Di Ennio Coltorti avevamo già avuto modo di parlare a proposito del suo splendido allestimento di www.teatro.org/spettacoli/recensioni/cartesio_e_pascal_12929"Cartesio e Pascal di Jean-Claude Brisville. Coltorti continua a sperimentare liberamente in questo piccolo (di dimensioni) spazio, Stanze segrete (del quale, dopo gli applausi finali, si ferma per raccontarci storia e perché) con la messinscena di testi, in mani altrui forse ostici, non di immediato gradimento, che, grazie alla sua regia, alla recitazione sua e di chi sceglie di avere accanto (stavolta la brava e bella Gianna Paola Scaffidi e la giovane, e ancora un poco acerba, Glenda Canino) e, soprattutto, a una intelligenza e sensibilità scenica che non si può davvero capire se Coltorti non lo si è mai visto a teatro. Fatto sta che, una volta avvenuto l'incontro, si rimane tanto positivamente colpiti da volerlo frequentare assiduamente. Non lo diciamo per piaggeria. Cartesio e Pascal ha avuto un grande successo di pubblico, e Napoleone a Sant'Elena anch'esso di Brisville, ha avuto tanto successo che sarà ripreso al teatro dell'Orologio dal 26 gennaio dell'anno prossimo.
Questa volta Coltorti approccia Ritratto di Sartre da giovane un testo complesso nel suo continuo legame tra ricordo, citazione testuale e messinscena, di Maricla Boggio, autrice drammatica, critico teatrale, fondatrice con Dacia Maraini e Edith Bruck del Teatro femminista della Maddalena (potete leggere il testo sul suo sito online, cliccando "http://www.mariclaboggio.it/pagine/schede/sarte_testo.html"qui). Il testo di Boggio affronta Sartre à zero mettendo in scena, nella parentesi che va dalla sua malattia alla morte, evocate da Simone De Beuvoir, le sue vedute filosofiche, ma, anche, la passione per le donne (e per il sesso) che coltiverà sempre, anche da sposato (riscuotendo, anche non più giovane, successo tra le giovani donne), raccontando in lettere partecipi e sincere queste sue avventure alla moglie, che non ha per questo smesso di amare. Un percorso vertiginoso per la velocità con cui il testo si destreggia tra il teatro (Il diavolo e il buon dio), i romanzi (La nausea, Il muro), testi dei quali Simone e la dolce Sylvie, giovane amica di famiglia, leggono alcuni brani, ovvero ragionamenti e discorsi proferiti da Sartre stesso (cui Coltorti sa dare un ritratto talmente veritiero, senza ausilio di alcun trucco teatrale che, all'inizio, si stenta a riconoscere l'attore). Questo continuo rimando testuale è giocato con tutti i mezzi possibili, lettura diretta dei testi, finzione di Sartre che parla e ragiona, senza soluzione di continuità ,mentre il teatro viene sempre in soccorso, con una scena evocata dai testi, magari vista di trasparenza, dietro un fondale retro-illuminato, che mostra una silhouette, o una figura sfuggevole. Senza trascurare l'apporto delle musiche, sapientemente scelte, da Edith Piaf a Françoise Ardy, dal Jazz a Liò (che però è belga).
Possiamo così apprezzare le acute osservazioni di Sartre sull'amore: Tutto questo deriva dal fatto che “io” devo essere la condizione del sorgere del mondo, devo essere colui la cui funzione è di far esistere gli alberi e l’acqua …le città … i campi … e gli altri uomini, per poi donarli al partner, che li dispone in “mondo”; sul Teatro: In una commedia succede sempre qualcosa di urgente. Ci sono personaggi che arrivano, dicono “Buongiorno come va?”, e si sa che entro due o tre scene saranno intrappolati in una questione urgente, dalla quale con ogni probabilità usciranno malissimo: è una cosa che nella vita capita di rado. Invece non si può scrivere una commedia senza che sia urgenza mentre si delineano, oltre ai temi che tutti conosciamo, anche il rapporto speciale con le donne e quello unico con Simone (la quale, una volta morto Sartre, dirà: Ci separa la sua morte. La mia morte non ci riunirà. E’ così. Ed è già bello che le nostre due vite abbiano potuto tanto a lungo procedere all’unisono) o la splendida professione di laicità quando, alla domanda di Simone Il fatto di non credere in Dio vi ha dato qualche vantaggio? Sartre risponde: non ho bisogno di Dio per amare il mio prossimo. Voi ed io abbiamo vissuto senza preoccuparci di questo problema. Non credo che abbiamo dedicato molte conversazioni all’argomento (...) E tuttavia abbiamo vissuto... Abbiamo l’impressione di esserci interessati al nostro mondo, di aver cercato di capirlo....
Uno spettacolo che, al contempo ci fa vedere l'amore e i rapporti con gli altri da un ottica meno superficiale, e ci avvicina al mondo e al teatro, quello vero che affascina e non teme di affrontare argomenti difficili perché sa trattarli e restituirli con intelligenza, amore e rispetto, per la verità e per il pubblico.
Visto il 06/12/2009 a Roma (RM) Teatro: Stanze Segrete