Ragazza madre: già nella definizione c’è un giudizio su di una condizione che esce dalla norma della concezione tradizionale della famiglia. Talvolta subìta all’inizio per una trascuratezza colpevole dell’uomo, spesso accettata come una sfida o voluta per un’inconscia ricerca affettiva, essa propone come conseguenza una serie di comportamenti di tipo sociale, morale e giuridico, diversi dalla schematica dogmaticità del diritto di famiglia antiquato – appena adesso rimosso dalle sue abnormità più macroscopiche – e suggerisce possibilità di rapporti interpersonali nuovi.
Ancora oggi per la donna è difficile prendere decisioni che non la facciano dipendere dall’uomo e non ve la assoggettino.
Davanti alla scelta di avere un figlio senza essere sposata si scatenano negli “altri”, tutti i condizionamenti della morale perbenistica di stampo borghese, a rilevare, negativamente soltanto, la mancanza di quell’”uguaglianza” dello schema – padre madre e figli – che troppo spesso si abbrutisce in un aggregato utilitaristico e privo di amore.
Dalle ragazze madri viene la dimostrazione che è possibile vivere i rapporti tra le persone, senza che sia l’interesse economico o “infermieristico”, o da pensione-albergo, a tenere insieme gli individui. Lentamente gli interessi formalistici vengono meno e si privilegiano sempre di più i contenuti, i mutamenti veri, però, a quelli che si sviluppano nella mentalità della gente, sono lunghi: per le ragazze che hanno figli senza essere sposate, questa società per ora ha inventato soltanto qualche istituto, più bello e sanitariamente attrezzato.
Ma non si tratta soltanto di operare mutamenti collegati alle strutture economiche – che sono pure urgenti e necessari -, si tratta anche di affermare principi diversi da quelli strettamente patrimoniali, i quali troppo spesso condizionano i costumi, anche dove la gente non se ne rende conto.
Le differenze di classe contano relativamente in ogni storia dove un uomo abbandona una donna incinta, o non vuole riconoscere un figlio e lo lascia a carico della madre: giacchè questo atteggiamento + uno dei pochi elementi comuni alla vita della gente del sottoproletariato, del proletariato, della borghesia, dell’alta finanza. E’ un rapporto di subordinazione “di classe” tra la donna e l’uomo, nel quale la donna rappresenta sempre il ruolo inferiore rispetto a a quello maschile.
Nell’eliminazione di questa differenza di “classe” sta la possibilità di cambiare un mondo di padroni e di schiavi in una società di esseri umani liberi e ugualmente responsabili.



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