubbidire ad un tuo ordine preciso.
Non mi aspettavo ricompense da Dio;
non voglio la corona del martirio perchè so
che per amore di Dio non ho fatto proprio niente!
Quando ho deciso di entrare in convento,
ti ho seguito, anzi ti ho preceduto: sei stato tu
a volere che mi legassi a Dio prendendo i voti
prima di te. Adesso posso dirtelo:
io non avrei esitato un attimo a precederti
o a seguirti anche nelle profondità infuocate della terra,
se fossi stato tu a ordinarmelo. Dio
mi è testimone, il mio cuore non era più con me,
era con te, e anche adesso è con te,
senza di te non può stare...
Finchè io godevo con te il piacere
dei nostri corpi congiunti, qualcuno poteva domandarsi
se io lo facessi per amore o per soddisfare la mia sensualità.
Ma il risultato ultimo di tutto dimostra quale fosse in realtà il mio sentimento fin dall'inizio della nostra storia.
Io ho rinunciato a qualunque forma di piacere
per ubbidire alla tua volontà. Per me non ho tenuto
niente, se non la possibilità di essere tua,
soltanto tua...
I piaceri dell'amore che abbiamo conosciuto insieme
sono stati tanto dolci che io non posso
nè odiarli nè dimenticarli.
Dovunque vada, li ho sempre davanti agli occhi
e il desiderio che suscitano in me non mi abbandona mai.
Anche quando dormo, le loro immagini
mi vengono davanti ad ingannarmi e mi perseguitano.
Perfino durante la solennità della Messa,
quando la preghiera dovrebbe essere più pura,
i fantasmi tormentosi di quelle gioie
si impadroniscono della mia anima,
e io non posso fare nient'altro che abbandonarmi ad essi,
e non riesco neppure a pregare...
Invece di piangere, pentita per quello che ho fatto
- come tu vorresti -, sospiro rimpiangendo
quello che ho perduto. E davanti agli occhi
ho sempre te e quanto abbiamo fatto, e perfino
i luoghi precisi dove ci siamo amati, i momenti
in cui siamo stati insieme...E mi sembra
di essere ancora lì con te a fare le stesse cose...
E neppure quando dormo riesco ad aver tregua...
E delle volte da un sussulto del mio corpo...
o da una parola che non sono riuscita a trattenere,
tutti capiscono a che cosa sto pensando...Allora
mi sento così disgraziata! e grido anch'io
come Paolo l'Apostolo: "Oh! mia infelicità!
Chi mi libererà da questo corpo di morte?"...

ELOISA CADE A TERRA.

ABELARDO - "Judica me Deus et discerne causam meam
de gente non sancta... ab homine
iniquo et doloso erue me..."

ELOISA - Per tutta la vita ho temuto
più di offendere te che di offendere Dio,
e Dio lo sa. Un tuo ordine, e non la voce di Dio,
mi ha indotta a entrare in convento. Per te soltanto,
per il tuo comando, ho accettato. Sono colpevole,
ma sono anche innocente, tu lo sai bene;
ho imparato da te - per questo sei stato condannato -
che la colpa non sta nelle conseguenze del gesto,
ma nell'intenzione di chi lo compie: la giustizia
valuta non l'atto in sè ma il pensiero che ha ispirato l'atto.
E a questo punto solo tu che li hai provati
puoi giudicare e valutare i sentimenti che ho nutrito per te.
Rimetto tutto al tuo esame, mi rimetto completamente a te.

ABElARDO - Se davvero, come dici, vuoi soltanto piacermi
in tutto e per tutto, allora non lamentarti più,
altrimenti non mi potrai piacere nè raggiungere
con me l'eterna beatitudine.

ELOISA DÀ UN GEMITO.

E' stato giusto quanto ci è successo.
Voglio dimostrartelo; così forse darò sollievo
all'amarezza del tuo dolore.
Poco dopo il nostro matrimonio ti avevo portato al monastero
perchè a casa non potevamo più incontrarci.
Sono venuto a trovarti in segreto.
E ti ricordi, sì?, a quali eccessi
mi sia lasciato andare con te
in quell'angolo del refettorio...

ELOISA - Non avevamo nessun altro posto dove andare
e ti desideravo!

ABELARDO - La nostra mancanza di pudore, quella volta,
non ha avuto rispetto neppure per un luogo sacro!
Era la mia passione sfrenata a trascinare
i nostri corpi. Nessun rispetto per Dio
mi impediva di rotolarmi in quel fango...

ELOISA - L'amore! Solo l'amore
mi legava a te!

ABELARDO - Qualche volta tu, presa dal pudore, non volevi,
cercavi di dissuadermi come potevi,
dato che eri la più debole...Io allora ti minacciavo,
ti costringevo perfino picchiandoti!
Ormai ti desideravo con tanto ardore
che per soddisfare quella mia oscena e misera sensualità
avevo dimenticato tutto...e Dio...e me stesso. Per salvarmi,
nella sua clemenza Dio non poteva far altro che impedirmi
per sempre, senza speranza, di godere quei piaceri.

ELOISA - Il desiderio che suscitano in me
non mi lascia mai...mai...mai...

ABELARDO - Dio ci ha unito con l'indissolubile legge
del sacramento nuziale. Ha voluto così perchè uniti
potessimo meglio ritornare a lui. Se questa unione
non fosse stata consacrata, tu certo, dopo il mio distacco
dal mondo, nel mondo saresti rimasta
per le pressioni dei tuoi parenti o per il desiderio
di vivere in mezzo alle sue attrattive...oh!,
non ti saresti salvata. Ora invece puoi offrire a Dio
il frutto dell'intelligenza che lui ti ha concesso,
e che rischiavi di gettar via. Noi siamo una sola persona
in Cristo, una sola carne, niente di ciò che è tuo
mi è estraneo, e tuo è Cristo perchè sei la sua sposa.
Per questo ho fiducia nella tua intercessione presso Dio;
fin dall'inizio della tua vita ha indicato che saresti stata sua attraverso il presagio del tuo nome: tu ti chiami Eloisa,
cioè divina, secondo il nome che è proprio di Dio, Eloim.
Sei tu che puoi aiutarmi in un momento per me tanto grave.

ELOISA HA UN TRASALIMENTO; L'ANTICA UNIONE RIAPPARE NELLE PAROLE DI ABELARDO; MA E' APPENA UN ATTIMO.

Persevera nelle tue preghiere, non stancarti mai,
perchè sai che così bisogna fare e che così facendo
si fa cosa gradita a colui che si invoca. Ascolta, ti prego,
con l'orecchio del cuore quello che spesso hai ascoltato
con l'orecchio del corpo. Una buona moglie
- sta scritto nei Proverbi - è un premio per il marito",
e Paolo dice : "Lo sposo senza fede
è santificato dalla sposa che crede"...
Io non sono più con te e le tue monache,
ma ho tanto più bisogno del conforto
delle vostre preghiere quanto più gravi
sono i pericoli da cui sono minacciato.
"Non abbandonarmi, mio Signore e Padre,
Signore della mia vita, affinchè io non cada
davanti ai miei avversari,
e non rida di me il mio nemico".

ABELARDO RIMANE ASSORTO IN PREGHIERA.
ELOISA CONTINUA LE PAROLE DI ABELARDO.
UN CORO DI MONACHE SUSSURRA LE STESSE PAROLE.

ELOISA - Dio, che per mezzo del tuo umile servo
ti sei degnato di riunire nel tuo nome
queste povere ancelle, proteggi Abelardo,
ti preghiamo, da tutte le avversità
e rendilo alle tue umili suore.
Per nostro Signore che vive e regna
in unione con il Padre e lo Spirito Santo...

UN CANTO DI CHIESA.
BERNARDO STA SFOGLIANDO UN GROSSO LIBRO.

BERNARDO - "Se tuo fratello mancherà nei tuoi riguardi,
correggilo da solo a solo. Se poi
non ti ascolta, chiama testimoni;
infine, se neppure così ti ascolta,
riferiscilo alla Chiesa": farò così,
altro non mi resta ormai con Abelardo.
L'ambizione lo induce a confrontarsi
con la Chiesa ostentando quella scienza
che io non possiedo certamente; ma lui
insiste e i suoi sostenitori si aspettano
una disputa teologica fondata sulla filosofia.
E' il metodo seguito da Abelardo che non accetto:
osa discutere, Abelardo, della morale e dei dogmi;
Vuole lo scontro; vi andrò, ma senza prepararmi.
Dice il Salmo: "Il Signore è con me, non ho timore;
che cosa mai potrà farmi l'uomo?".
Lui porterà la sua filosofia e i suoi studenti,
io la Chiesa e i suoi padri.

PRENDE IN MANO UN FOGLIO SCRITTO.

Questo per il vescovo di Palestrina...

LO SCORRE VELOCEMENTE .

"...Che Pietro Abelardo sia un persecutore
della fede cattolica, un nemico della croce di Cristo,
lo provano la sua vita, il suo comportamento
e i suoi libri che vengono in luce dalle tenebre.
Si mostra monaco alla superficie, ma eretico nell'intimo,
e in realtà non ha niente del monaco,
tranne il nome e l'abito. E' uscito dalla sua tana
il serpente tortuoso e, come l'idra,
decapitato di una testa altre sette gli sono spuntate.
La prima delle sue eresie fu data al rogo al concilio
di Soissons; da allora ne sono emerse sette
e ancor di più, ne ho l'elenco e ve lo mando..."

BERNARDO METTE DA PARTE IL FOGLIO.
NE PRENDE UN ALTRO, LO SCORRE.

E questo, ai cardinali della curia e ai vescovi.

...."Si deride la fede dei cuori semplici...
Si frugano i misteri di Dio...Si agitano
temerarie proposte sugli argomenti più elevati...
Così l'ingegno umano si impadronisce di tutto,
non riservando più niente alla fede...e quanto
non trova spiegabile per sè, lo considera
niente e sdegna di credervi. Leggete,
se credete, il libro di Pietro Abelardo
"Della teologia" e vedete che cosa vi si dice
della Santa Trinità, della generazione del Figlio
e del procedere dello Spirito Santo...Leggete
anche l'altro suo libro "Conosci te stesso"
e rendetevi conto di come consideri l'anima di Cristo,
la persona di Cristo, la discesa di Cristo agli inferi...
e il peccato originale...l'atto stesso del peccare
e la volontà di peccare..."

BERNARDO SI ACCINGE A SCRIVERE UNA LETTERA.

Adesso, al papa, con le tesi incriminate...

"A papa Innocenzo, affettuosissimo padre e signore,
Bernardo, noto come abate di Clairvaux,
per quel poco che vale.
Fra tutti i generi di nemici da cui è circondata
la Chiesa di Dio 'come il giglio fra le spine',
nessuna circostanza è più pericolosa
e più molesta di quando essa è squarciata
all'interno da quelli che contiene nel suo grembo
e nutre del suo seno. Nessuna peste
è più capace di nuocere di un familiare
divenuto nemico. Da un po' di tempo
si discute sulle virtù e sui vizi
ma non secondo la morale; sui sacramenti
ma non secondo la fede, sul mistero della Santa Trinità
ma senza semplicità e senza discrezione, ed è Pietro
Abelardo l'autore di tali teorie; il nostro teologo
stabilisce gradi e scale alla Santa Trinità
e ne esclude Cristo fatto uomo,
antepone il libero arbitrio alla grazia...
E con tutte queste cose si gloria di aver aperto
ai cardinali e agli uomini di chiesa
le fonti della scienza...O padre amatissimo,
bada tu a difendere la Chiesa, non far mancare
il tuo aiuto nel pericolo...Molte delle tesi di Abelardo
riportano errori manifesti, anche la fede comune
riuscirebbe a confutarli. Tuttavia ne ho raccolte alcune
e ve le trasmetto...."

BERNARDO ASSUME IL TONO DEL DIFENSORE DELLA FEDE.
MENTRE BERNARDO ENUNCIA LE TESI INCRIMINATE, ABELARDO ASCOLTA CON ATTENZIONE.

"Quod Pater sit plena potentia, Filius quaedam potentia,
Spiritus Sanctus nulla potentia":
Che il Padre sarebbe piena potenza, il Figlio
una certa potenza, lo Spirito Santo nessuna potenza.

"Quod Spiritus Sanctus non sit de substantia
Patris aut Filii":
Che lo Spirito Santo non sarebbe
della sostanza del Padre o del Figlio.

"Quod Spiritus Sanctus sit anima mundi":
Che lo Spirito Santo sarebbe l'anima del mondo.

"Quod Christus non assumpsit carnem ut nos
a jugo diaboli liberaret":
Che il Cristo non ha assunto la carne
per liberarci dal giogo del diavolo.

"Quod liberum arbitrium per se sufficiat
ad aliquod bonum":
Che il libero arbitrio sarebbe sufficiente di per sè
a produrre un qualche bene.

"Quod non contraximus culpam ex Adam,
sed poenam tantum":
Che non abbiamo ereditato la colpa da Adamo,
ma solo la pena.

"Quod potestas ligandi atque solvendi apostolis
tantum data sit, non etiam successoribus eorum":
Che il potere di legare o di scioglierè stato dato
solo agli apostoli, non anche ai loro successori.

ABELARDO IN PREDA ALLO STUPORE.
INFINE PROROMPE CON INDIGNAZIONE.

ABELARDO - Non credevo di essere chiamato qui
in veste di accusato! Io stesso
avevo sollecitato l'attenzione
dei cardinali e dei vescovi
per dimostrare la mia buona fede!
Lo dimostra la presenza di tanti miei studenti,
che aspettano di ascoltare una discussione
in termini di filosofia!...

BERNARDO RIPRENDE L'ENUMERAZIONE DELLE TESI.

BERNARDO - "Quod in Christo non fuerit spiritus timoris Domini".
"Quod propter opera nec melior nec peior
efficiatur homo".
"Quod Deus nec debeat nec possit mala impedire".
"Quod anima Christi per se non descendit ad inferos,
sed per potentiam tantum".

BERNARDO SI RIVOLGE AD ABELARDO.

Pietro Abelardo, tu vedi Dio come quando
si guarda il sole dietro un vetro appannato...
Il concilio di Sens è riunito per giudicarti
al solo scopo di preservare la Chiesa ed i suoi figli
dalle eresie e dalle falsità che più volte
nel corso dei secoli hanno funestato
la santità e la purezza della religione.
Le tue tesi mettono in pericolo la potestà della Chiesa.
Non si può permettere alla gente
di decidere secondo la ragione!
Discolpati, se ne sei capace.

ABELARDO - Ogni contrasto può essere sanato
se accettate il mio metodo di indagine.
"Intelligo ut credam", capisco per credere,
questo per rispetto all'infinita sapienza di Dio;
questo come principio di ogni cosa: anche la fede
non può prescindere da ciò.

BERNARDO - La Chiesa ti chiede la professione di fede, Abelardo!
Ti chiede di recitare il "Credo"
per dimostrare la tua fede.

ABELARDO - Sono qui per discutere.
Io stesso ho voluto questo incontro.
Vi dimostrerò la saldezza del mio pensiero!

BERNARDO - Il concilio vuole che ti discolpi, Abelardo.
Se non lo farai, i tuoi libri verranno bruciati!


ABELARDO - Io non accetto di essere considerato
un colpevole che deve discolparsi.
Non mi difenderò. Non dirò più una sola parola.
Bruciate i miei libri. Il mio pensiero,
non lo cambierò!

BERNARDO GETTA I LIBRI DI ABELARDO IN UN BRACIERE ACCESO E SE NE VA. IMPASSIBILE, ABELARDO ASSISTE AL ROGO DEI SUOI LIBRI.

Non mi resta che tentare
di convincere il papa. Andrò a Roma,
da Innocenzo!... Se veramente, come credo,
è lui che rappresenta Cristo in terra,
capirà ogni tesi contestata, saprà
che il mio cuore è tutto per la Chiesa...

ABELARDO RAGGIUNGE PIETRO IL VENERABILE RACCOLTO IN PREGHIERA.

PIETRO - Nelle lotte del mondo, nei contrasti
che in nome tuo si creano, lasciaci,
Dio, in questo luogo di preghiera,
raccolti nel pensiero di te...

ABELARDO SI INGINOCCHIA ACCANTO A PIETRO.

ABELARDO - Pietro, venerabile abate,
datemi la vostra benedizione.
Mi sono fermato da voi sulla strada
del mio viaggio verso Roma.

PIETRO - Conosco i vostri casi, Abelardo.
Il dolore della vostra condizione umana
e la condanna che vi ha colpito.

ABELARDO - Il papa sarà il mio giudice.
Voglio andare a Roma per mostrargli
i miei scritti. Sono sicuro della sua giustizia.

PIETRO - Affidarsi al papa è un eccesso di fiducia.
Farò io stesso in modo, se volete, di spiegare a Innocenzo
le vostre ragioni e di rendere Bernardo non più rivale,
ma mite e amico verso di voi.

ABELARDO - Io non voglio più guerra. Sono stanco.
Stanco e deluso. Fermarmi. Riposare.
Lontano dalle lotte, questo vorrei.
Vi prego Pietro, trovatemi un rifugio!

PIETRO - Resta con noi!
I giovani amano il tuo pensiero.

ABELARDO - E allora, accetto. Vi chiedo soltanto
di poter stare in un luogo
il più possibile isolato dal mondo.

PIETRO - Tu stesso sceglierai dove abitare
e i discepoli che vorrai insieme a te.

ABELARDO SE NE VA.
PIETRO IL VENERABILE SCRIVE UNA LETTERA.

"Al sommo pontefice,
nostro padre e signore, papa Innocenzo,
frate Pietro umile abate di Cluny,
ubbidienza e amore.
Maestro Pietro Abelardo, perfettamente noto, mi sembra,
alla vostra sapienza, è passato di recente da Cluny.
Ci disse che, stanco per le vessazioni di taluni
che volevano farlo passare per eretico
- cosa di cui aveva orrore -, si era appellato alla maestà apostolica
e voleva rifugiarsi sotto le sue ali. Abbiamo lodato
il suo proposito e l'abbiamo consigliato di raggiungere
senz'altro il nostro rifugio che accoglie tutti.
La giustizia apostolica - gli dicemmo - non ha mai abbandonato
nessuno, fosse anche uno straniero o un pellegrino,
e certo non l'avrebbe lasciato solo. Gli abbiamo anche promesso
che vi avrebbe trovato misericordia, se ce ne fosse stato bisogno.
Proprio in quel momento sopraggiunse l'abate di Citeaux,
che si trattenne a discutere con noi e con Abelardo sulla possibilità
di arrivare ad una pacificazione tra lui e Bernardo di Clairvaux,
contro il quale si era appellato. Anche noi ci adoperammo
a metter pace ed esortammo Abelardo a recarsi a Clairvaux
insieme con l'abate. Così fu fatto; vi andò, tornò
e al suo ritorno riferì che grazie all'intervento dell'abate di Citeaux,
messi da parte i rancori di un tempo, si era rappacificato
con Bernardo."

ELOISA NELLA SUA CELLA LEGGE UNA LETTERA.

ELOISA - "Ivit...rediit...cum domino Claravallensi,
mediante Cysterciensi, sopitis prioribus querelis,
se pacifice convenisse, reversus retulit...". Oh! Dio mio
ti ringrazio! Abelardo è finalmente in pace con Bernardo!
Pietro il Venerabile ha compreso la grandezza di Abelardo,
la sua ingenuità, lo spirito che pur amando
la Chiesa vede al di là del tempo...e l'ha riunito a Bernardo
che per santità lo contrastava...

PIETRO - "In virtù dei nostri consigli, ma soprattutto
per ispirazione di Dio, Abelardo manifestò
il desiderio di dimenticare i tumulti delle scuole
e degli studi e di fissare per sempre la sua dimora
nella vostra Cluny. Noi, pensando che questo
conveniva alla sua vecchiaia, alla sua stanchezza
e alla sua professione religiosa, acconsentimmo
al suo desiderio, in considerazione anche del fatto
che la sua scienza, che a voi sommo pontefice
non è del tutto sconosciuta,
potrebbe giovare alla moltitudine dei nostri fratelli..."

ABELARDO TIENE UNA LETTERA FRA LE MANI.
LA VOCE DI ELOISA SI ALZA NITIDA E ALTERA, MODELLATA DA UNA INTENSA PIETÀ, DA UNA DIGNITÀ NUOVA .

ELOISA - Al Signore come creatura, a te come donna.
Io non voglio che tu possa accusarmi di averti disubbidito
in qualcosa, e perciò ho deciso di porre un freno,
come tu volevi, al libero sfogo del mio dolore.
Mi sono imposta di mantenere il silenzio,
almeno quando ti scrivo, su tutti quegli argomenti
che mi sarebbe difficile, anzi impossibile,
evitare se potessi parlarti di persona.
Niente è così poco in nostro potere come i sentimenti;
ad essi siamo costretti a obbedire, non possiamo comandarli.
Quando le passioni ci tormentano, nessuno
è in grado di reprimerne gli impulsi improvvisi
o di impedire che balzino fuori trasformandosi rapidi
in gesti, in azioni...e sgorghino ancora più facilmente
in parole perchè, com'è scritto,

"è la pienezza del cuore che fa parlare la bocca"...
"Ex abundantia enim cordis os loquitur".

Tu puoi ancora recare conforto al mio dolore,
anche se ti è impossibile liberarmene completamente...
Come piantando un chiodo se ne scaccia un altro,
così un pensiero nuovo cancella il precedente
e lo spirito, impegnato in qualcosa di diverso,
è costretto ad abbandonare il ricordo delle cose passate,
o almeno a metterle un poco da parte...
E allora, assieme alle sorelle del mio convento,
di cui sono madre, umilmente chiedo
alla tua bontà di padre di spiegarci
su che cosa si fondi la nostra professione monastica...
Ma ti supplico, fammi dono della tua presenza,
per ragionarne insieme...
A noi tutte, ancelle di Cristo e tue figlie in Cristo,
fai dono della tua presenza!...

ELOISA TIENE UNA LETTERA FRA LE MANI.

ABELARDO - Sorella carissima, Eloisa...
un tempo a me cara nel mondo,
oggi ben più cara nel Cristo...
io non voglio essere un filosofo,
se per questo è necessario
che mi separi da Cristo.
Adoro Cristo che regna alla destra del Padre.
Lo stringo con le braccia della fede
quando compie divinamente opere gloriose
nel seno di una Vergine
per mezzo dello Spirito Santo.
E perchè ogni trepida preoccupazione
sia bandita dal tuo cuore
ascolta quello che sto per dirti.
Io ho fondato la mia coscienza
sulla pietra della chiesa del Cristo.
E ti dirò quello che è scritto su quella pietra.

ELOISA DÀ UN GRIDO.

ELOISA - La professione di fede!
Non ha voluto farla davanti a Bernardo!
E adesso la manda a me!

ELOISA SI INGINOCCHIA MENTRE ABELARDO PRONUNCIA IL "CREDO".

ABELARDO - "Credo in unum Deum, Patrem omnipotentem,
factorem caeli et terrae, visibilium
omnium, et invisibilium.
Et in unum Dominum, Jesum Christum,
Filium Dei unigenitum. Et ex Patre natum
ante omnia saecula. Deum de Deo, lumen
de lumine, Deum Verum de Deo vero.
Genitum, non factum, consubstantialem Patri:
per quem omnia facta sunt. Qui propter nos homines,
et propter nostram salutem descendit de caelis.
Et incarnatus est de Spiritu Sancto ex MariaVirgine:
et homo factus est. Crucifixus etiam pro nobis...
Et in Spiritum Sanctum, Dominum, et vivificantem:
qui ex Patre Filioque procedit. Qui cum Patre,
et Filio simul adoratur, et conglorificatur:
qui locutus est per Prophetas...
Credo nel battesimo, nella penitenza
e nella resurrezione della carne...".
A te, Eloisa, questo atto di fede.
Ormai non posso dirti altro.
Vivi nell'amore del Cristo.
Forse un giorno saremo uniti in cielo,
nell'estasi dell'amore ritrovato...

VOCI DI MONACHE - "Credo in unum Deum......

ABELARDO SI AVVICINA A ELOISA; E' UN'ANIMA NELL'UNIONE DEI PENSIERO.

ABELARDO - Pungi un occhio e ne uscirà una lacrima...
Pungi il cuore e otterrai l'intelligenza...
Anche tu purifica il tuo ingegno,
un giorno potrai attingere dalle tue fonti l'acqua viva.

ELOISA - L'acqua viva...

ABELARDO - Se hai accolto in te la parola di Dio,
vi sarà in te una fonte d'acqua
che zampilla nella vita eterna.

ELOISA - La vita eterna...
Uniti...nell'amore ritrovato...

ABELARDO - Addio nel Signore, ancella del Signore,
un tempo a me cara nel mondo,
ora carissima in Cristo:
mia sposa allora secondo la carne,
ora sorella secondo lo spirito
e compagna nella vita religiosa.

CANTO DI MONACI.
ABELARDO INDOSSA SULLA VESTE UN TELO CANDIDO; È ILLUMINATO DI INTENSISSIMA LUCE. ELOISA RADIOSA E VESTITA DI BIANCO CORRE FINO A LUI.

ELOISA - Dio, tu ci hai uniti. Tu ci hai separati.
Riunisci in cielo con te per sempre
quelli che si sono tanto amati!

BUIO.
QUANDO LA LUCE RITORNA, I PERSONAGGI SONO DI NUOVO NELLA POSIZIONE DI INIZIO.
PIETRO IL VENERABILE SI RIVOLGE A ELOISA.

PIETRO - Voglio mostrarti quanto amore
in cuor mio io nutra per te nel Signore.
A voler essere sincero, non è soltanto adesso
che mi accorgo di volerti bene;
ricordo di volerti bene da molto tempo.
Ero appena adolescente, quando sentii parlare
di te per la prima volta: non eri ancora celebre
per la tua pietà religiosa, ma tutti già lodavano
la tua bravura di studiosa. In quegli anni.
io sentivo dire che c'era una donna che,
pur essendo ancora legata al mondo
- cosa veramente eccezionale -, si dava tutta
allo studio delle lettere e della filosofia
senza che niente, nè i desideri del mondo
nè le sue vanità nè i suoi piaceri,
potessero distoglierla dallo studio...
Così, mentre tutto il mondo ne rifuggiva,
intorpidito da una meschina indifferenza
non dico soltanto presso le donne,
ma anche presso gli uomini, tu
per questa tua passione eccezionale
hai superato le donne e gli uomini quasi tutti.
Poi hai cambiato in meglio i tuoi studi:
hai scelto il Vangelo invece della logica,
Cristo invece di Platone. Queste mie parole,
carissima sorella nel Signore, non sono
parole di adulazione: io voglio soltanto
esortarti a perseverare nel bene, per te
e per le tue compagne che servono il Signore
insieme a te e a te sono state affidate.
Tu devi bruciare e far luce come una lampada.
Rimpiango che tu non sia a Cluny, con noi!
Ma se Dio ci ha negato questa gioia,
non ci ha negato il piacere di avere qui
l'uomo che ti appartiene. Tutto il convento
concorda nel testimoniare la santità, l'umiltà
e la devozione con cui egli visse qui tra noi.
Leggeva di continuo e pregava spesso;
non rompeva mai il silenzio, a meno che qualche monaco
non si rivolgesse a lui per una risposta illuminante.
Così lo colse l'arrivo del visitatore di cui parla
il Vangelo e lo trovò sveglio e non addormentato,
come succede ai più...Sorella veerabile e carissima
nel Signore, colui al quale tu fossti prima unita nella carne,
poi legata con un nodo tanto più saldo quanto più perfetto
era il legame della carità divina, colui con il quale
e sotto il quale tu hai servito il Signore, Cristo
ora lo tiene nel suo seno al tuo posto e come un'altra
te stessa te lo custodisce affinchè alla venuta del Signore,
in mezzo alla voce dell'Arcangelo e al suono della tromba
di Dio che scende dal cielo, per grazia sua ti sia restituito.

LA RAPPRESENTAZIONE POTREBBE CONTINUARE, DAL RACCONTO DI PIETRO RICOMINCIANDO E CONTINUANDO IN UNA INFINITA RIPROPOSIZIONE.

F I N E

indietro

 z