Olimpia de Gouges

PERSONAGGI

Maria Gouze, poi Olimpia De Gouges
Gouze Padre
Gouze Madre
Donnina in nero
Donnina in grigio
Donnina in viola
Il Duca
Aubry
Monaca ingenua
Monaca maliziosa
Monaca savia
Pierre
Mercante
Medico
Discepolo
Aiutante
Ceschina
Arlecchino
Colombina
Eularia
Scaramouche
Jacques
Gatto Tigrato
Zaira la Capra
Arlecchino Scimmiotto
Colomba
Filippo d’Orléans
Dama gemente
Jeannot il segretario
Voltaire
Madame Denis
Attrice per Irene
Attore per Alexis
Molé
Judith-Mirza
Antonio-Zamor
Un borghese parigino
Maria Antonietta
Dama Verde
Dama Viola
Robespierre

Contadini
Comici dell’arte
Attori
Popolani

In alcuni luoghi della Francia e a Parigi, prima e durante la Rivoluzione.

I - Il sibilo di una lama che fende l’aria e forse già la carne. L’ansimare di un respiro. Occhi spalancati. Narici protese e una bocca aperta, in un apparire e scomparire, per attimi che non consentono la nettezza della vista: tutto ingigantito, sullo sfondo. Un colare di sangue rosso, sprizzante, che scompare nel nulla. Un sussurro come una preghiera, un segreto da confidare.

VOCE SUSSURRATA Dicono che la testa mentre viene tagliata dalla lama...
viva per qualche attimo ancora...
e in quei momenti estremi...
ripercorra tutta la sua vita...
(Il sibilo e l’apparizione scompaiono. Torneranno fra una scena e l’altra, quando se ne avvertirà l’esigenza).

II - Macelleria a Montauban. 1764. Olimpia ha sedici anni. Intorno, animali scuoiati e sanguinanti. Le teste sono disposte sul banco, gli occhi semiaperti. Entra Olimpia. Una enorme pelle di montone le fa da mantello, bianco e soffice fra le mani tiene un gigantesco ventaglio di piume di fagiano. In testa ha una corona di penne dorate. Nella luce incerta sembra una regina.

OLIMPIA Erbina! Neretta! Bufalino! Mia dolce Piumetta!
(Prende la testa di un vitello tra le mani).
Vi amavo. Stavamo insieme sul prato.
Parlavamo.
Eravate i miei amici. Questa gente non sa che avete un’anima.
Io mi sono vestita di voi, per sentirmi parte di voi…
(Volteggia intorno, facendo roteare il mantello mentre agita il ventaglio).
Addio, amici, addio! ...
Il mio cuore vi accompagna. Avete avuto grazia!
(Entra il macellaio Gouze, padre di Olimpia, violento e autoritario).
GOUZE PADRE Stupida!
(Le strappa via il mantello).
Sempre questa tua maledetta manìa di giocare!
Se ti prendo un’altra volta, ti butto fuori di casa.
OLIMPIA Non mi toccate!
Voi fate delle vittime innocenti!
Sono creature come noi.
GOUZE PADRE Come vivresti, se non vendessi la mia carne?
Tua madre mi ha fatto un bel regalo
quando sei nata tu! Un bel regalo, proprio...
(Entra Gouze madre, una donna intristita).
GOUZE MADRE Lasciala stare, è ancora una bambina. Giocava...
GOUZE PADRE Una figlia mia non avrebbe la testa così in aria. Lavorerebbe in negozio. Si troverebbe un ragazzo da sposare... Ma questa qui... Una pazza visionaria, ecco cos’è.
GOUZE MADRE Sempre lo stesso discorso.
Quando è nata l’hai accettata. Adesso basta. Di fronte a lei, poi...
(Olimpia gli fa uno sberleffo sotto il naso. Gli butta in faccia le piume del ventaglio volteggiandogli intorno).
OLIMPIA Sono Olimpia la gran dama! Olimpia la nobile! La bellissima Olimpia!
E presto avrò il mio posto a Corte!
GOUZE MADRE Maria! Non metterti anche tu! Aiuta un po’ tuo padre...
Raccogli quelle piume... Vai a prendere i polli alla cascina,
sai che ce n’è bisogno, tra poco sarà pieno di gente.
(Tre donne del paese si profilano con le sporte in mano. Olimpia alza le spalle con una risata, si scrolla le piume che le stavano sul capo. Afferra una cesta e guizza fuori dal negozio).
OLIMPIA E non chiamatemi Maria! Io sono Olimpia. Questo non potete negarmelo. È il nome di mia madre, ed è un nome di cielo! È mio!
(Gouze padre squarta un bue. La madre spenna dei fagiani. Il coro delle donne spiega a raffica le sue battute velenose).
CORO
DONNINA IN NERO Sua madre era l’amante del Marchese!...
Maria è tale e quale. La giornata già si vede dal mattino.
(Si avvicina al banco dove il padre Gouze le dà un pacco di carne).
DONNINA IN GRIGIO Il padre vuole farla sposare appena trova qualcuno che la prenda.
Ma non è facile, Maria è una testa matta ...
(Va al banco per prendere il suo pacco).
DONNINA IN VIOLA Dite piuttosto che non ha timor di Dio.
L’hanno vista in campagna, l’altra sera all’imbrunire.
Appoggiata ad un albero, e il Duca sopra di lei che parevano accoppiati!
(Va al banco e prende una ghirlanda di salsicce).
DONNINA IN NERO Maria bastarda e sgualdrina! State attente ai vostri figli!...

III - Campagna. Un albero obliquo da un lato del campo. Olimpia si avvicina a dei contadini. Sporge loro delle monete.

OLIMPIA Vorrei potervi dare di più, ma è quanto mio padre ha stabilito.
CONTADINO È sempre qualche cosa. Ringrazio il cielo che ci siamo fatti il campo.
Terra nostra, da metterci quello che vogliamo.
Senza rendere conto al Duca, ché il resto della tenuta
è tutto suo.
(Raccoglie un viluppo di polli bianchi, sporgenti da un sacco, li porge ad Olimpia).
OLIMPIA E anche delle verdure. Quello che avete,
da portare alla locanda...
CONTADINO Ben poco. È passato il servo del Duca.
(Tira fuori delle verdure da una cesta).
Sono altri dieci soldi.
CONTADINA Allora è vero che sposerete il vecchio oste?
OLIMPIA (ride volteggiando, la cesta fra le mani). Sono una bastarda!
Non sono degna di un rispettabile vecchiaccio!
CONTADINA Attenta bambina! Sei più povera di noi.
Non hai nemmeno un padre che ti dia una mano...
(I contadini si allontanano tornando al lavoro).
OLIMPIA Mio padre quello vero lo ritroverò!
È a Parigi, ne sono sicura. Andrò a Parigi e diventerò ricca …
(Ondeggia dondolandosi mentre parla, fino ad appoggiarsi all’albero obliquo. Dietro vi si profila il Duca, che la afferra per le braccia. Olimpia fa uno strillo, riconosce il Duca, ride).
IL DUCA Sei più bella delle dame di corte, e certo sei più fresca.
(Olimpia si schermisce ridendo, tentando di sfuggire alla presa. Il Duca le accarezza il viso, con la possessività del padrone che palpeggia i suoi frutti).
Pelle vellutata ...
(La mano gli scorre più giù).
... collo di cigno ...
(La mano si introduce nel corsetto della ragazza).
... seni rotondi e sodi ... ma piccoli ... come pomi acerbi.
(Abbassa il viso fino al petto di Olimpia).
Se andrai a corte, ricordatelo,
devi metterci un poco di bambagia
per farlo più provocante, questo seno piccino.
(Afferra una manciata d’erba appena tagliata da un gran mucchio accanto, la infila nella scollatura di Olimpia. Accenna a un morso avido, leggero; la prende per la vita tenendola prigioniera, avvinta a lui lungo il tronco dell’albero).
OLIMPIA Il signor Duca dice «Se andrai a corte!». Ma io ci andrò, mi ci porterete voi ... È vero che mi porterete?
Me l’avete promesso...
(Lo circonda con le sue braccia, resistendogli e cedendogli al tempo stesso).
So che non mi sposerete, ma a Parigi avete promesso di portarmi.
In memoria di un amico ...
IL DUCA Il Marchese vostro padre aveva idee belle, generose. Scriveva.
Storie di personaggi antichi. Ha perso tutto quello che aveva.
Terre, castello, contadini. E se n’è andato. Del resto, non avrebbe potuto sposare vostra madre, che era la moglie del macellaio.
Da tanti anni non ne so più niente.
Se andassimo a Parigi, forse .. .
(Vezzeggia Olimpia, giocando con i suoi riccioli).
Ci vuoi proprio andare, a Parigi?
OLIMPIA Portatemi con voi, Duca! Se mi costringono a sposarmi, non potrò più scappare!
(Lo bacia frenetica, come un cucciolo in pericolo).
Sarò la vostra schiava. Mi insegnerete
come fanno l’amore le dame.
Metterò il seno finto se volete ...
(Il Duca ride).
IL DUCA Ero amico di tuo padre. Se avesse potuto prenderti con lui, oggi saresti una donna raffinata ...
Purtroppo per te non è stato così. E io
non sono un santo. Il Marchese
non si è comportato meglio di me con la tua mamma,
quando l’ha messa incinta.
(Olimpia si ritrae con un balzo).
OLIMPIA Un bambino no! Adesso non ho tempo.
Non mi voglio sposare, ma se fossi incinta dovrei farlo.
Sarebbe la vergogna.
IL DUCA Ma che sciocchina. Il Duca è uomo di mondo.
Non devi avere paura.
(La solleva tra le braccia portandola via).
Prima di tornare a casa, fermati un poco da me,
poi ti riporterò in carrozza...
(I contadini raccolgono le ceste con frutta e verdura).
CONTADINO Il Duca è generoso quando parla ...
Giustizia. Uguaglianza. La terra ai contadini.
Parole. Quella povera Maria ci è cascata
CONTADINA Credi che. la porterà a Parigi?
Potrebbe essere la sua fortuna.
CONTADINO Già altre ha illuso, e son finite in un bordello.
Il Duca conosceva il Marchese, quello che dicono fosse il padre di Maria.
Ma una bastarda è sempre una bastarda.
CONTADINA È una ragazza così viva. Quando parla, gli occhi le brillano.
Sembra che qualcuno le suggerisca quello che deve dire.
Non ho mai visto una donna così ... così ...
(Non trova le parole).
... Forse uomini, ho sentito, tanto pieni di parole.
Ma una donna, mai.
CONTADINO Che Dio le tenga una mano sul capo, per tutte le parole che le ha dato. Perché la vita
sarà ancora più difficile, per una come lei.

IV - La locanda di Aubry. Gouze padre e Aubry in mezzo a vassoi e piatti di carni arrosto. Entrano dei contadini con frutta e verdura, che le sguattere si mettono a pulire.

AUBRY La ragazza mi piace. Ma niente lungaggini. O subito
o non se ne fa niente. Pettegolezzi in giro ne ho già sentiti.
GOUZE PADRE La gente parla perché ha invidia. Sedici anni,
non ancora compiuti. Maria è un giglio.
AUBRY Sui gigli ci vanno i calabroni a succhiare il dolce che c’è dentro.
Niente scherzi. Sono vecchio, ma in gamba. Mi serve un figlio.
Ho messo via la roba per darla ai preti?!
GOUZE PADRE La ragazza tra poco sarà qui. Parlerete voi stesso.
AUBRY Poche parole. Piuttosto, patti chiari.
Se muore prima lei, la roba ai figli e a me.
GOUZE PADRE È appena una bambina. Perché morire?
AUBRY Ho fretta, la sfonderò se occorre per il figlio.
Poi, farà quello che crede. A parte la facciata, non voglio saper altro.
La casa a posto, un aiuto in locanda, la cura del bambino e me nel letto.
Alla mia morte il più tardi possibile, avrete i soldi. Ma a patto
che sia nato il figlio. Niente roba altrimenti.
(Entra Olimpia. Ha le gote arrossate di piacere. Fili d’erba le spuntano dal corsetto: ridente é affannata, con la cesta delle verdure sotto il braccio).
OLIMPIA Solo questo mi hanno dato. Trenta soldi.
I polli dovrebbero averli già portati.
AUBRY Sono quasi arrostiti! Hai fatto un giro lungo
se arrivi solo adesso. Ma non mi devi spiegazioni. Per ora almeno.
(Guarda Gouze padre con intenzione).
GOUZE PADRE Il signor Aubry mi fa l’onore di chiederti in moglie.
Ho accettato per te.
(Olimpia li guarda in silenzio, poi ride).
OLIMPIA Che cosa devo dire? Avete fatto bene. Se conta il mio giudizio... Perché tanto è deciso. Che vi importa ormai
di sapere se voglio o se non voglio?
(Aubry ha un barlume di nebulosa galanteria).
AUBRY Mia moglie voglio che sia contenta.
OLIMPIA Ma io sono contenta! Povera, senza un nome. Voi ricco,
un lavoro sicuro! E poi, un uomo che conosce la vita ...
Sarò la vostra umile serva.
(Ride).
GOUZE PADRE Avevi detto bene, perché ridi?
(Irruento, timoroso che l’affare vada a monte).
Questa ragazza io non la capisco. Si comporta bene,
poi distrugge ogni cosa. Basta con le parole! È stabilito.
Fra qualche giorno in chiesa.
OLIMPIA
(precipitosamente).
Il corredo! Le monache non l’hanno finito.
AUBRY Bastano due lenzuola. Sennò useremo le tovaglie.
(Aubry strappa una tovaglia bianca da un tavolo, la getta intorno a Olimpia tenendovela prigioniera. La ragazza rimane muta e ferma. Aubry lascia andare la presa, il telo ricade).
AUBRY Scherzavo. Di lenzuola ne ho io da vendere. Quelle ricamate
le userai dopo, quando verranno in visita
a vedere il bambino appena nato.
(Olimpia ha un moto di ribrezzo).
AUBRY Via via, sei ancora una bambina ma ti devi abituare.
Sarai una signora. La padrona! Comandare: che c’è di. meglio al mondo?
GOUZE. PADRE Di’ a tua madre di far fretta alle monache.
Anche noi ci teniamo al decoro della nostra famiglia.
E domani, in parrocchia per la data.
AUBRY (allegro). Il pranzo qui. Casa e bottega. Tutti senza pagare.
Una festa porta clienti.
OLIMPIA Adesso posso andare? Mia madre mi aspetta
AUBRY Neanche un bacio al fidanzato?
(Le si protende, goloso, poi si ritrae, le sfiora appena la mano. Maria ha un sussulto, come se fosse stata scottate).
Va’! Una cosa per volta. Ti darò tempo.
(Olimpia è fremente. A un cenno di Gouze padre, guizza via).

V - Sala del convento. Nelle mani delle monache, la tovaglia bianca si allunga trasformandosi in un fluttuante lenzuolo. Le monache sono intente a ricamare il corredo di Olimpia. È notte.

CORO
MONACA INGENUA Ahi! Mi sono punta un dito!
E una goccia di sangue ha macchiato il lenzuolo!
MONACA MALIZIOSA Non è un buon segno per una sposa. .
MONACA INGENUA Ho gli occhi stanchi e le mani mi tremano.
Tutt’a un tratto, questa fretta. Perché?
MONACA SAVIA Il vecchio avrà paura di morire. E vuole far l’erede,
se ci riesce.
Ave Maria gratia plena.. .
(Continua a cucire).
MONACA MALIZIOSA Con Maria eravamo piccole insieme, le nostre famiglie
abitavano una in faccia all’altra. A lei piaceva
stare con i bambini, non era timida come noi,
gli andava vicino, li guardava fisso...
Dominus tecum benedicta tu in mulieribus...
(Cuce).
MONACA SAVIA Era solo una bambina che aveva voglia di giocare.
Et benedictus fructus ventris tui ...
(Cuce).
MONACA MALIZIOSA
Voglio dire che forse è il padre a premere sul vecchio Aubry,
perché Maria ...
Fructus ventris tui Jesus ...
Maria potrebbe non essere più soltanto quella bambina che dice la Sorella ...
E sapete com’è, da un momento all’altro, queste cose possono saltar fuori!
(Fa un gesto eloquente, rotondo, con la mano attorno al ventre).
MONACA INGENUA Ma allora non possiamo prepararle la veste bianca!
Non la merita! Non ne è più degna... Volevate dire questo, Sorella.
Oh! Ho avuto un pensiero impuro, che Dio mi perdoni …
Sancta Maria Mater Dei …
(Riprende a cucire, gli occhi bassi).
MONACA SAVIA Maria ha una testa piena di idee. Sarà sprecata
a sfiancarsi dietro un uomo, vecchio e volgare per di più.
Poteva essere utile qui da noi.
E sarebbe stata la sua unica salvezza.
Mater Dei ora pro nobis peccatoribus...
MONACA MALIZIOSA Oh, Maria se ne andrà via di qui. È bella, coraggiosa.
Perché dovrebbe chiudersi in convento? Se io ero come lei,
a quest’ora non ci rimanevo, anche se a entrarci mi avevano costretto.
Ma chi mi prende, a me?
(Si alza ispirata, trascinandosi dietro il lenzuolo, in cui si avvolge come in un
manto).
Maria andrà a vivere a Parigi, e ci vendicherà!
Nunc et in hora mortis nostrae amen!
(Ride pavoneggiandosi nel mantello).
(Le monache reggono il lembo del lenzuolo, e via via vi si avvolgono mentre
se ne vanno).
CORO DELLE MONACHE Io dico che è incinta! Amen!
Amen! Io dico che il vecchio ha fretta!
Io dico che scapperà! Andrà a Parigi! Amen!
Amen! A Parigi! Sì sì andrà a Parigi!
Amen! Amen! Amen!
(Le monache ridono accavallando le battute, finché scompaiono).

VI - Camera da letto di Olimpia. Un vestito bianco da sposa è adagiato sopra una montagna di cuscini. Lenzuola e asciugamani a pile intorno. Olimpia è buttata sul letto sfatto, affranta. La madre la accarezza mentre lei singhiozza.

GOUZE MADRE Su piccola. Tutto. sarà breve. È vecchio. Ti lascerà presto. Ricca. E poi ci saranno i bambini. Vedi, io ho te.
(Cerca di abbracciarla. Olimpia singhiozza più forte).
OLIMPIA Mi fa schifo! Non voglio neppure che mi guardi.
E quelle mani, mamma! Quelle mani che puzzano sempre di cucina!
GOUZE MADRE Non è fine come i nobili. E tu lo sai, figlia mia, io lo so che tu lo sai ... Non te ne faccio una colpa. Ero anch’io come te
da ragazza, e Gouze mi faceva orrore. Così ho amato il Marchese.
E quando dovevo sopportare mio marito, pensavo a lui.
OLIMPIA (si tira su). Racconta! Non hai mai voluto
parlarmi del Marchese! Quello che so me l’hanno detto le monache.
GOUZE MADRE Glielo’avrà raccontato il prete, che lo sa dalla confessione.
(Si scioglie da Olimpia, presa dai ricordi).
Il Marchese era bello. Giovane, aveva la mia età.
Mia madre era stata la sua balia. Siamo cresciuti insieme.
Ha conosciuto l’amore con me. E lui è stato il primo ad avermi.
OLIMPIA Perché non ti ha sposato?
GOUZE MADRE
(Ride).
Bambina! La figlia di una serva! Però tu sei sua figlia.
Ora devo dirtelo. A Gouze non gli conveniva denunciare la cosa.
Ti ha riconosciuto. Sperava poi qualche vantaggio.
OLIMPIA Il Marchese, dov’è andato?
GOUZE MADRE A Parigi, con la gente come lui. Scriveva. Certe volte io non capivo quello che diceva.
Parlava come se cantasse. Versi: diceva che erano dei versi.
Ne ricordo uno perché lo ripeteva sempre...
OLIMPIA Com’era?
GOUZE MADRE Aspetta. È passato tanto tempo. Tutta la tua vita.
«L’ingiustizia alla fine produce indipendenza... ».
Cosa voleva dire? Mi è rimasto in mente
perché non riuscivo a capire cosa significasse.
OLIMPIA «L’ingiustizia alla fine produce indipendenza…»
Quando incontrerò uno che potrebbe essere mio padre,
dirò quel verso. E lui mi spiegherà cosa significa.
(Abbraccia la madre).
Allora tornerò a prenderti, e staremo sempre insieme.
GOUZE MADRE Figlia, parli come se tu fossi già lontano da qui.
Sii prudente. Sarebbe mio dovere dirti «rimani», ma non ci riesco.
(La abbraccia).
Sei forte, lo sento. Che Dio ti aiuti: Non dirmi altro.
(Si allontana. Olimpia raccoglie frettolosamente qualche indumento in una borsa, poi esce).

VII - La camera da letto del Duca. Adagiato sulle coltri, il Duca è intento a dettare una lettera al segretario.

IL DUCA «Io mi sto annoiando a morte in questa città. di ignoranti,
di bigotti e di bottegai. Riesco a prendermi qualche svago
con una ragazza del popolo che dimostra tanta intelligenza
quant’è luminosa la sua bellezza. Potrei farne una puttana,
da portarvi a corte per qualche festa un po’ eccitante. Ma
non ne avrò il tempo, perché la disgraziata si sposa com’è usanza
da queste parti, per contratti da pochi soldi che le famiglie instaurano tra loro.
Preferisco raggiungervi per dare spazio a cose più serie,
che stanno a cuore al nostro spirito di illuministi...».
(Entra d’impeto Olimpia. Si ferma intimidita per la presenza del segretario).
OLIMPIA Vi chiedo scusa. Ma devo parlarvi.
(Si guarda intorno, smarrita. Il Duca fa cenno al segretario di ritirarsi. Il segretario raduna i suoi arnesi di scrittura e i fogli).
IL DUCA Completate con i saluti e mandate a chi sapete.
(Il segretario si inchina ed esce. Olimpia lo segue con lo sguardo, incuriosita).
OLIMPIA Scriveva per voi?
IL DUCA Certo. È il mio segretario.
OLIMPIA Ma voi non sapete scrivere?
IL DUCA So scrivere, ma è più comodo che qualcuno scriva per me.
OLIMPIA È la stessa cosa?
IL DUCA È meglio. Perché se ho in mente una frase, non perdo tempo
a intingere la penna nel calamaio, a girare i fogli, a pensare alle lettere
di cui è composta una parola o se bisogna mettere una virgola o un punto.
OLIMPIA Una virgola? Che cos’è? Un punto?!
IL DUCA (ride).
Ma che domande fai? Arrivi qui come una furia,
e poi vuoi sapere che cos’è una virgola?
OLIMPIA Oh! Sono disperata! Voglio morire. Salvatemi!
IL DUCA (Ride. Le prende il mento tra le dita, pizzicandoglielo come ad una
bambina birichina).
Bambina stramba! Certe volte mi sento quasi tuo padre...
Altre volte avrei voglia di prenderti come una puttana.
(Olimpia si stacca dal viso la mano del duca e gli mette le braccia al collo).
OLIMPIA Prendetemi! Sono vostra!
IL DUCA (sbalordito).
Eh! Come mai questa decisione? .
(Olimpia rimane protesa verso di lui aspettando, la boccuccia semiaperta).
È successo qualcosa?
OLIMPIA Portatemi a Parigi! Con voi! .
IL DUCA Questo me l’hai già detto tante volte.
Ma perché adesso, d’improvviso?
OLIMPIA Mi vogliono far sposare! Allora, meglio voi per primo.
IL DUCA (ride).
Ma come? Abbiamo fatto tanto
per abolire il «jus primae noctis» un’usanza medioevale, che ripugna
al nostro spirito illuminista e tu vieni qui, con quella boccuccia di ciliegia
e mi dici: «Meglio voi per primo?».
OLIMPIA Meglio voi sì.
(Si apre il corpetto).
C’è rimasto ancora un po’ d’erba, ricordate?
Avanti, prendetemi! E poi, via con voi...
IL DUCA (scherzando per superare lo stupore).
Se ci sono dei patti, non è più amore. Allora ci sto.
(Comincia a spogliarla. Olimpia lo aiuta).
Come rappresentante di tuo padre ti prendo sotto la mia tutela.
(La accarezza).
... prometto di insegnarti tutto quello che so di meglio...
e ti libero dagli obblighi verso il tuo fidanzato...
(Soffia su di una candela. La scena si fa semibuia. Olimpia dà un grido, acuto
come il suono della lama).
OLIMPIA Ah! Non sapevo che l’amore facesse così male.
Sono tutta sangue. Dov’è il piacere che mi avete promesso?
IL DUCA Hai avuto la mia impronta, il mio segno. Come una bestia.
(Ride).
Questo è il primo passo. Avrai il tuo piacere, con il tempo...
Ma sì, ti porterò a Parigi!

VIII - La chiesa è parata a festa in un tripudio di drappi bianchi. Il coro delle donne canta. Sguattere e contadini. Aubry cammina su e giù nervoso.

AUBRY Maledetta ragazza. Non arriva.
Perché mi son messo in testa di sposarmi?
Adottavo un nipote ed era meglio.
DONNINA IN NERO (alle altre del coro).
L’hanno vista al castello del Duca. Vestita per un viaggio.
DONNINA IN VIOLA (ripetendo un discorso già sentito).
Ma il Duca era partito.
DONNINA IN GRIGIO E servi, bauli e ceste, tutti via assieme a lui!
DONNINA IN NERO Ma lei non ci credeva. Insisteva che il Duca voleva portarla via con lui.
DONNINA IN GRIGIO A Parigi!
DONNINA IN VIOLA A Parigi! Se Aubry lo venisse a sapere!
DONNINA IN NERO Sarebbe un’opera di carità.
DONNINA IN VIOLA Voleva tirarci un bello scherzo, Maria.
Niente più matrimonio e niente pranzo.
Invece dovrà fare la sposa felice.
(Le tre donne spiano i movimenti di Aubry).
AUBRY Se non arriva prima che finisca l’inno,
mando a monte il matrimonio.
DONNINA IN GRIGIO E chi ha il coraggio?
Queste cose non si sa come vanno a finire...
DONNINA IN VIOLA «Talis mater talis filia...»
Maria è tornata a casa di corsa. Starà preparandosi.
DONNINA IN NERO Attenta, ecco che arrivano.
(Le tre donne cantano. Olimpia entra sorretta dai genitori, una creatura senza
vita. Pallida come il suo abito da sposa. Si rivolge alla madre).
OLIMPIA Sono pallida?
GOUZE MADRE No sei bella.
OLIMPIA (al padre). Andiamo.
(Aubry si avvicina).
AUBRY Credevo non arrivassi più.
(Con una mossa brusca la sottrae a Gouze).
Da adesso cambierai.
(Le donne cantano. Il corteo compie un giro su se stesso, nascondendo gli sposi. Alla fine dell’inno, il corteo scompare).

IX - Olimpia è sola davanti a un catafalco ricoperto di rose rosse. La chiesa è addobbata per una messa funebre. Olimpia è vestita a lutto. Tiene in braccio un neonato.

OLIMPIA È stato breve, mia madre l’aveva detto. Pesante sì.
Ma io ho voglia di vivere. Più di prima.
Ho pagato. Adesso tocca a me.
(Si rivolge al bambino).
E ci sei anche tu, Pierre. (guarda il catafalco).
Mi hai lasciato i soldi, e la locanda. Per forza.
il figlio c’era, anche se non saprai mai se era tuo.
(Stacca una rosa dalla bara, se la porta al viso aspirandone il profumo, poi ne strappa i petali lanciandoli in aria).
Rosso sangue. La vita.
(Si toglie i veli neri; anche i drappi della scena si staccano ad uno ad uno, fino a scomparire, come gli abiti neri di Olimpia).

X - Olimpia cammina con il bambino in braccio. Le passano accanto paesaggi campestri, cieli e villaggi.

OLIMPIA Niente padre e niente marito. Libera. E ricca. Almeno, se restavo a Montauban. A Parigi, chissà.
Ma ce la caveremo, Pierre. Abbiamo i soldi dell’eredità. E poi vedremo...
(Una fiera. Folla di venditori. Rumori e musiche. Grida e imbonimenti. Dolci e nastri. Girandole e semi. Si avvicina un mercante di stoffe con un gran pavese di sete svolazzanti).
MERCANTE Sete d’oriente! Donne comperate!
Tutta l’India! I misteri della Cina! Un vestito può portare l’amore...
Comprate donne!
(Olimpia si ferma incantata. Protende una mano fino a toccare un velo color
sangue, vi indugia un poco, piena di desiderio)
MERCANTE (osservandola). Ti piace? Prendilo, è tuo.
(Olimpia si ritrae come se fosse stata colta in fallo).
OLIMPIA Non posso. Sono a lutto.
MERCANTE La tua faccia non lo dice. Se hai ancora del nero
in fondò al cuore, devi cacciarlo via.
(Stacca il velo e glielo offre).
OLIMPIA (sulle difensive).
Quanto?
MERCANTE Un sorriso.
(Olimpia tira fuori dalla borsa delle monete, le mostra al mercante).
OLIMPIA Ho i soldi.
MERCANTE Questa è moneta che non compra. Tu hai ricchezza in te che si moltiplica, denaro che non viene dalla zecca... Un sorriso...
la mano da sfiorare... una carezza sul tuo collo d’avorio...
(Il mercante sciorina i suoi drappi guardando Olimpia negli occhi, invitante).
Che vi costa? Rimanete la stessa... diventate più bella...
OLIMPIA No. Se non volete che paghi con denaro, tenetevi la roba.
MERCANTE Siete ingenua. Più ragazzo che donna. Il velo è vostro,
ve lo do per niente. Siete pallida, il rosso vi farà più allegra.
(Le lancia il velo e si allontana. Olimpia riprende a camminare).
Non avevo mai incontrato una ragazza come voi.
OLIMPIA Così lo accetto.
(Ride annodandosi il fazzoletto al collo; poi si fa pensierosa).
Come il sangue ... Ma via pensieri tristi, oggi ha inizio la mia libertà!
Camminerò finché le gambe mi reggeranno. A Parigi! Presto,
a Parigi! Voglio vedere il Re, la Regina, la corte, i nobili, le dame ...
Forse troverò mio padre! E il Marchese...
e dei bei giovani mi faranno la corte ...
(Pierre si mette a piangere insistentemente).
Che hai Pierre? Perché piangi?
(Pierre piange più forte).
È ora della tua poppata! Aspetta... aspetta.
(Olimpia si. apre l’abito liberando il seno, che porge al bambino. Pierre strilla
più forte).
Non vuoi? Ti piaceva il mio latte ... Sei sudato e scotti,
hai la febbre ... che cosa posso fare? Non c’è nessuno qui...
(Olimpia si guarda attorno smarrita).

XI - Agghindato e pomposo, un medico accompagnato dai suoi discepoli si profila sullo sfondo. Olimpia si ritira da una parte, immemore della sua nudità.

MEDICO Il sole si alza, la luna anche, la terra è immobile:
questi sono pregiudizi fisici naturali. Ma in medicina,
fin dai tempi più antichi e ancora oggi, c’è di peggio.
AIUTANTE Liberateci dai pregiudizi, maestro!
MEDICO Qualcuno ancora sostiene che i gamberi giovino al sangue
perché quando son cotti diventano, come il sangue, rossi, e questa
è una solenne ciarlatanata. Ma c’è chi crede in cose ben più ridicole.
DISCEPOLO Non certo gente della vostra scuola!
MEDICO Questo no. Ma qualcuno ancora, soprattutto nelle fiere di paese
va dicendo che le anguille guariscono dalla paralisi, perché guizzano. E sono in molti che approfittano del mistero che circonda la sfera celeste a sostenere
che la luna influisce sulle malattie, e la febbre sale e scende
a seconda della luna, calante o crescente.
AIUTANTE Gente ingannata, che ingannò a sua volta.
Non voi, maestro.
MEDICO Non noi.
(Il medico si accorge di Olimpia, che ha preso ad andare su e giù cullando il
bambino che strilla).
OLIMPIA Buono Pierre .. . Troveremo un villaggio. Ti farò curare.
MEDICO Vostro figlio deve stare molto male se grida in questo modo.
OLIMPIA Non lo so. La fronte gli brucia.
Siete medico? Aiutatemi!
MEDICO Dovrei conoscere la situazione. Non siete di queste parti.
OLIMPIA Vengo da Montauban, voglio andare a Parigi.
Sono vedova, posso muovermi liberamente.
MEDICO (ride).
Volevo soltanto sapere se il bambino ha avuto altri disturbi,
se gli date il vostro latte, se lo lavate e lo fasciate come si deve.
OLIMPIA Siamo in viaggio da un bel po’...
Ma il bambino è sano, e io gli parlo sempre.
MEDICO Ho capito, non siete molto pratica. Quanti anni avete?
OLIMPIA Sedici.
MEDICO Ve lo guarirò io.
OLIMPIA Oh sì! Vi prego.
MEDICO Ma dovete aiutarmi …
OLIMPIA Farò quello che volete. Posso pagare ...
MEDICO Non è con la moneta che dovete pagare.
Vi spiegherò, mentre i miei aiutanti si prenderanno cura del bambino.
(Lanciò il fagottino di Pierre ai suoi discepoli).
Bagno, borotalco, frizione, e poi ritorno io per le altre cure!
(Mentre gli aiutanti compiono le operazioni sul bambino, stendendolo su di una tavola sormontata da un baldacchino — una sorta di ambulatorio portatile — il medico trascina Olimpia dietro il baldacchino).
OLIMPIA Oh ma Pierre non è abituato ad altre mani che le mie!
Se non mi vede piangerà!
(Cerca di sfuggire al medico per raggiungere Pierre).
MEDICO E che cosa ha fatto fino ad ora? Non temete, è in buone mani.
Piuttosto, il vostro seno è piccolo, lo sapevate? Ben fatto. Ben tornito...
(Lo palpeggia).
Ma piccolo, al di sotto delle vostre proporzioni,
e delle esigenze del vostro bambino. Bisognerà controllare ogni altra parte...
(Prosegue a palpeggiarla).
Che non ci siano difetti o alterazioni che potrebbero nuocervi per l’avvenire...
OLIMPIA Oh ma che fate? Io sto benissimo.
MEDICO Su. venite! .... Sono medico, non sono un ciarlatano.
(I due aiutanti stanno lavando Pierre).
AIUTANTE Come medico, il maestro è di grande valore.
Ma quando vede una bella ragazza, mette da parte ogni scrupolo.
DISCEPOLO Credi che racconterà anche a lei la storiella del male minore?
AIUTANTE Puoi giurarci.
(Contraffà la voce, imitando quella del medico con tono cattedratico,).
«È. possibile salvare il bambino da morte sicura?
Sì.
Il mezzo è quello di soddisfare i desideri di un gentiluomo,
libero di fronte a Dio e di fronte agli uomini.
Questi desideri li può soddisfare la madre del bambino, che si è essa stessa dichiarata libera di fronte a Dio e di fronte agli uomini perché vedova, che non deve quindi conservare la propria virtù che per se stessa, non per onorare un marito, e neppure la sua verginità, avendola essa perduta al punto da aver concepito e partorito un figlio. Questo figliò corre ora pericolo di vita, ed essendo ella ottima madre, non può trascurare tali doveri, assai più profondi di quelli relativi ad una sterile quanto inutile conservazione della propria virtù». Ergo, la ragazza accetterà, e sarà anche convinta di far bene. DISCEPOLO Quasi quasi imparo anch’io questo genere di ragionamenti. Appena posso, mi metto in proprio e me ne vado.
AIUTANTE Ragazzo, per agire in questo modo, ci vuole cultura e titolo:
a te occorre osservare la giustizia.
(Il medico riemerge dai cortinaggi del baldacchino, seguito da Olimpia che si
rassetta gli abiti un po’ stordita. Si dirige verso Pierre che, pago della pulizia
a cui è stato sottoposto, se ne sta beatamente zitto a gambe in su. Il medico mette Pierre fra le braccia di Olimpia).
MEDICO E se piange ancora, un bel nodo di stoffa
imbevuto nel latte da farglielo succhiare, intesi? Buon viaggio,
e state attenta, Parigi è piena di furfanti; siete una donna sola...
(Il medico si allontana con i due aiutanti che hanno smontato il baldacchino
e la bancarella. Olimpia saluta con la mano).
OLIMPIA Oh bè, che altro avrei dovuto fare? Male non ne è venuto a nessuno. Adesso Pierre sta bene, e io ho imparato a ragionare. (Olimpia si rimette in cammino, mentre intorno a lei il paesaggio muta).

XII

OLIMPIA Però, com’è strana la morale dei signori. La logica. Una frase dietro l’altra, alla fine viene fuori una conclusione che non ti aspettavi e che magari ti fa comodo! Se non sai ragionare non ci arrivi. E se sbagli un passaggio non capisci più niente. Alla fine comunque, quando quell’altro arriva alla sua dimostrazione, ti trovi qualcosa tra le gambe senza neppure il tempo di ribattere. E ho il seno piccolo! Lo sapeva anche il medico ... Come il Marchese, la stessa storia. (Ride).
Lui me lo imbottiva d’erba. ... Ma con Pierre
non ci sono trucchi che tengono... Non ho abbastanza latte.
(Scuote la testa, desolata).
Che faremo, Pierre? Il pane non lo mangi...
e nemmeno un frutto che forse posso trovare sulla strada... (Si profila la contadina di Montauban, con una pecorina legata ad una cordicella).
CONTADINA Ehi! Maria! Non mi riconosci?
OLIMPIA Ceschina! Cosa fai qui?!
E c’è anche Pallotta! Sono proprio contenta di vedervi.
CESCHINA Sei ancora una bambina, Maria. Pierre come fai a tenerlo da sola? Pallotta ci darà il latte e io ti aiuterò.
Quando sarai a Parigi te ne andrai sempre in giro ...
OLIMPIA Oh! come sei buona e cara! Pierre con te starà benissimo.
Però devi chiamarmi Olimpia, hai capito? ! Olimpia: un nome
che ha qualcosa di celeste... Olimpia! Il nome che mi sono scelta io.

XIII - Un gruppo multicolore avanza, spingendo una carrettina. Una ragazza suona un tamburello. Un ragazzo suona il flauto. Tutti procedono a passo di danza. Sul carrettino ci sono sgabellini, abiti, tendoni, fagottini entro cui si intravvedono bottiglie e cibi. Una scimmia alta quanto un ragazzo, in abiti da Arlecchino, segue il gruppetto. Tutti si inchinano alle due donne. Sempre suonando, dispongono a terra un telone, innalzano ai due lati delle quinte, aggiungono degli elementi di scena. Un giovane vestito da Arlecchino indossa una mantella bruna semitrasparente. Una ragazza vestita da Colombina aggiunge qualche nastro al suo costume. Un’attrice sistema sul suo abito un’acconciatura da vedova in gramaglie. Gli altri si dispongono ai lati. Dopo un rullìo di tamburo più affrettato e sonoro, si fa un perfetto silenzio. Il ragazzo del flauto avanza in mezzo al palcoscenico e fa un annuncio con voce chiara e scandita).

RAGAZZO Scena dell’Ombra! Arlecchino, nella parte dell’Ombra, Eularia, vedova. Colombina, dopo...
(Il ragazzo si ritira e riprende a suonare il flauto in sordina, accompagnando le azioni e le battute che seguiranno. Olimpia e, Ceschina sono rimaste ad osservare le azioni dei comici, che hanno costruito la scena considerandole il loro pubblico).
CESCHINA (a Olimpia, sottovoce)
Maria Vergine! Che facciamo?
OLIMPIA Guardiamo! Mi piace questa gente.
(Arlecchino sporge dal basso di una quinta. Eularia è in scena).
ARLECCHINO Eularia?
EULARIA Chi mi chiama? (Si accorge dell’ombra).
Hoimè! chi sei?
ARLECCHINO Io son l’Ombra scorporificata del già corporeo tuo Marito, che vengo per dirti che tu viva, e non mora!
(Olimpia ascolta rapita le battute. I due attori si atteggiano ciascuno secondo il suo personaggio su alcuni accordi musicali).
OLIMPIA (sottovoce a Ceschina). Hai sentito? Sapranno qualche cosa di me?
CESCHINA Io non mi fido. Stiamo pronte a scappare.
(Riprendono le battute in scena).
EULARIA Ombra amata, ch’al mio sposo ti rassembri, tu non vuoi ch’io mora? ARLECCHINO Non morire, perché l’Inferno è così pieno di donne malvage, che non ci trovereste posto, piccolina.
EULARIA E perché?
ARLECCHINO Perché in loco di sollevarmi dalle pene
ch’io soffro nell’Inferno, se voi mi ci seguiste,
mi fareste morire di febbre un’altra volta.
EULARIA (piangendo). Ombra cara, giacché tu non vuoi ch’io muora,
e ch’io ti segua, vado a distillarmi in un continuo pianto.
(Esce di scena. Fa capolino Colombina da una quinta).
ARLECCHINO (a Colombina). Ah eccovi qui Madama malandrina!
Parlate dunque! Mi avete fatto ferrare la mula così a sproposito,
che ci è rimasta anche la borsa inchiodata, così adesso
non me ne posso servire. La colpa è vostra!
Mi dovete dare in cambio il denaro che c’è dentro!
COLOMBINA Ah, signora Ombra, vi assicuro che non l’ho fatto apposta,
é se Vossignoria vuole perdonarmi... .
ARLECCHINO Che cosa vuol dire «Perdonarve»? Voglio subito frustarve!
(Corre verso di lei, e lei scappa. Lui si mette a ridere).
La furberia va bene. Mi farò dare un sacco di soldi.
Ma sento qualcuno. Stiamo a vedere.
(Si nasconde da una parte. Arriva Scaramouche. Arlecchino torna fuori, mentre l’altro è fermo in posa, in mezzo al palcoscenico. Di lato, con tono spicciativo, riassume per i compagni com’è consuetudine durante le prove la situazione che viene data per scontata).
ARLECCHINO (con tono riassuntivo).
Arriva Scaramouche. Dice che ha rubato la borsa che tiene in mano, e che dentro ci sono cento luigi d’oro...
(Mentre Arlecchino dice le sue frasi, Scaramouche mima sveltamente la situazione descritta, esibendo la borsa, aprendola e mostrando i luigi d’oro, e così via).
ARLECCHINO Arlecchino, sentendo le parole di Scaramouche, si avvicina a lui...
(Esegue).
... si getta sulla borsa, e gliela strappa.
(Esegue).
ARLECCHINO (prosegue, mentre Scaramouche a sua volta esegue l’azione descritta).
… Scaramouche spaventato indietreggia.
(A Scaramouche).
Sappiate, mio caro amico, che io sono l’ombra
di un Antico Ladro, e che per diritto di anzianità
tocca a me di rubare questa borsa, e non a voi
che non siete ancora nient’altro che un apprendista ladro.
SCARAMOUCHE (tremando).
Ma, Madame l’Ombra, dove è allora il vostro corpo?
ARLECCHINO Il mio corpo è in galera, e siccome io sono la sua ombra,
mi do da fare a tagliar borse per nutrirlo.
(Recita di nuovo con il tono sbrigativo dell’indicazione nel corso di una prova, eseguendo e facendo eseguire indicativamente via via che procede la descrizione).
Arlecchino minaccia Scaramouche e gli fa segno di andarsene alla svelta.
Scaramouche fa un sacco di smorfie di disappunto...
(Scaramouche esegue).
... poi scappa via da una parte...
(Indica, e Scaramouche esegue).
... e Arlecchino se ne va dall’altra.
(Esegue a sua volta).
(I comici applaudono, mentre Arlecchino si toglie il costume da Ombra e Scaramouche lo aiuta. Olimpia ride, sollevata che si tratti di una evidente prova teatrale, e non di un presagio sulla sua situazione di vedova. Applaude, e Ceschina la imita).
OLIMPIA Mi avete quasi fatto paura con quella vostra storia
dell’Ombra e della vedova! Ma voi siete dei comici.
ARLECCHINO Per servire madame, sì, siamo dei comici.
E voi chi siete?
COLOMBINA Dove andate?
SCARAMOUCHE Con chi vi accompagnate?
OLIMPIA Con nessuno, non si vede? Vogliamo andare a Parigi.
Ma chissà quanto è distante ancora! ...
ARLECCHINO (ride).
Vedete quel fumo laggiù?
Parigi è là.
SCARAMOUCHE (galante).
Bella! Chi siete? Non ce lo avete ancora detto.
OLIMPIA Sono una vedova. E questo è Pierre. (Esibisce il bambino).
Spero che l’Ombra di mio marito
non venga a tormentarmi dall’al di là. Era questa la storia
che voi raccontavate. Ma quanti gesti, quante smorfie! ...
Com’è curioso il vostro teatro. Al mio paese ho visto delle compagnie,
ma recitavano tanti versi, e stavano sempre fermi...
(Si alza, si atteggia pomposamente).
... impalati, e facevano solo pochi gesti...
(Esegue, fermandosi poi in una posa statuaria).
... e poi restavano lì, fermi, a dire un sacco di cose con un linguaggio
che alle volte non capivo. Voi siete più divertenti.
(Arlecchino fa un balzo verso di lei, si inchina in una riverenza).
ARLECCHINO Madama avete grazia. Perché non venite con noi?
OLIMPIA Ma siete dei comici: sarete poveri come me...
COLOMBINA Poveri! Come tutti i comici. Ma a noi ci ha scelto il Re.
OLIMPIA Il Re?! Allora non siete senza casa.
Avete da mangiare, e soldi ... È così?
SCARAMOUCHE Certo! I tempi sono cambiati.
Una volta facevamo il teatro in giro per i paesi. Un soldo
buttato da un signorotto generoso, ed era tutto il nostro guadagno.
ARLECCHINO Adesso il pane ce l’abbiamo.
Ma il nostro teatro sta cambiando.
OLIMPIA E come sta cambiando?
ARLECCHINO L’avete detto voi stessa. I gesti. Le smorfie.
Siamo italiani. La nostra lingua va bene mescolarla
a questo francese che la gente. parla. Ma pochi versi.
E aiutarsi coi gesti, i caratteri...
Che il pubblico capisca e si diverta!
SCARAMOUCHE Poco per volta in italiano non parleremo più.
ARLECCFIINO Dovremo accettare una lingua che non è la nostra.
COLOMBINA Ma che personaggi potremmo fare, in un teatro
che non è stato scritto per noi?
Mi immaginate nel ruolo della Fedra?
(Si atteggia tragicamente. Tutti ridono).
OLIMPIA Non c’è nessuno che scriva per voi?
SCARAMOUCHE Alla Corte si divertono con le nostre smorfie.
Alle feste facciamo più spettacolo!
COLOMBINA Certo. Divertiamo. Ma dobbiamo pensare al futuro.
OLIMPIA Che cosa volete dire?
ARLECCHINO Non sarà sempre così. La Corte va bene, per ora.
Ma il Re può vacillare.
OLIMPIA Il Re vacillare? Oh! Non l’avrei mai pensato.
ARLECCHINO Non dovete credere a tutto quello che vedete.
L’oro nasconde il marcio. Il sorriso, la crudeltà.
OLIMPIA Parigi è questo, allora?
SCARAMOUCHE Dovete conoscerla, prima. Poi capirete.
Parigi non si può non amarla.
COLOMBINA Venite, sù. E datemi il bambino.
(Olimpia glielo porge).
OLIMPIA Ma perché non l’han fatto degli altri, un teatro così?
ARLECCHINO Perché noi siamo italiani. E ne inventiamo una
per ogni necessità. Venite. Vi insegneremo tante cose.
(I comici prendono Olimpia e Ceschina tra loro, e ripartono sul carrettino).
CESCHINA O Vergine Maria! Ho una gran confusione nella testa.
Chi l’avrebbe mai detto che al mondo esistesse
della gente così diversa da noi?
OLIMPIA È brava gente. Hai visto? Finora non ci hanno chiesto niente.
CESCHINA I comici sono matti. Generosi.
E poi sono italiani.
OLIMPIA Mi piacerebbe scrivere per voi.
ARLECCHINO Sapete scrivere?
OLIMPIA Per ora no. Mi piacerebbe imparare.
È difficile scrivere?
SCARAMOUCHE Fare i segni sulla carta no, non è difficile. Difficile è scrivere quello che si vuol dire.
Quei segni servono solo se si ha qualcosa da dire.
OLIMPIA Io ho sempre tante cose in testa...
Voglio provare.
COLOMBINA Siete donna.
Trovatevi qualcuno che vi protegga.
Che vi aiuti...
OLIMPIA Parigi! Mi darete dei consigli.
Per strada.
E poi ci vedremo, a Parigi!
A Parigi!

XIV - I comici scendono dal palcoscenico e invadono la sala. Invitano la gente a seguirli nel foyer del teatro. Entrano nei palchi, saltano in giro, eseguono i loro giochi. L’intervallo si consumerà in numeri di destrezza, movenze e recitazione di canovacci della commedia dell’arte.

XV - Parigi. Una stanza povera. Olimpia sta mettendo in ordine. Intorno a lei, e solo a lei visibili in quelle sembianze e dimensioni umane, le sue bestie. Entra Jacques l’ufficiale.

JACQUES Mi hanno detto che affittate...
OLIMPIA Sì signor ufficiale. Devo sopravvivere. Sono vedova.
JACQUES Così giovane? Avrete sposato un vecchio.
OLIMPIA Signore, sono fatti miei.
JACQUES Eh, non offendetevi, la mia era soltanto compassione.
OLIMPIA Se la stanza vi piace, è vostra.
JACQUES D’accordo, mi va bene.
(Tira fuori delle monete).
Questo è il pagamento anticipato.
OLIMPIA Non ve l’ho chiesto.
Siete un signore. Mi fido.
JACQUES E fate male! Soprattutto dei signori non dovete fidarvi...
(Pare vacillare. Incespica, sta per cadere).
OLIMPIA Che avete? Un capogiro? State male?
JACQUES Non sono mai stato malato. È strano...
(La guarda per vedere che effetto hanno fatto le sue parole).
OLIMPIA Strano? Che cosa è strano?...
(Jacques si accascia su di lei come in preda ad uno svenimento).
JACQUES Ormai è tardi ... Non avrei voluto...
Una donna come voi, già provata dal dolore...
OLIMPIA Ma insomma che avete? Non lasciatemi nell’angoscia!
Venite... adagiatevi qui...
(Lo porta fino al letto. Jacques vi si lascia andare dipeso trascinandovi anche
lei).
JACQUES Il mio fisico ha retto guerre... manovre dure...
Notti al gelo... marce forzate... fame... Si abbatte solo per un motivo. Ma non mi succedeva da tempo, sono venuto da voi
senza pensare di cadere in questa trappola.
OLIMPIA Quale trappola? Io non vi ho fatto niente!
JACQUES Voi, no. Non per vostra volontà, almeno.
OLIMPIA E allora perché state così male?
JACQUES Per la vostra bellezza.
(Olimpia ride sollevata).
OLIMPIA Oh! Mi avevate fatto paura Alzatevi, siete solo un burlone!
JACQUES Vi assicuro che non scherzo. Mi era successo in Spagna,
ma ero giovane, inesperto, e la bellezza delle donne mi faceva impazzire!
Per una andalusa dai capelli di madreperla
ve lo giuro ho rischiato di morire.
OLIMPIA Come vi siete salvato?
JACQUES È stata lei a farmi grazia.
Soltanto chi è causa del male può guarirlo.
OLIMPIA Voi volete sedurmi.
JACQUES Non sono così volgare.
Parigi è piena di belle donne che volentieri
si concedono all’amore magari per denaro.
OLIMPIA Io ho deciso di guadagnarmi da vivere diversamente.
E poi ho un po’ di soldi.
Il vecchio andandosene non se li è portati via.
JACQUES Denaro io non ve ne offro. È da voi
che voglio qualche cosa. La vita sonnecchiava quietamente in me, voi
l’avete attratta con la forza dello sguardo.
OLIMPIA I miei occhi? ... Sì, vi ho guardato intensamente...
JACQUES Mi avete catturato: ora sono tutto quanto nei vostri occhi.
OLIMPIA Vi ho guardato...
Ma l’ho fatto con tanti, e nessuno si è mai lamentato.
JACQUES Neanch’io me ne lamento. Soltanto...
non ho più forze. E vi supplico, vi imploro
di restituirmi quello che con tanto vigore siete riuscita a prendermi...
OLIMPIA Che cosa volete che faccia?
JACQUES Venitemi vicino. Il mio respiro è debole...
Datemi il vostro... Che si accordino insieme,
e un solo ritmo conduca il primo ed il secondo...
(Olimpia si avvicina all’ufficiale sdraiato, che accosta la sua bocca a quella di lei).
OLIMPIA Sono io adesso a sentirmi morire...
il cuore sta per spezzarsi tanto batte... e gli occhi mi si annebbiano...
JACQUES È l’effetto del passaggio... Voi
mi state restituendo la vita...
(La stringe a sé. Olimpia non si oppone, in preda al languore. Un lungo bacio).
OLIMPIA Oh! Com’è dolce questa piccola morte...
Ma vi prego lasciate anche a me un po’ di vita...
JACQUES La vita che mi date, io ve la restituisco rafforzata.
(I due rimangono abbracciati. È un amplesso fino al compimento. Poi Jacques se ne stacca).
JACQUES Mi troverete sempre al vostro fianco.
Vi proteggerò quando ne avrete bisogno.
OLIMPIA La vostra protezione sì, ma ad un patto:
che non mi chiudiate dentro una casa, per il vostro piacere... Voglio essere libera.
JACQUES Verrò quando vorrete. Io viaggio,
mi piace pensare che esistete. Un ménage mi sarebbe di peso.
OLIMPIA Allora adesso andatevene! Non prendete in affitto la mia stanza.
Ci vedremo ogni tanto, quando lo vorremo tutti e due.
Ci faremo rinascere e morire.
JACQUES Nel negarsi reciproco
sta il mistero di ogni seduzione...
(Jacques se ne va).
OLIMPIA Mi piace quest’uomo.
Non ha tentato di fare di me una schiava.
Quando ne avrò bisogno, mi ricorderò di lui.
Ed ora, via, alla conquista di Parigi!

XVI - Parigi. Casa di Olimpia. Animali giganteschi qua e là: sono bestie che Olimpia ha via via accolto nella sua abitazione: la colomba, la capretta della Ceschina, la scimmia vestita da Arlecchino, un gatto striato di Parigi. Olimpia li considera dotati di pensiero e di parola; gli animali — nella visione di lei — hanno dimensioni e sembianze umane, pur conservando i tratti delle bestie. Così umanizzati, conversano tra loro e con Olimpia; gli altri invece li vedono come animali comuni.

GATTO TIGRATO Si comincia a star meglio in questa casa.
Buon cibo, una cuccia comoda. Ma abbiamo passato giornate dure!
ZAIRA LA CAPRA Non mi piaceva quando siamo andati dall’Ufficiale.
Mi tirava i baffi, giocava a combattere col nemico...
seccava quella sua esaltazione.
ARLECCHINO SCIMMIOTTO Lo faceva per eccitarsi. La guerra
fa venir voglia di fare all’amore: così Olimpia,
dopo che lui ti aveva fatta strillare, gli piaceva di più.
COLOMBA Quella povera ragazza!
Per mettere assieme un po’ di soldi, quante ne ha dovute sopportare!
(Entra Olimpia rotolandosi a terra e lamentandosi).
OLIMPIA Se fossi nata uomo, questi dolori non li patirei! (Si rannicchia su se stessa gemendo).
Bestie care, beate voi che non soffrite un mal di pancia al mese...
Oh! che natura ingiusta...
Sangue di cui non vantarsi, da tener nascosto come un’infamia... Gli uomini ne hanno schifo, eppure è da questo sangue che viene la vita!...
(Si torce gemendo. Arlecchino scimmiotto le corre accanto).
ARLECCHINO SCIMMIOTTO Olimpia! Olimpia!
È arrivato Filippo d’Orléans!
(Entra Filippo d’Orléans).
FILIPPO Non siete ancora pronta?
Dobbiamo andare al concerto...
Ci tenevate tanto e invece eccovi a terra, a rotolarvi come una selvaggia...
OLIMPIA Non sono io a decidere se star bene o star male. Ho mal di pancia, devo dirvi di più?
FILIPPO Peccato. Vi avrei portata a Corte.
(Olimpia si rialza).
OLIMPIA Ci verrò. Questo imprevisto dovuto al mio sesso non riuscirà a impedirmi di afferrare al volo un’occasione come questa.
(Si rialza e si riassetta. Le bestie commentano compiaciute).
ZAIRA LA CAPRA Brava brava brava!
COLOMBA Buona occasione. Fai benissimo ad andare!
ARLECCHINO SCIMMIOTTO Oplà fai un salto e sei là!
COLOMBA Povera Olimpia! Soffrivo anch’io come te,
quand’ero una ragazza, tanti anni fa... Respira forte, stringiti stretta la vita e vai con Filippo,
è un giorno importante per te...
ARLECCHINO SCIMMIOTTO Sì, è un giorno importante...
(Fa una piroetta).
Vai con Filippo d’Orléans.
Noi vediamo al di là dei tuoi occhi.
(Le bestie si agitano, impazienti che Olimpia si muova).
FILIPPO Ehi! Che cos’hanno le tue bestie da agitarsi tanto?
Sembrano impazienti di vederti uscire...
OLIMPIA È così. Lo sai, i miei animali sono incarnazioni
di persone vissute in altri tempi. Vedono al di là del nostro sguardo.
FILIPPO Ah sì? E che cosa hanno visto?
(Olimpia sta mettendosi un corpetto).
OLIMPIA Che oggi è una giornata importante per me.
Ah! come sto bene adesso che il male se ne va!
(La capra Zaira porge a Olimpia un bel pezzo di ovatta).
OLIMPIA Zaira! Solo tu puoi capire l’importanza del seno!
(Si infila l’ovatta nel corpetto).
Mi è sempre mancata un po’ di abbondanza in questo punto...
(Armeggia con l’ovatta dentro la scollatura. A un cenno di Filippo un valletto porta un servizio d’oro).
E questo, che cos’è?
FILIPPO Dopo il concerto vorrei godere della tua compagnia...
È un pranzo pronto, il vasellame resterà a te.
OLIMPIA Oro? Piatti... pentole... posate... tutto,
tutto è prezioso, scintillante...
(Saltella toccando i pezzi, incantata).
FILIPPO Ti piace, allora? Ho incontrato il tuo gusto?
OLIMPIA Perfetto, puro come sei tu nelle tue idee.
Un principe che sceglie di stare col popolo...
Potresti godere dei tuoi privilegi. Invece ti preoccupi dei poveri...
FILIPPO Non oggi, Olimpia. Non mi credere migliore di quello che sono.
È l’ambizione certe volte a farmi parteggiare per i deboli,
ed è l’antipatia per quelli della mia classe...
OLIMPIA E che tu stia con me... da che cosa dipende?
FILIPPO Mi attira la tua voglia di venir fuori dal nulla. La trasgressione al tuo sesso.
Usare della tua bellezza per far funzionare il cervello
e opporlo a chi ti utilizza nel corpo.
OLIMPIA Mi leggete dentro più chiaramente di quanto non sia capace di fare io stessa.
(Alza il coperchio di un piatto di portata. Vi intinge un dito, per assaggiarne il cibo).
Crema di asparagi e pernici! ? Non ne siete stufo?
FILIPPO Che cosa poteva preparare il cuoco del mio palazzo
se non le solite ricette?
(Olimpia apre un altro tegame).
OLIMPIA Cavoletti alla panna! Fragole al cognac!
Peso allo stomaco e orticaria!
(Olimpia si rivolge agli animali).
Bestie mie! Mangiate voi!
(Le bestie starnazzando si impadroniscono dei piatti e li dispongono in giro.
Si rivolge poi a Filippo).
Digeriscono anche i sassi. Non fanno che rincorrersi
e passeggiare tutto il giorno...
Vedrai che pranzo ti preparo io!
Al mio paese la cucina è più sana e gustosa.
FILIPPO Sei stupenda! . Mi sorprendi ogni volta.
Nessuna dama avrebbe agito come te.
OLIMPIA E per questo ti piaccio. Allora, andiamo?
FILIPPO Andiamo.
(La guarda con ammirazione).
Sei splendente. L’ambizione ti fa dimenticare il dolore.
(Escono).

XVII - Al concerto. Un giovane suona la spinetta mentre una ragazza canta dolcemente. Insieme a Filippo d’Orléans, Olimpia ascolta. Accanto a lei una dama ogni tanto si contorce tutta per un mal di denti e si lamenta. La gente intorno la zittisce.

DAMA GEMENTE È inutile. Perfino il paradiso mi sembrerebbe l’inferno
se dalla musica mi distogliesse un mal di denti come questo.
OLIMPIA Non avete una fiala? Potreste calmare il dolore.
DAMA GEMENTE Una fiala ce l’ho! Ma come faccio a metterla nel dente,
se mi manca il cotone?
(Estrae una fiala dalla borsetta. Olimpia strappa un batuffolo di cotone dall’interno del corpetto).
OLIMPIA Tenete, è della migliore qualità, arriva dall’America.
(La dama afferra il batuffolo, estrae la fiala dalla borsetta, ne versa il contenuto sul cotone, poi se lo infila in bocca).
DAMA GEMENTE Oh! quanto vi sono grata!...
(Olimpia si rivolge a Filippo che divertito ha assistito alla scena).
OLIMPIA Tante storie per un po’ di mal di denti!
Nessuno pensa a quei poveri negri
che coltivano il cotone per noi…
FILIPPO Sono degli schiavi.
OLIMPIA Proprio voi dite così? Voi che volete giustizia per il popolo,
mentre i nobili come voi sono rimasti attaccati alla loro casta?
FILIPPO Che vi prende?
Finora non avete cercato che di diventare simile a quei nobili!
OLIMPIA Finora dovevo fare così! Ero povera, nessuno difendeva i miei diritti.
Ero bella e giovane, due qualità che scompaiono presto.
Non passerà molto tempo che queste cose che io sento
si condenseranno nell’aria e diventeranno solide come il cristallo.
E allora cambieranno: condizioni e atteggiamenti!
FILIPPO Dovrete trovare un mezzo adatto a esprimere le vostre idee.
Un mezzo che vi sia congeniale...
OLIMPIA Voglio colpire non soltanto la mente
ma il cuore, i sentimenti della gente.
FILIPPO Insomma, volete fare del teatro!
OLIMPIA Ah sì?! Non lo sapevo. Ma se lo dite voi, ci credo.
Farò teatro! Sono tanti gli argomenti dì cui vorrei parlare.
E le ingiustizie… Quelle sui negri, per esempio...

XVIII - Casa di Olimpia. Olimpia da sola.

OLIMPIA Trattano i negri da esseri che ha maledetto il cielo. Io vedo con chiarezza che è stato il pregiudizio ad averli condannati
a questa orribile schiavitù; la natura non c’entra, l’ingiustizia
e gli interessi dei bianchi hanno fatto tutto quanto.
Quando ci si occuperà di cambiare la sorte dei negri?
L’uomo è uguale dappertutto. Gli europei avidi di sangue e d’oro
hanno fatto cambiare la natura in questi climi felici.
I vinti sono stati venduti come dei buoi al mercato.
È diventato un commercio in tutto il mondo!
Un commercio di uomini! Dio! E la natura non freme!
Se i negri sono degli animali, non lo siamo anche noi?
In che cosa i bianchi sono diversi? Nel colore.
Ma il colore dell’uomo è sfumato come in tutti gli animali
che ha prodotto la natura, come per le piante e i minerali.
Perché il giorno non litiga con la notte, il sole con la luna, le stelle col cielo?
Tutto è variato, è la bellezza della natura. Perché distruggere la sua Opera?
Non è atroce per gli Europei, che attraverso le industrie si sono costruiti
delle abitazioni splendide maltrattare, torturare dei disgraziati
che non lavorerebbero di meno i campi se avessero più libertà e più clemenza?
La loro sorte è già abbastanza crudele e penoso il lavoro,
senza che si costringano i negri ad un sistema di vita così crudele...

XIX - Casa di Olimpia. Le bestie, sedute, stanno attente a ogni parola di Olimpia. Il segretario scrive quanto lei dice tenendo una mensoletta appesa al collo mentre la segue che passeggia per la stanza, dettando.

OLIMPIA La scena rappresenta le rive di un’isola deserta,
circondata da ripidi scogli. Si intravvede il mare in lontananza.
Su di un lato ... davanti ... l’entrata di una capanna
circondata da alberi da frutto di quel clima esotico ...
SEGRETARIO (scrivendo). Eh! Non andate così in fretta!
Non riesco a tenervi dietro...
OLIMPIA Se mi interrompete, Jeannot, mi vien meno l’ispirazione!
Io vedo tutto: è un’immagine netta, precisa,
dello scenario in cui si svolgeranno i fatti!
SEGRETARIO Se l’immagine è precisa
per voi, formulatela più lentamente, e io la scriverà.
(Rilegge le sue ultime parole).
Avevate detto «... una capanna circondata da alberi da frutto di quel clima...».
OLIMPIA ... esotico». Dunque... ho descritto un lato...
«L’altro lato è riempito da una foresta che appare impenetrabile...»
SEGRETARIO (Interrompendo).
Ma come faranno .a mettere tutta questa roba in scena?
Costerà troppo e non ve la rappresenterà nessuno...
(Riprende a scrivere compitando).
OLIMPIA Vuoi forse che immagini i miei negri in un salotto di Parigi?
Le novità in teatro cominciano dalle scene. Scrivi dunque:
«Nel momento in cui si alza il sipario... una tempesta agita i flutti...».
SEGRETARIO «... i flutti...» e poi?
OLIMPIA E poi... «Si vede una nave che viene a schiantarsi...»
Scrivi: «a schiantarsi sulla costa» e non protestare che una nave ogni sera costerà troppo. In teatro esistono espedienti per evitare questo spreco.
SEGRETARIO Ah! Io scrivo, contenta voi...
Non saranno certo i comici italiani ad avere i mezzi per rappresentarvi. C’è soltanto una compagnia in tutta la Francia con i soldi per un impianto così.
OLIMPIA La Comédie! La più grande, la più antica, la più celebre,
la più più! Ed è alla Comédie che io andrà a chiedere
che venga messa in scena «La schiavitù dei negri».
SEGRETARIO Non interesserà a nessuno.
La gente vuole commedie allegre, intrighi di Corte e di corna, caricature di vecchi e tenerezze di fanciulle: che gli importa di quei selvaggi dalla pelle di carbone, più vicini alle bestie che agli uomini?
(Gli animali si agitano, contrariati).
ZAIRA LA CAPRA - ARLECCHINO SCIMMIOTTO - COLOMBA
Breckk!!! Shhhh!!! Uhhhh!
ARLECCHINO SCIMMIOTTO Oh! Segretario sciocco e vigliacco,
stai attento a come parli!
Le bestie sono come i cristiani e più dei cristiani!
ZAIRA LA CAPRA Credi forse che il mio latte
conti meno delle chiacchiere di una dama?
COLOMBA Quando voliamo in quei paesi,
i negri ci trattano molto meglio di voi...
GATTO TIGRATO Se ci insulti un’altra volta, ti graffierò a sangue!
(Olimpia accarezza le bestie, calmandole).
OLIMPIA Buoni! Ci sono io per voi! State tranquilli!
(Al segretario).
Voglio prima di tutto raccontarvi la trama.
SEGRETARIO Cominciate pure. Prenderà qualche appunto.
OLIMPIA Dunque, su quest’isola tutta scogli arriva la nave e si schianta.
Bonaccia... Il vento si calma. Qualche relitto sulla spiaggia... Ed ecco che compaiono due negri: un bellissimo giovane, che chiamerà Zamor...
(Olimpia tira fuori una maschera di giovane negro, che userà durante le battute).
ZAIRA LA CAPRA Come amor... come amor...
OLIMPIA È un omaggio a Voltaire,
Zamor è il protagonista della sua «Alzire»...
SEGRETARIO Questo Zamor è un negro.. .
OLIMPIA Bellissimo. Perfetto nel corpo e nella mente.
Insomma, l’uomo prima di essere corrotto dalla civiltà!
SEGRETARIO Avete letto Rousseau.
OLIMPIA L’hanno letto tutti quelli a cui arriverà il mio messaggio.
SEGRETARIO E che fa, questo Zamor?
OLIMPIA È lì con la sua fidanzata, la dolce Mirza.
(Olimpia tira fuori una maschera di giovane negra, che userà durante le battute, in duetto con quella di Zamor).
Sono scappati perché l’attendente del Governatore, un francese,
voleva impadronirsi di Mirza: lei gli ha rivelato il suo amore per Zamor;
l’altro per rabbia impone a Zamor di uccidere Mirza, e allora Zamor uccide lui;
poi tutti e due fuggono su una barca e arrivano all’isola;
noi li troviamo lì a raccontarci i fatti che vi ho detto.
SEGRETARIO Ma qual è lo scopo di questa bislacca storia d’amore?
OLIMPIA La mia non sarà soltanto una «bislacca» storia d’amore. Mirza, che è triste perché hanno dovuto fuggire, chiede all’innamorato...
(Si atteggia a personaggio. Dice la battuta come Mirza).
MIRZA «Zamor, amore mio, perché gli europei ci hanno fatto schiavi?
Siamo uomini anche noi: perché dunque
una differenza così forte tra la specie loro e quella nostra?».
SEGRETARIO Quando vi esprimete con le battute,
siete più brava di quando volete spiegare.
OLIMPIA Io... in teatro mi esprimo come parlo nella vita.
Sintetizzare, rendere astratto un concetto, staccarlo dal corpo delle cose
invece mi è difficile. Io non ho studiato... vivo e scrivo nello stesso modo.
SEGRETARIO Che cosa risponde allora Zamor?
È meglio che io scriva, siamo già alle battute...
(Olimpia batte le mani con allegria).
OLIMPIA Sì, scrivete! È nella risposta di Zamor
che sta la chiave del dramma! Com’era la battuta di Mirza?
SEGRETARIO «Perché dunque una differenza così forte tra la specie loro e quella nostra?».
(Olimpia si atteggia a Zamor con voce greve).
ZAMOR «Questa differenza è poca cosa: non esiste che nel colore.
Ma i vantaggi che hanno sopra di noi sono immensi.
L’arte li ha messi al di sopra della Natura...
L’istruzione ne ha fatto degli Dei, noi invece non siamo che uomini.
Si servono di noi in queste terre come si servono degli animali nelle loro.
Si sono impadroniti di ogni ricchezza, hanno ucciso, ci hanno fatto schiavi...
e i campi, siamo noi con lacrime e sudore a coltivarli per loro.
Quasi tutti questi barbari padroni ci trattano con una crudeltà
che fa fremere la Natura. Se aprissimo gli occhi, avremmo orrore
dello stato in cui ci hanno ridotti: ma è in nostro potete scuotere un giogo
così pesante e sanguinoso? L’uomo avvilito dalla schiavitù
ha perduto tutte le sue energie, i più abbrutiti sono i meno infelici.
Dio! Addolcisci il cuore del Tiranno e restituisci all’uomo
il diritto che ha perduto nel seno stesso della Natura!».
(Olimpia si rivolge a tutti in un inciso di spiegazione).
OLIMPIA È qui che Mirza comincia a prendere coscienza della situazione,
e dice...
(Si atteggia a Mirza, così come farà per Zamor).
MIRZA «Come siamo da compiangere!».
ZAMOR «Forse fra poco la nostra sorte cambierà».
OLIMPIA Qui mi riferisco ai fermenti nuovi che stanno emergendo da noi,
e che non potranno non incidere anche sulla schiavitù dei negri...
SEGRETARIO Voi credete? Le ingiustizie rimarranno,
le differenze si chiameranno in altri modi, ci sarà sempre
qualcuno a comandare e qualcuno ad obbedire...
OLIMPIA Ci sono differenze anche nella servitù!
E io credo che una volta affermati in Francia i principi nuovi
di libertà e di uguaglianza, anche i negri saranno liberati.
SEGRETARIO Non avete fatto i conti con gli interessi
economici dei coloni, che in America con gli schiavi si sono arricchiti.
OLIMPIA E io scrivo la mia commedia!
È dai fatti che si può arrivare a cambiare le idee!
ZAMOR «Una morale dolce e consolante ha fatto cadere in Europa
il velo dell’orrore. Gli uomini ora vedono chiaro e gettano su di noi
uno sguardo intenerito: dovremo a loro il ritorno di questa preziosa libertà,
primo tesoro dell’uomo, di cui siamo stati privati
da tanto e tanto tempo per mano di gente crudele».
SEGRETARIO (mentre scrive).
Vi illudete... ve lo dico io... vi illudete.
OLIMPIA Quando la commedia sarà finita,
ne faremo una bella rappresentazione.
(Le bestie applaudono).

XX - Casa di Olimpia. Olimpia da sola.

OLIMPIA Sono nove anni che tento di descrivere in un dramma
tutta la durezza della schiavitù dei negri.
Non è questione di addolcire la loro sorte e di preparare la loro libertà.
Alzo solamente la voce a favore di questi uomini così infelici e calunniati...
Se non temessi la debolezza del mio talento e la potenza dei miei nemici,
l’epoca attuale che afferma i diritti di libertà sembrerebbe promettermi
qualche indulgenza per un’opera che la difende...
Ma io sono esposta all’opposizione di tutti i proprietari,
fautori del dispotismo americano.
Sto parlando dei Coloni, è chiaro.

XXI - Casa di Voltaire a Parigi. Gli attori stanno provando «Irène» di Voltaire. Madame Denis, sua nipote, gli porge dei fogli per la prova. In mezzo a loro, lo scrittore con piccoli cenni decisi dà il via alle battute e suggerisce intonazioni con voce sottile ancora forte, ma da vecchio. Sono Irène e Alexis a provare con lui, mentre altri restano di lato a guardare, tra cui Zoe cameriera di Irène e una guardia. Olimpia è seduta a terra, con un enorme gatto ingioiellato fra le braccia.

IRENE (a un cenno di Voltaire).
«Du jour où Nicéphore ici reçut ma foi,
Vous le savez assez, tout est changé pour moi»
VOLTAIRE Altera sì, ma anche innamorata... Attenzione, ancora!
(Irène ripete i versi con più dolcezza).
IRENE «Du jour où Nicéphore ici reçu ma foi... ».
VOLTAIRE Benissimo.
IRENE «Vous le savez assez, tout est changé pour moi».
(Voltaire si rivolge all’attore che interpreta Alexis).
VOLTAIRE E tu, non stare distratto, sei innamorato pazzo di Irène!
Subito, con foga! Vero! Vero!
ALEXIS «Hors mon coeur: le destin le forma pour Irène...».
VOLTAIRE Non avete mai amato? Siete giovane e bello, avete nervi,
cuore e cazzo, e non mi date nessuna emozione! «Hors mon coeur...»:
tutto è cambiato per Irène da quando è diventata sposa dell’imperatore...
e Alexis subito, «subito»! con impeto, le risponde eccetto che il mio cuore»:
ma subito e con impeto, avete capito?
Sennò i miei versi sembreranno scritti male.
ALEXIS (con lo stesso tono). «Hors mon coeur...».
(Voltaire si accascia nella poltrona. Fa un largo gesto per congedare gli attori).
VOLTAIRE Sono vecchio, non riesco più a provare come una volta.
Ci vuole forza salute e giovinezza per lavorare in teatro.
Fate un po’ per conto vostro, poi tornate.
(Olimpia porge il gatto a Voltaire che se lo pone sulle ginocchia).
Vi ringrazio. Chi ama gli animali come me, apprezza un dono
così pieno di potenzialità affettive.
(gratta dolcemente la testa del gatto che fa le fusa).
Lo chiamerò Alexis. È il giovane amante di Irène, nella mia ultima tragedia...
Un giovane guerriero destinato alla sconfitta...
perché ama la giovane moglie dell’imperatore...
È curioso, ho detto «giovane» per tre volte nell’arco di poche frasi...
Mi è sfuggita ormai la giovinezza, e il rimpianto affiora,
inconsapevolmente, dalle mie parole...
(Olimpia è affascinata. Il grande vecchio solleva lo sguardo su di lei).
Voi... siete giovane, ancora... E bella... In altri tempi
vi avrei fatto la corte. Adesso vi domando: che volete da me?
OLIMPIA Io... ho letto le vostre tragedie. Siete... diverso.
Non ho studiato, ma sento che le vostre storie
non sono come quelle di Racine e di Corneille...
(Voltaire sorride divertito).
VOLTAIRE Le mie «storie»? Sì, non sono come quelle dei nostri grandi...
OLIMPIA Non c’è solo amore, nelle vostre tragedie, ma altri temi,
altri interessi... come nella vita, che è varia e ci porta in tante direzioni...
(Madame Denis si è avvicinata alla poltrona di Voltaire e ascolta con un sorriso misterioso).
MADAME DENIS Voltaire si è sempre battuto
per la libertà dell’espressione. Nella vita, e negli scritti...
(guarda con intenzione Voltaire che la ricambia).
Senza pregiudizi.
(Voltaire prende la mano di Madame Denis e la bacia).
VOLTAIRE Mia nipote... la mia musa... la signora dl mio cuore, la mia luce.
OLIMPIA (a Madame Denis).
Anche voi avete scritto dei lavori per il teatro.
Ho trovato una vostra commedia dal mio tipografo...
MADAME DENIS La mia «Dafne»!
Allora, scrivete anche voi?
OLIMPIA Ho appena cominciato, non oso proseguire.
Eppure ne sono tentata. Non perdo più il tempo
dietro il mio viso e per l’eleganza degli abiti. Mi par di vivere soltanto
nel dar corpo e parola ai personaggi che mi vengono in mente...
VOLTAIRE Come rinunciare allora a quelli della nostra epoca,
invece che affrontare soltanto nel mito le nostre radici intellettuali? ...
MADAME DENIS L’Oriente... la Cina... oppure il Perù dell’«Alzira»...
OLIMPIA O l’America dei negri... intere popolazioni di schiavi,
trattati con crudeltà dai coloni francesi, che li sfruttano per arricchirsi.
Questo uso degli esseri umani va contro ai principi
che stanno affermandosi nella nostra terra.
VOLTAIRE Tante cose si possono dire attraverso il teatro...
Scrivete quello che vi sentite. Il resto, non vale niente.
Noi ci illudiamo sempre, nei nostro propositi.
Grandi progetti al mattino... e lungo la giornata, soltanto sciocchezze.
OLIMPIA Ma voi avete lottato, siete andato contro le mode...
Avete dato un colpo di spugna alle convenzioni... La verità storica,
le vicende dei popoli... queste idee le avete affermate nelle vostre tragedie...
VOLTAIRE E così sono rimasto lontano da Parigi per ventotto anni.
Prima avevo lasciato la mia filosofia e la mia solitudine
per diventare il buffone del Re... Pare che ci fosse gran folla
a sollecitare una carica così alta, e mi avevano fatto l’onore
di dare a me la preferenza. Dovevo allora meritarmela...
cercare di far ridere la Corte, mescolare grandezza e comicità, interessare gente
che si interessava soltanto di sé ... offrire uno spettacolo in cui ci fosse tutto...
in cui la musica non soffocasse le parole e le parole con la loro capacità
di far pensare non disturbassero il godimento giocoso dello spettacolo...
Dovevo aver a che fare con decine di artisti... un teatro... ballerini...
scenografi... E tutto questo, perché? Perché la delfina mi facesse, passando,
un cenno del capo. Ho deciso di andarmene.
OLIMPIA Siete così deluso, eppure scrivete ancora.
VOLTAIRE È un vizio che non si toglie mai. Un vizio, e un amore.
OLIMPIA Per questo siete tornato a Parigi.
VOLTAIRE Sono vecchio, nessuno mi può più ordinare niente.
Nemmeno il Re che mi aveva proibito di rientrare
si è opposto al mio ritorno in città.
(Madame Denis lo guarda amorosamente).
MADAME DENIS E la gente, per strada.. . applaudiva come impazzita.
La carrozza non riusciva a passare, tanta era la folla.
VOLTAIRE Mi alzano al cielo decretandomi gloria,
ma con uguale entusiasmo gli stessi mi accompagnerebbero al patibolo,
incitando il boia ad impiccarmi.
OLIMPIA Ma perché vi amano, oggi?
Quale motivo ha scatenato il loro entusiasmo?.
VOLTAIRE Questa «Irène», è la storia di un amore infelice,
di ribellioni al potere... un sentore di rivoluzione...
sia pure nell’impero di Bisanzio. I tempi nuovi
inducono il capriccio della gente ad offrirle consenso.
Scrivere è un vizio. Un vizio ed un amore.
(Madame Denis accarezza una mano di Voltaire).
MADAME DENIS Forse ho cominciato a scrivere
per essere ancora più simile a lui... E adesso di nuovo questi attori,
che danno voce ai personaggi creati da Voltaire...
Io ne sono eccitata e felice...
VOLTAIRE Il sangue torna a scorrermi come quando ero giovane...
e simile a un vino generoso mi dà colore e mi scalda...
(A Madame Denis).
Dite agli attori che vengano,
starò ad ascoltarli e insieme metteremo in scena la tragedia.
(Madame Denis va verso gli attori).
OLIMPIA «L’ingiustizia alla fine... produce indipendenza...».
VOLTAIRE Il mio «Tancredi»! ... l’avete citato a proposito,
siete una donna intelligente, in voi c’è passione:
è quanto fa fare del buon teatro, non bastano l’intelligenza e la cultura...
Forse è la cosa che nelle mie tragedie ho tenuto più indietro.
Polemiche e schermaglie; citazioni, dibattiti politici mi hanno distolto dalla poesia...
(Madame Denis torna avendo udita l’ultima frase).
MADAME DENIS Ma io sono rimasta accanto a voi, a tenere vivo l’amore...
(Gli attori si affollano intorno a Voltaire con i fogli in mano per iniziare la
prova. Voltaire sì rivolge all’attrice che interpreta Irène).
VOLTAIRE Allora, mio piccolo fiore, date a questo vecchio la gioia
di sentire le sue parole schiudersi al vostro profumo...
(L’attrice avanza verso Voltaire e sistema le sue pagine. Voltaire si rivolge a
Olimpia).
VOLTAIRE Scrivete, se questo può farvi felice. Pensate che non c’è altro
da fare sulla terra. Che il passato non esiste, che si tratta soltanto di vivere
piacevolmente oggi e domani. Tutto il resto è illusione.
(Si rivolge a tutti quanti gli si sono fatti intorno, nell’attesa dell’inizio della
prova).
Godiamoci questo momento di perfetta gioia,
in un lavoro che ci unisce e ci appassiona tutti quanti.
(Dà una grattatina al gatto).
E tu, piccolo Alexis, ascolta. senza disturbare.
Io riscalderò le mie dita di ghiaccio nel tuo pelo morbido.
ATTRICE Mi direte se il colore... e l’intensità
che cercherò di mettere nei versi, adesso può andare bene...
(Legge le prime parole. poi reciterà ricordando).
«Quel changement nouveau, quelle sombre terreur,
Ont écarté de nous la cour et l’empereur?
Au palais des sept tours une grande inconnue
Dans un silence morne étonne ici ma vue;
En un vaste désert on a changé le cour...».

XXII - Casa di Olimpia. Olimpia da sola. Accanto a lei, fogli scritti.

OLIMPIA Ma che cosa sono io? Un animale diverso.
Né uomo né donna. Ho tutto il coraggio
dell’uomo e qualche volta
le debolezze delle donne. L’amore per gli altri io ce l’ho,
e me stessa, mi odio... A me chiedo
molto di più che agli altri...
Sono fiera, semplice, leale. Sono ...
sensibile... Che cosa voglio? L’uguaglianza...
quella che mi è mancata fin da bambina...
e che è la prima condizione per la vita.
E per questo mi batto, ora che posso farlo.
Ora che ho sopportato abbastanza
di fare da buffone agli uomini
e che il guadagno che ne ho avuto
mi consente di affrancarmi da questa schiavitù.
Ha ragione Voltaire: perché
far divertire gli altri, piegarsi ai loro capricci,
faticare tutto il giorno senza essere se stessi,
e alla fine averne... che cosa?
Soltanto un breve inchino, un baciamano...
una fetta di arrosto nel piatto... un nastro in seta
di Bordeaux... Lascerà liberi i capelli...
Non più parrucche e montatute... acconciature ...
di pizzi e piume... Possano i miei pensieri
sgusciare fuori dalla mente
e farsi avanti nel mondo...
(Si toglie l’acconciatura elaborata. I riccioli scuri vengono fuori come una cascata. Lei vi passa le dita) poi prende i fogli e se ne va).

XXIII - Olimpia su di un balconcino. Di fronte, la «Comédie». Suo figlio Pierre, sui vent’anni, accanto a lei.

OLIMPIA Vogliono la guerra? Guerra sarà.
Questa casa mi costa un sacco di soldi,
ma ci consente di sorvegliare gli attori della Comédie
quando vengono per le loro prove.
PIERRE Solo tu potevi avere un’idea simile!
Affittare un appartamento davanti alla Comédie
con lo scopo di sorvegliare le mosse degli attori!
OLIMPIA Faremo dei turni per tener d’occhio quando entrano.
E poi li spieremo per controllare se leggono la commedia...
PIERRE E li metteremo con le spalle al muro
per rappresentare «La schiavitù dei negri».
Oh! Sta arrivando Molé
OLIMPIA Attento! Non ti far vedere! ... Se quello si accorge di noi
magari finge di mettere in lettura la commedia e poi non ne fa niente.
(Pierre si rincantuccia).
PIERRE È passato?
OLIMPIA Sì, torna fuori. Molé mi è già costato un monte di regali...
Dolciumi e pranzi... Un servizio di piatti in porcellana di Sèvres…
PIERRE E la confettura speciale per sua madre!?
OLIMPIA Dimenticavo la confettura.
Ha una capacità di eludere le promesse... che quasi me lo fa ammirare.
Oh! non c’è ancora stato nella mia vita chi sia riuscito ad imbrogliarmi come lui!
PIERRE Bè, non è proprio vero...
OLIMPIA Non parlo degli uomini che mi hanno fatto la corte, Pierre.
Ma di gente che ha avuto a che fare con me per affari. Molé e straordinario:
vado da lui decisa ad insultarlo e alla fine
riesce a strapparmi un regalo oppure un pranzo.
PIERRE Il teatro non ti affascina anche per questo?
OLIMPIA È la vita che mi affascina! Oh! attenzione, stanno arrivando!
Descrivimeli, tu puoi restare fuori, non ti conoscono...
(Si ritrae. Pierre mezzo nascosto rimane sul balcone).
PIERRE Quella ragazza lunga lunga e biondina deve essere la primattrice.
Si tira dietro un tipo un po’ stempiato...
Lui ha l’aria di adorarla ma lei se ne frega.
OLIMPIA Non l’adora affatto. Spera di riuscire attraverso di lei
a piazzare un poema: lo conosco, scrive così male
che non c’è pericolo di concorrenza, solo le sue ricchezze gli consentono
di essere ammesso alle letture della Comédie.
Gli attori lo chiamano «il poeta» e lui paga a tutti la cena...
PIERRE Stanno arrivando tre dame grasse, tutte incipriate...
OLIMPIA A noi non interessano, non abbiamo personaggi adatti a loro.
C’è qualcun altro?
PIERRE Un giovane dall’aria misteriosa.
Capelli scuri, occhi segnati... non sembra un francese...
OLIMPIA È italiano. Bravo, non ancora abbastanza conosciuto.
Potrebbe fare Zamor. Tienilo d’occhio.
PIERRE Entra... Siede accanto a Molé. La bionda
si mette in faccia, il poeta va in fondo alla stanza e tira fuori un ventaglio...
OLIMPIA Manca buona parte della compagnia. Dovrebbero stare già qui,
le prove sono sempre a quest’ora!
PIERRE Arrivano dall’interno due uomini, una donna giovane...
e poi un vecchio dall’aria altera...
OLIMPIA È un attore famoso, fa sempre i padri. Forse
stavano provando in un’altra stanza.
PIERRE Siedono tutti quanti... Molé tira fuori da una borsa...
dei copioni... Ma non riesco a vedere cosa sono... Potrebbero essere i nostri...
OLIMPIA Li ha tirati fuori Molé, «sono» i nostri! Stamattina
gli ho mandato due oche arrosto perché si ricordasse di portarli alla lettura!
PIERRE Si sarà preso le oche e. basta...
OLIMPIA Sarebbero le ultime che riceve, e anche quelle
potrebbero andargli per traverso.. . Oh! cosa devo ancora fare,
perché mi rappresentino una commedia?
PIERRE La biondina e l’italiano si sono alzati in piedi
e fanno delle boccacce... mettono le labbra in fuori come per dare un bacio...
(Olimpia gli da uno spintone e si sporge sul balconcino).
OLIMPIA Fammi vedere! Stanno facendo le labbra da negro, è così! ... Gli altri ridono come pazzi! ... Sciocchi e superficiali...
(Torna all’interno della casa).
PIERRE Almeno siamo sicuri che stanno parlando della «Schiavitù dei negri».
OLIMPIA Oggi qualcosa si decide.
PIERRE Molé ha preso in mano un copione... Tutti
fanno dei cenni con la testa... come se fossero d’accordo con quanto dice...
OLIMPIA Starà cominciando a leggere. Forse passerà le didascalie...
PIERRE Fa dei gesti...
(Olimpia torna a sporgersi).
OLIMPIA Ha attaccato le battute di Mirza... Sta mimando una ragazza...
È notevole… bisogna dire che ci riesce benissimo...
PIERRE Si è fermato... cambia tutto.
OLIMPIA Adesso sta facendo la battuta di Zamor... Eh,
me le ricordo, una per una, le mie battute... Qualcuno dice
che scrivo troppo in fretta, ma io so le cose che voglio esprimere...
PIERRE La primattrice è andata a sedersi vicino al poeta…
OLIMPIA Così non capirà com’è la sua parte,
e non voterà a favore della commedia!
PIERRE Lui le offre dei dolci... Ridono...
Il vecchio invece ha reclinato la testa
e si è addormentato.
OLIMPIA Fa un brutto effetto uno che dorme in prova...
Mi metterei a urlare...
PIERRE Mamma ti prego, non farti riconoscere...
Se ti scoprono, tutta questa fatica non serve a niente! ...
Calmati!
OLIMPIA Hai ragione. Ma mi viene un’ira dentro, un’ira tale!...
PIERRE Molé si asciuga gli occhi con un fazzoletto...
fa dei gesti... come per chiedere compassione...
OLIMPIA Dev’essere la scena di Sophie
che scuote la durezza d’animo del governatore...
e lui scopre che Sophie è sua figlia...
PIERRE Gli altri ridono...
Si piegano sulla tavola dalle risate...
E si danno delle pacche sulle spalle!
OLIMPIA Ah! Mentre Molé si affanna a suscitare commozione,
loro si fanno beffe dei più alti sentimenti
che il cuore umano possa esprimere!
PIERRE Mamma, sai come sono gli attori...
Fanno i buffoni, ma poi capiscono se una commedia è buona...
OLIMPIA Vedremo. Non dirò niente quando incontreremo Molé.
Voglio che sia lui a raccontarmi com’è andata la lettura.
Mi preme soltanto che la «Schiavitù dei negri» venga rappresentata.
PIERRE Si stanno alzando tutti. Parlano con Molé... .
Lui fa dei cenni con la testa...
come se fosse d’accordo con quello che dicono...
OLIMPIA Andiamo via. Prima che Molé ci raggiunga per dirci com’è andata.
(I due escono).
XXIV - Una sala della Comédie. Olimpia passeggia in attesa di Molé.

OLIMPIA Molé riuscirà a far accettare la mia commedia
agli attori della Comédie, ne sono sicura.
Prima mi consideravano una pazza, una visionaria,
adesso tutti cercano argomenti per apparire i più rivoluzionari...
Mi deridevano, perché difendevo i negri dai nostri coloni
che li sfruttavano come bestie. Adesso è di moda
mostrare sentimenti umanitari: gli attori hanno messo da parte
le dispute amorose e gli intrighi cortigiani.
Molé è un esponente autorevole di questo gruppo compatto e potente...
Speriamo che mi porti delle buone notizie...
(Entra Molé).
MOLÉ Deliziosa creatura! ...
(A mani tese si avvicina a Olimpia e le ghermisce le dita imprimendovi un bacio rumoroso. Olimpia ritrae le mani e tenendogli ben salde le sue lo guarda negli occhi).
OLIMPIA Allora?
MOLÉ Allora... è fatta!
OLIMPIA Rappresenteranno la commedia?
L’avete letta? Che cosa ne hanno detto?
MOLÉ Calma! Una cosa per volta... Non vi ho assicurato
che avrei appoggiato e che avrei ottenuto? E allora, calma!
OLIMPIA Sì calma! È un anno che non fate che dirmi
«State tranquilla... vedrete...».
MOLÉ Se mi rimproverate, non se ne fa più niente.
OLIMPIA Oh insomma!
Volete dirmi che cosa hanno deciso i vostri colleghi?
MOLÉ Oggi si farà la lettura!
OLIMPIA Allora non è ancora stata approvata?
MOLÉ Ho detto tali cose sulla vostra commedia,
che tutti se ne sono incuriositi
fino a pregarmi loro stessi di poterla leggere.
OLIMPIA Non facevate più in fretta a leggergliela voi?
MOLÉ Ne ho letto un pezzetto... tanto per metterli sul gusto.
Non volevano più che smettessi. Ma sul più bello io ho chiuso il copione
e ho detto... «Signori, oggi stesso potrete sapere come va a finire
questo capolavoro, la sua autrice vi invita a leggerla a casa sua.
E poi vi invita a cena».
OLIMPIA Ah! Li ho invitati a cena!?
MOLÉ Mi è sembrato carino da parte vostra... Molti
avevano già degli impegni ma per non disgustarvi, si sono liberati tutti.
OLIMPIA Ma sì avete fatto bene Non è stata pero ancora decisa la
rappresentazione.
MOLE E «come se» fosse già decisa Fidatevi di me.
E siate molto dolce, come sapete essere quando volete.
Gli attori sono come dei bambini, assecondateli!
Fanno i capricci, sono volubili... amano i regali…
adorano sentirsi circondare di tenerezze....
Pensando alla vostra causa sono sicuro che non sarete avara.
OLIMPIA Sapete bene che non ho mai risparmiato le cure e le attenzioni,
anche con voi...
MOLÉ Ho gradito moltissimo il pensiero squisito
con cui avete voluto soddisfare la mia fantasia …
Avevo appena detto che un trionfo d’amore tra una ninfa ed un dio
avrebbe esaltato la mia recitazione e voi me ne avete mandato uno,
meraviglioso in porcellana... Oh! Non potete immaginare
che servizio avete reso alla Francia!
OLIMPIA E così voglio fare con i vostri colleghi... Che possano arrivare
al massimo della bravura per la gloria della mia commedia!
(Entrano l’attrice Judith e l’attore Antonio. Molé va loro incontro premuroso).
MOLÉ Carissimi! Dolce Ninon...
JUDITH Non mi volete più bene...
MOLÉ Mia adorata... perché?
JUDITH Ogni anno, per il mio compleanno,
mi mandavate sempre un alberetto... un piccolo arancio fiorito..
MOLÉ Puro come la vostra persona profumata, lo so, non ho dimenticato...
JUDITH Ma questa mattina ho aperto gli occhi e l’alberetto non c’era...
Ho frugato tra i regali che gli amici e gli ammiratori
avevano mandato, niente! Proprio voi che siete il mio maestro,
la mia guida... il mio amatissimo tutore... Niente!
(Getta a terra una sciarpa e la calpesta con tutte le forze).
Niente! Niente! Niente!
MOLÉ (dolcemente allusivo). La giornata non è ancora finita...
JUDITH (bamboleggiando). Ma è già verso il tramonto...
MOLÉ Le sorprese sono belle proprio perché sono sorprese... Piccolo fiore,
vi presento Olimpia de Gouges, la scrittrice di cui oggi leggeremo una commedia.
OLIMPIA (all’attrice). Sono felice di vedervi da vicino.
Siete ancora più bella che in scena.
JUDITH Scusatemi, prima mi sono lasciata andare a una delle mie piccole
sfuriate... ma quando gli amici non pensano a me, mi sento così sola! ...
OLIMPIA Il giorno non è ancora finito, come ha detto Molé:
quando tornerete a casa, troverete la piantina che con tanto calore
avete reclamato: ve la offrirò io, come omaggio al vostro talento
e come augurio che interpretiate la mia «Mirza»...
JUDITH Accetto con piacere questo pegno di amicizia.
MOLÉ E adesso lasciate un po’ di spazio a questo attore,
che è rimasto in silenzio ad ascoltarvi. Ottavio è italiano,
ma fa ormai parte della nostra famiglia.
(Ottavio si inchina e bacia la mano di Olimpia).
OTTAVIO Sono venuto da lontano ma mi sento di Parigi.
Anche voi, signora, venite di lontano...
OLIMPIA Questa città è l’unica dove ci si può sentire del mondo.
OTTAVIO Non parlavo la lingua, e così ero costretto al teatro
in pantomima... Lazzi... arlecchini... sberleffi e cantatine...
Il mio bell’italiano, chi lo capiva? Ho imparato il francese,
ora sto meglio, ma non c’è più il gioco...
MOLÉ Zamor vi piacerà: è il giovane negro inventato
dalla nostra scrittrice.... Ma dove sono gli altri attori?
Dovevano venire tutti per la distribuzione delle parti.
OTTAVIO Erano ancora in prova: Molière non si può abbandonare...
MOLÉ Spero che ci raggiungano, almeno per la cena.
(A Olimpia).
Non preoccupatevi, reciterò io tutti gli altri personaggi.
Cominciamo con gli innamorati...
(Molé distribuisce i fogli della commedia).
JUDITH Io mi diverto molto di più quando recita Molé
che ascoltando i miei colleghi.
MOLÉ A voi la prima battuta, deliziosa Ninon.
Con l’impeto, la passione e la dolcezza che vi conosciamo.
JUDITH «Zamor, amore mio, perché gli europei ci hanno fatto schiavi?
Anche noi siamo uomini, perché dunque una differenza
così forte tra la loro specie e la nostra?».
MOLÉ A voi, Ottavio, la battuta di Zamor.
OTTAVIO «Questa differenza è poca cosa: non esiste che nel colore.
Ma i vantaggi che hanno sopra di noi sono immensi...».
(Si ferma meditabondo).
Certe volte non esiste neppure diversità di razza, io ho faticato a conquistarmi
un posto al sole. Ero italiano, bastava questo, ero italiano e non francese.
OLIMPIA Voi sentite già come vostra la tesi della mia commedia.
Leggete, che la vostra passione inchiodi l’attenzione degli spettatori
e li conquisti alla causa della giustizia!
OTTAVIO (legge). «L’arte li ha messi al di sopra della natura...
l’istruzione ne ha fatto degli dei, noi invece non siamo che uomini...».

XXV - Giardino dei Champs Elisees. Olimpia irrompe scarmigliata, i vestiti scomposti. Risate in lontananza. Commenti.

VOCI È una presa in giro.
Questo non è teatro!
I nostri diritti non si toccano!
OLIMPIA Io! Io avrei dovuto recitare!
(Siede ansante. Entrano il Segretario e Pierre).
PIERRE Vogliono linciarti... Temono di perdere i loro soldi... che le tue teorie
mandino all’aria i loro privilegi.
SEGRETARIO Ah! Soltanto se gli racconti delle storie inventate
ti applaudono... Quando ci sono di mezzo i soldi, allora. è guerra! ...
OLIMPIA Per di più gli attori hanno recitato malissimo.
Non credevano a quello che dicevano... Era tutto falso! Falso e forzato!
PIERRE E poi, c’è gente che ha interessi nelle colonie...
e la schiavitù dei negri fa comodo. ... .
OLIMPIA Il successo è un pallido fantasma... Lo intravedi e scompare, stai per afferrarlo e ti sfugge, forse l’hai soltanto sognato....
VOCI Abbiamo pagato! Ridateci i soldi!
OLIMPIA (tra sé). Devo dirglielo al pubblico! Spiegargli! (Grida).
La commedia è bella! C’è una storia d’amore... E insieme...
c’è un discorso politico. I negri che sono usati come schiavi dai nostri coloni, si dimostrano in tutto all’altezza dei bianchi... hanno sentimenti, passioni, comportamenti simili ai loro quando non addirittura migliori, non sono corrotti dall’avidità di denaro: questo doveva risultare dalle scene! Ne è venuto fuori un fragile balletto... una disgustosa pantomina edulcorata...
(Si rinfranca, si fa più sicura).
Ascoltatemi! Volevo raccontarvi una storia del nostro tempo. Mostrarvi l’uomo contro l’uomo! Volevo riuscirci con una rappresentazione. In questo modo avreste capito che non si parlava soltanto dei negri... ma di tutte le sofferenze, di tutte le discriminazioni... Gli attori mi hanno tradita...
si sono fatti trascinare dal pregiudizio... hanno deriso i miei scopi...
ne hanno rifiutato l’umanità e i personaggi sono diventati
delle marionette vuote! ... Vi reciterò io tutta intera la commedia!
Io vi farò conoscere Zamor e Mirza! Li amerete e applaudirete la storia!
VOCI Basta! Vecchia pazza! Vogliamo indietro i soldi!
Ma lasciatela stare! Andiamo via!
Andiamo dai comici italiani! Sono più divertenti!
Sì ! Sì! Dai comici italiani! .
(Le voci si allontanano mentre cresce la musica allegra di una piccola orchestrina: è quella dei comici italiani, che invadono la scena danzando con grazia e improvvisando ogni sorta di lazzi. Olimpia rimane incantata).
OLIMPIA Oh! I comici italiani! Seno loro che mi hanno portato a Parigi! Com’erano allegri e gentili! I comici italiani sono più onesti e più garbati degli attori della Comédie...
(I comici ballano insieme a Olimpia, a Pierre e al Segretario. Arrivano anche le bestie e Ceschina. Tutti quanti ballano).
ARLECCHINO SCIMMIOTTO Ehi fratelli! Finalmente vi rivedo!
(Si mette a fare capriole).
OLIMPIA Sono loro che mi hanno regalato te, quando li ho lasciati...
(Olimpia balla insieme ad Arlecchino scimmiotto e ai comici. Tutti quanti danzando si allontanano).

XXVI - Olimpia con Pierre. Poco distante un bosco. Ceschina sta raccogliendo dei fiori.

OLIMPIA Mi pare ieri che eravamo arrivati a Parigi.
Tu ormai sei grande, figlio mio.
PIERRE Non stiamo mai insieme, mamma...
OLIMPIA D’ora in poi sì. Ho messo da parte una somma che ci consentirà di vivere tranquillamente.
PIERRE Come hai fatto a guadagnarla?
(Ceschina si avvicina).
CESCHINA Tua madre ha scritto un libro che è andato bene, tutto qui.
(Strizza l’occhio a Olimpia che. ricambia).
OLIMPIA Sì, «Il principe filosofo» è piaciuto a: Parigi e soprattutto
in provincia. Vanno di moda queste storie fantastiche, ambientate in Oriente.
Amori e tradimenti. La suocera odia la regina sua nuora e fa credere al figlio
che lei lo abbia tradito. Lui la scaccia, poi viene a sapere che la moglie
gli è sempre stata fedele. Alla fine ogni cosa torna a posto con gioia di tutti.
PIERRE Quando me lo raccontavi io mi sono divertito.
QLIMPIA Dalle tue reazioni sapevo se la storia funzionava...
CESCHINA Anche a me piace quel romanzo. Come le nostre fiabe...
OLIMPIA Infatti è una storia popolare. Dentro poi ci ho messo quello che volevo dire io: Che il popolo ha bisogno di libertà...
che i governanti devono essere giusti... Ho anche inventato una regina
che afferma l’eguaglianza delle donne nei confronti degli uomini...
ma è così presa dalle sue affermazioni che si spinge troppo in là,
e tradisce il marito... Poi c’è la Corte, avvelenata dalla falsità dei mandarini,
dalle maldicenze dei notabili e dal lussò delle dame... Insomma, ho parlato
un po’ di noi, ma raccontando di un’altra civiltà
e di altri tempi...
PIERRE Pensi sempre... e ti sento lontana...
OLIMPIA Tu sei la mia vita, Pierre.
Ma io tento di trovare la strada per affermare il mio modo di vivere.
Non puoi capire... Sei ancora un bambino...
CESCHINA Pierre ha capito benissimo. Soltanto, vorrebbe una mamma
più sua. Vieni qui, piccolo mio, c’è la tua balia che ti coccola...
(Pierre si rifugia nelle braccia di Ceschina. Entra un borghese ben vestito).
BORGHESE Scusate, passa di qui la carrozza per Parigi?
CESCHINA Noi stiamo aspettandola. Dovrebbe arrivare tra poco.
BORGHESE Che noia questi mezzi! Mai puntuali. E poi gremiti...
Speriamo di sederci.
OLIMPIA A quest’ora la gente è a casa per il pranzo.
BORGHESE E voi come me siete in ritardo...
OLIMPIA Noi non siamo abituati a tanti preparativi...
BORGHESE C’è gente invece che mangia come se vivesse a Corte,
e magari è meno di noi.
OLIMPIA Ah! io non guardo a quello che fanno gli altri.
Arriviamo dalla campagna, ci piace la roba semplice.
CESCHINA E da mangiare ne preparo io.
BORGHESE Ci sono dei «parvenus» che mangiano addirittura in piatti d’oro!
OLIMPIA E chi sarebbero?
BORGHESE Una signora... Oh Dio, proprio una vera signora non direi...
Una di quelle che frequentano l’Assemblea che si fa valere
perché e entrata in molti letti. Uno di questi letti
gli ha fruttato piatti e posate in oro zecchino!
Lei ci mangia tutti i giorni! E poi c’è dell’altro...
(Olimpia lancia un’occhiata a Ceschina che gliela ricambia).
OLIMPIA Ah, c’è dell’altro! E voi sapete...
BORGHESE Io so tutto! Ero il suo amante, volete che non sappia?!
OLIMPIA Il suo amante?! E come si chiama
questa signora, se non sono indiscreta?
BORGHESE Oh non lo siete! È Olimpia de Gouges,
una arrampicatrice, una donna piuttosto bella... — l’avevo scelta per amante! —
ma anche spaventosamente venale.
OLIMPIA E... ditemi, la pagavate molto? Quando veniva con voi…
BORGHESE Io sono un uomo che le donne non le paga.
Semmai sono loro a farmi dei regali.
OLIMPIA Siete così prezioso?
BORGHESE Non per vantarmi, ma i miei pregi sono conosciuti...
Questa Olimpia poi è anche una grande seccatrice.
Così ci sono stato qualche volta, poi l’ho lasciata perdere...
OLIMPIA E lei, si è disperata per l’abbandono?
BORGHESE Oh, quella scrive, si consola così! Cioè «dice» di scrivere.
OLIMPIA Le sue commedie sono addirittura pubblicate!
La Comédie le ha rappresentato un dramma sulla schiavitù dei negri!
BORGHESE Si vede che non siete informata: Olimpia «copia»!
OLIMPIA «Copia»?! E da chi?
BORGHESE Eh! Sono tanti quelli che scrivono per lei! Sennò
non si capirebbe come fa a metter giù tanti scritti in così poco tempo...
Credetemi, io la conosco bene: di suo non ha mai scritto niente!
È tutta roba presa a prestito da altri: lei magari si concede un pochino...
e l’amante le regala una commedia!
OLIMPIA Voglio rivelarvi un segreto: Olimpia sono io!
BORGHESE Olimpia voi?!
OLIMPIA Voi ne siete l’amante e dovreste riconoscerla!
Ma io sono Olimpia, e non c’è nessuno più di me che la conosca.
Avete detto un mucchio di bugie!
Con mille pettegolezzi avete tentato di infangare la dignità di una donna
che vive del proprio lavoro. E com’è falso che io sia stata vostra amante,
così è falso che io mi faccia scrivere le commedie da qualcuno!
CESCHINA Al nostro paese fino a poco tempo fa la gente come voi
la si bruciava sul rogo! Chissà che non ci sia ancora qualche borgo
dove non vi si possa abbrustolire in mezzo a una piazza!
(Il borghese corre via).
BORGHESE Ah! Due donne insieme!... Aiuto! Non volevo fare del male... soltanto vantarmi un pochettino! ...
Anche gli uomini qualche volta hanno bisogno di tirarsi un po’ su...
OLIMPIA Tutti quanti sparlano di me... Mi denigrano...
come donna e come autore...
PIERRE Mamma, fai vedere alla gente di che cosa sei capace...
Scrivi una commedia all’improvviso... Di fronte a tutti...
OLIMPIA Questa è una splendida idea! Chiameremo gli attori italiani
e io scriverò su dei temi all’improvviso,
chiunque potrà suggerirmi un argomento,
io inventerò subito una scena!
Gli attori impareranno le parti da un giorno all’altro e si metterà su lo spettacolo!
La gente verrà incuriosita da questa proposta. E sarà un successo!
PIERRE Andiamo dai comici italiani!
CESCHINA Prima a casa a mangiare! Ecco la carrozza! Era ora!
A Parigi i mezzi pubblici funzionano peggio che al nostro paese...

XXVII - Casa di Olimpia. Olimpia in mezzo alle sue carte. Pierre gioca con le bestie.

OLIMPIA Questa notte ho fatto un sogno.
PIERRE Cominci sempre così quando hai in mente qualcosa.
«Ho fatto un sogno»... per raccontare cose che ragionate scandalizzerebbero.
OLIMPIA Mio figlio mi vuol bene! Hai paura che rischi la vita, Pierre?
PIERRE Le commedie erano un terreno meno pericoloso, mamma.
Adesso tu scherzi con il fuoco.
OLIMPIA Ho fatto un sogno patriottico.
ZAIRA LA CAPRA Raccontacelo! Rraccontacelo,
ti sapremo dire se si avvera... se si avverrrrraaa...
COLOMBA Chi hai sognato, Olimpia?
OLIMPIA Ero davanti al duca di Orléans.
ARLECCHINO SCIMMIOTTO Quanto ti ha fatto la corte, quel signore!...
GATTO TIGRATO Vi ricordate i piatti d’oro...
COLOMBA E quel cibo indigesto, che abbiamo dovuto mangiare noi?
ARLECCHINO SCIMMIOTTO Non l’abbiamo più visto, da quel tempo...
OLIMPIA Voglio rivolgermi a lui, per realizzare il mio sogno patriottico.
COLOMBA Racconta, allora.
OLIMPIA Nel sogno gli parlavo come al mio antico protettore...
(Olimpia fa un gesto. Appare Filippo Egalité: è Jeannot il segretario con una maschera e l’abito di Filippo).
«Ah! Mio signore, com’è disgraziato il mio sesso! È solo con lo charme, con la seduzione, che ottiene tutto dal vostro! Ci sono mezzi più nobili, se le donne vogliono diventare finalmente essenziali alla vita dei nostro paese! Fate attenzione alle osservazioni che voglio sottoporvi a favore della Francia, non siate prevenuto contro il mio sesso. E quando potrete, ricordatevi di mio figlio che ha bisogno di un posto; ne avete tanti, voi, da offrirgli, tra le mansioni dei vostri aiutanti...»
PIERRE Mamma, anche in sogno chiedi queste cose!
Lascia stare, tutti mi prendono in giro...
OLIMPIA Zitto Pierre! Tua madre sa quello che fa. Filippo mi deve molto, può anche preoccuparsi di mio figlio...
Ma ecco il punto essenziale del mio sogno: la Francia
ha bisogno della Monarchia!
(Torna a declamare, rivolgendosi a Filippo).
«Si dice che il Potere riunisce nelle mani del Re
il dispotismo e gli abusi. Ma non basta la lezione che la Monarchia
riceve dalla Rivoluzione perché per il futuro i Re e i Ministri
osservino con maggior scrupolo le loro funzioni...
Ci vuole un capo nel governo della Francia, sennò impererà l’anarchia
e il disordine si perpetuerà: non capite che in mezzo a queste agitazioni
la nostra nazione è in pericolo?»
(Olimpia si rivolge alle bestie).
Così ho detto a Filippo. Lui taceva. Poi se ne è andato, meditando.
(Filippo esce di scena).
Subito dopo è arrivato il Re!
PIERRE Anche il Re hai sognato! Tu vuoi giustificare con il sogno
un messaggio politico che ti creerà dei nemici. Il sogno,
come il teatro... è un’allusione...
OLIMPIA Mio figlio non è stupido. Ma io mantengo il mistero
e voglio vedere che effetto vi fa sentir parlare il Re in un certo modo...
(Olimpia fa un cenno. Il segretario torna in scena con la maschera e il vestito di Luigi XVI. A un segno di Olimpia, parla con modi ed intonazioni regali).
IL RE «Un solo modo può salvare oggi la Francia.
Me lo ha ispirato una donna.
Non esito a dichiararlo, è stata una donna, Olimpia de Gouges,
a rivelarmelo. Io ci ho molto riflettuto, e credo che Olimpia abbia ragione.
Preferisco che un altro eserciti l’autorità che ho nelle mie mani.
Se questo essere avrà la capacità di ristabilire l’ordine e l’emulazione
in tutte le classi sociali senza spargere sangue, io lo considero
come un secondo Padre per la Patria. Forse un giorno i miei sudditi
mi rimpiangeranno, ma io per loro resterò sempre con i sentimenti
di un buon padre. Vi impegno a riflettere sull’uomo che vi ho chiesto,
la sua scelta non è cosa da poco! Come ho fatto io, non pensate ad altro
che agli interessi della Patria; con dei sentimenti così nobili, la salveremo!
È alla Nazione che parlo, tutto quello che farete io lo approverò
se ne avrà come scopo la salvezza! Quanto al potere assoluto, io sono degno
di possederlo: se voi mi credete buono e giusto, potete pensare
che sia pericoloso affidarmelo di nuovo? Io sono il Padre del mio popolo
prima di esserne il Re: voi potete rapirmi questo titolo, ma mai
il mio amore per lui: indebolendo il mio potere,
voi attentate alla sua felicità e alla sua tranquillità»! ...
(Il segretario si ritira con un inchino al quale le bestie e Pierre fanno seguire
un applauso scrosciante).
PIERRE Mamma, ti metterai nei pasticci se continuerai a manifestare le tue simpatie per il Re...
OLIMPIA Nei pasticci mi ci sono trovata fin da quando ero bambina...
Vedrai, la Rivoluzione è un bel vento che spazza via le ingiustizie,
ma deve lasciare le cose buone e quelle giuste,
il tutto nuovo non porterà che danno.
PIERRE Credi di poter scherzare con la gente
come quando te ne andavi in giro nei salotti?
Già io sento molti che ti vogliono male.
Lascia stare la politica, mamma, o avrai dei grossi dispiaceri...
OLIMPIA Ognuno di noi ha un destino segnato. Se io non dico
quello che penso, scoppio. Per ora, Luigi io mi sento di difenderlo.
(Ritorna il segretario con ancora indosso una parte del costume indossato poco prima. Tiene in mano i fogli dei monologhi recitati. Si rivolge ad Olimpia).
IL SEGRETARIO Allora, devo portarli al tipografo?
OLIMPIA Sì, Jeannot. Il titolo è «Appello alla nazione»; i sottotitoli
riguardano il sogno rivolto a Filippo, e il Re che parla alla Nazione.
Farà un certo scalpore mandare in giro un discorso del Re:
chissà come la prenderà quando verrà a saperlo.. .
La cosa, ne sono sicura, è destinata a fare molto rumore.
IL SEGRETARIO Speriamo di non irritare chi vorrebbe che le cose andassero in modo diverso...
OLIMPIA C’è sempre chi si irrita, quando qualcuno dimostra del coraggio.
A me piace vivere così. Tanto, sì finisce sempre per morire...
(Il segretario si avvia. Le bestie circondano Olimpia e la festeggiano starnazzando)

XXVIII - Olimpia in casa. Intorno pagine scritte.
OLIMPIA Che insensati, gli uomini!
Non vivono che un giorno, un’ora, un minuto,
e questa vita corta, rapida, piena di tempeste,
di infermità, di malvagità e di dolori
non ha potuto ancora ispirare la forma di un governo saggio e umano...
(Entra Jacques l’ufficiale. Alti gradi sulla divisa).
JACQUES Siete ancora bella. Quanti anni sono passati?
(Olimpia lo guarda trasognata).
OLIMPIA Non è da un sogno che arrivate?
JACQUES Anni perduti... Avrei potuto amarvi... Non mi avete voluto.
OLIMPIA Vi ho conservato nel mio cuore.
L’amore non resiste all’usura dei giorni... e io volevo vivere una vita mia.
JACQUES Sono stato lontano, dove si fa fortuna
perché il tempo è vuoto d’amore e soltanto il denaro ti regala illusioni.
OLIMPIA Siete andato in America?
JACQUES Ho delle piantagioni...
(Tira. fuori un monile scintillante. Ne circonda il collo di Olimpia).
OLIMPIA Tanti anni fa avrei gridato di gioia per un regalo così prezioso...
JACQUES Non è per il valore, ma per la bellezza che lo meritate.
OLIMPIA Sarei stupida a rifiutarlo. Sempre più
si è aggravata la situazione in questa terra
che pareva liberata dagli ideali della Rivoluzione...
Poco per volta tornano i vecchi privilegi, soltanto,
sono altri a goderne... E la vera giustizia è lontana...
JACQUES Io ho preferito andarmene.
OLIMPIA Siete tornato ricco.
JACQUES Mi volete sposare?
(Olimpia ride).
OLIMPIA Vi stanchereste presto. Io sono un animale
di cui non c’è l’uguale. Non sono
né uomo né donna: a parte il sesso, dico come persona.
JACQUES Vorrei esservi utile. I soldi non danno la felicità...
ma possono aiutarla.
OLIMPIA Un gioiello, lo accetto. I negri della vostra piantagione
hanno pagato un prezzo duro questi brillanti, l’oro che brilla sul mio collo.
Mi aspettano altri impegni
che non possono risolversi con il denaro...
JACQUES Volete che me ne vada?
OLIMPIA Ho dei nemici. Non vi conviene farvi vedere con me.
Robespierre è potente e incrimina quelli che sono stati i suoi amici,
gli alleati coi quali aveva ideato la Rivoluzione...
È il più forte, per ora, perché con determinazione
più fredda insegue il suo ideale... Anche lui cadrà, un giorno,
ma dopo la mia sfida... e altri momenti ci saranno ancora da soffrire,
per me, prima di arrivare alla dolcezza del riposo...
JACQUES Olimpia, che vi prende? Come una veggente parlate per enigmi... OLIMPIA Andate. Il tempo dell’amore è lontano... Vi ho sognato,
qualche volta. Quando ero sola e disillusa... e i baci appassionati
di un amante sincero mi avrebbero distolto dall’idea della morte.
Adesso è tardi. Restate un sogno. E ricordatemi, vi prego. Ricordatemi...
(Jacques le bacia la mano ed esce).
OLIMPIA E ora, raccogliti mio pensiero. Non essere prolisso,
non confonderti con il pettegolezzo.
Riduciti in uno spazio corto e preciso...
Non è mai stato in mio potere uno stile brillante e ricercato:
più naturale che eloquente, ecco il mio marchio.
I puristi ci metteranno il suggello della critica:
io me ne infischio, se interessano
gli amici della nostra Francia il mio scopo è raggiunto!

XXIX - Gabinetto di Maria Antonietta. Una cameriera introduce Olimpia che porta con sé un rotolo di velluto.

MARIA ANTONIETTA Allora, questi gioielli?
(Olimpia srotola il velluto, mettendo in mostra dei bellissimi gioielli).
OLIMPIA Ecco, Maestà. Ma vi prego, datemi la vostra parola
che nessuno verrà a spiarci. Queste gioie hanno una provenienza segreta...
MARIA ANTONIETTA Ho dato ordine che nessuno ci disturbi.
(Maria Antonietta prende in mano una collana, se la prova al collo).
OLIMPIA Siete bella. Il vostro viso mostra la nobiltà da cui venite.
Questa collana è degna di voi.
MARIA ANTONIETTA Perché avete voluto portarmi queste gemme?
OLIMPIA Per incontrarmi con voi.
(Tira fuori dei fogli).
Mia regina, non ho mai creduto alle calunnie sul vostro conto.
Vi ho sempre stimato e ammirato.
MARIA ANTONIETTA Ma chi siete?!
OLIMPIA Vi chiedo perdono. Non vi ho portato i miei gioielli
perché afflitta dal bisogno, come vi è stato detto. Sono Olimpia de Gouges.
A voi, a voi ho dedicata questo scritto che riguarda tutte le donne.
MARIA ANTONIETTA Siete sfrontata, per questo mi piacete.
Non avete avuto paura di affrontare la Regina. Il coraggio è vita, parlate!
OLIMPIA Tutta la Francia vi accusa,
facendovi responsabile di ogni male, io sola prendo le vostre difese.
MARIA ANTONIETTA In questo clima di denigrazione,
io passo per un mostro. Lo spreco della Corte, gli intrighi politici,
è a me che li attribuiscono. Perfino come madre
mi accusano delle peggiori azioni su mio figlio…
OLIMPIA Anche voi avete dei torti, maestà.
Non per quanto riguarda il vostro amore materno,
ma per esservi lasciata andare a troppi vezzi femminili...
MARIA ANTONIETTA A Corte esigevano che mi comportassi così.
Fin da quando ero bambina a Vienna
e mi educavano per essere regina di Francia. I tempi oggi
stanno mutando: la mia vita, la si vuole buttar via,
come un fiore marcito che non profuma più.
OLIMPIA L’esistenza è poca cosa quando non è abbellita
dall’amore del popolo e dalle grazie eterne della carità. Ascoltatemi,
io vi ho portato un dono ben più importante dei gioielli. Siamo noi,
le donne, a doverci svegliare ai tempi nuovi.
Se voi farete vostro questo segno, vi metterete più avanti dei filosofi
e dei politici che hanno proclamato i diritti dell’uomo e del cittadino. A voi,
Maria Antonietta, io dedico la dichiarazione dei diritti delle donne!
(Entrano le donne del palazzo: cameriere e serve, dame e sarte, cuoche e parrucchiere).
Le madri! Le figlie! Le sorelle che rappresentano la nazione
chiedono di costituirsi in assemblea nazionale!
L’ignoranza, l’oblio o il disprezzo dei diritti delle donne
sono le sole cause delle disgrazie pubbliche e della corruzione
dei modi di governare! Le donne hanno deciso di esporre i diritti naturali,
inalienabili e sacri che loro appartengono!
Il sesso, che è superiore per bellezza e per coraggio
nelle sofferenza della maternità, riconosce e dichiara,
in presenza e sotto gli auspici dell’Essere Supremo,
i Diritti della Donna e della Cittadina!
(Olimpia guarda la piccola folla che si è formata attorno a lei. La regina è in mezzo alle altre donne).
MARIA ANTONIETTA Diteci allora quali sono questi diritti, Olimpia.
Almeno fateci conoscere i più importanti.
OLIMPIA L’articolo primo dice:
«La donna nasce libera e rimane uguale all’uomo nei diritti.
Le distinzioni sociali non possono essere fondate che sull’utilità comune».
(Sfoglia le pagine).
E perché lo sappiate subito e lo teniate in mente, l’articolo sei dice:
«La legge deve essere l’espressione della volontà generale.
Tutti i Cittadini e le Cittadine devono concorrere personalmente
alla sua formazione: essa deve essere la stessa per tutti!»
(Guarda le donne, poi fissa la regina).
Maestà, correte pericolo per la vostra stessa vita. Come donna,
anche se siete la regina, non avete mai espresso la vostra volontà:
quindi non vi si dovrebbe accusare di nulla.
Eppure sono in molti a sostenere che meritate la ghigliottina.
MARIA ANTONIETTA Io non ho nessuna colpa.
Non possono chiedere la mia morte.
OLIMPIA L’articolo dieci pare fatto apposta per voi:
«La donna ha il diritto di salire sul patibolo; essa deve ugualmente avere
quello di salire sulla Tribuna», deve cioè poter votare ed essere votata!
UNA DONNA CON UN BAMBINO IN BRACCIO
Per me votare è un sogno. Figurarsi poi esser votata.
Sono stata resa madre contro la mia volontà. E devo allevare questo figlio
da sola. L’uomo si è preso il suo piacere,
io per tutta la vita ne subirò le conseguenze.
OLIMPIA L’articolo undici è quello che fa per le donne come te:
«Ogni Cittadina può dire liberamente: Sono madre di un figlio
che appartiene a te»: può dirlo indicando l’uomo che l’ha resa madre, capite?
E questo lo può fare senza che un barbaro pregiudizio la costringa
a nascondere la verità!
MARIA ANTONIETTA E se certe donne ne approfitteranno?
OLIMPIA Chi dirà il falso ne risponderà di fronte alla legge.
(Guarda la piccola folla).
E poi ci sono articoli che trattano della proprietà...
del controllo che anche le donne devono avere ...
sulla conduzione della pubblica amministrazione a cui esse,
come gli uomini, contribuiscono... Ma dovete essere voi
per prime, a rendervi partecipi degli affari dello Stato!
(Passerà dall’una all’altra, cominciando dalla regina, a ciascuna rivolgendo una parte della sua arringa).
Donna, risvegliati!
Le campane a martello della Ragione
si fanno sentire in tutto l’universo.
Riconosci i tuoi diritti! La fiaccola della verità
ha sciolto le nubi della stupidità e dell’usurpazione.
L’uomo schiavo ha moltiplicato le sue forze
e ha avuto bisogno di ricorrere alle tue per spezzare le sue catene.
Appena libero, è diventato ingiusto verso la sua compagna. Donne,
quando smetterete di essere cieche? Quali sono i vantaggi
che avete raccolto nella rivoluzione? Un disdegno più accentuato...
Ma avete avuto i vostri torti. È vero, la schiavitù
e la dissimulazione sono state il loro retaggio. Ciò che la forza
aveva loro tolto, l’astuzia glielo ha reso. Hanno fatto ricorso alla bellezza
cui anche il più irreprensibile non poteva resistere. Veleno, lama,
tutto era in loro potere: comandavano al crimine come alla virtù.
Il governo francese è dipeso per secoli dall’amministrazione notturna
delle donne: la stanza da letto non aveva segreti: ambasciate, comandi militari, presidenze, pontificati, cardinalati, tutto quanto caratterizza
la stupidità degli uomini, profani o sacri, tutto è stato sottomesso
alla cupidigia e all’ambizione di questo sesso una volta disprezzabile
e rispettato, rispettabile e disprezzato dopo la rivoluzione!
MARIA ANTONIETTA Perché il nostro sesso
una volta era disprezzabile e rispettato?
OLIMPIA Perché una donna non aveva bisogno che di essere bella
o compiacente: quando aveva queste qualità, cento fortune
erano ai suoi piedi. Se non ne approfittava, si pensava che avesse un carattere
bislacco o una filosofia bizzarra che la portava al disprezzo delle ricchezze.
Eppure, oggi tutte le porte sono chiuse per la donna: l’uomo l’acquista
come lo schiavo sulle coste dell’America e può rifiutarla
quando non gli piaccia più: ma se la donna ha perso le sue grazie,
cosa sarà di lei? È la spartizione delle ricchezze tra il marito e la moglie
che va presa in considerazione, come tante e tante altre situazioni...
il matrimonio a termine, una forma di contratto sociale tra l’uomo e la donna...
Non sono le puttane a portare alla depravazione dei costumi,
ma le donne che vivono nella società!
(Olimpia pare sul punto di crollare sotto il peso delle sue affermazioni. Ma ancora una cosa le sta a cuore).
E poi, è assolutamente necessario che io dica qualche parola
in favore degli uomini di colore nelle nostre isole. I Coloni
pretendono di regnare come despoti su degli uomini
di cui sono padri e fratelli, per saziare la loro cupidigia e la loro cieca ambizione...
(Le donne davanti a Olimpia si muovono in circolo insieme a Maria Antonietta. Come un turbine circondano Olimpia che alla fine rimane sola mentre quelle compaiono fuori scena).
Ma dove sono? Il palazzo... la Regina... E le donne della Corte...
(Si passa una mano sulla fronte. Le bestie le si fanno intorno. Il segretario si avvicina sollecito).
SEGRETARIO Che avete, Olimpia? Eravate andata un poco a riposare.
OLIMPIA Dov’è Maria Antonietta?
SEGRETARIO Sarà a Palazzo Reale. La rivoluzione l’ha risparmiata,
finora. Ma certo non tira aria buona per lei.
OLIMPIA Le ho letto la mia dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina... GATTO TIGRATO I diritti della donna e della cittadina alla Regina?!...
Ah! Ah! Ah!
OLIMPIA Ero andata da lei fingendo di volerle mostrare dei gioielli...
ARLECCHINO SCIMMIOTTO Ah! Per farvi ricevere dalla Regina!
Si vede che avete seguito tutta la storia dei diamanti della collana!
OLIMPIA E c’erano le cameriere, le sarte... Perfino una madre
con il bambino in braccio, che mi ascoltavano rapite...
COLOMBA Tutto questo non è stato che un sogno.
Vi eravate lamentata che la Regina non vi mandava a chiamare...
ZAIRA LA CAPRA Nonostante che aveste scritto
a quella Maria Teresa di Lamballe che le fa un po’ da segretaria...
SEGRETARIO Ma che cosa ne sapete voi, della Corte?
La Lamballe è la sovrintendente di Maria Antonietta,
è lei a decidere chi può e chi non può essere ricevuto.
OLIMPIA Quella Lamballe! Altezzosa italiana, le auguro una brutta fine
perché ha osteggiato il mio incontro con la Regina!
(Sospira).
Sì, devo aver sognato. Era tutto così... facile, così a portata di mano!
Però, la dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina, io l’ho scritta veramente.
(Si rivolge al segretario).
E domani, Jeannot, andremo dal tipografo!
Ne farò fare centinaia di copie. Le distribuiremo.
agli angoli delle strade, anche voi...
(Si rivolge alle bestie).
… con la vostra cestina, distribuirete i miei fogli a tutti quelli che passano.
E poi... dei manifesti immensi, in cui mi rivolgo alla Regina!
E le offro i diritti! Sì, Jeannot, domani avremo un bel daffare.
Rileggetemi tutto. Ogni articolo deve essere perfettamente a posto per la composizione... SEGRETARIO Come faccio a dirvi di no? Siete il mio tormento, e la mia gioia.. (Estrae un mazzo di fogli e comincia a leggere. La scena termina sulle sue parole).
«Articolo uno: la donna nasce libera e rimane uguale all’uomo nei diritti...
Le distinzioni sociali non possono essere fondate che sulla comune utilità...».

XXX - Olimpia in casa. Le bestie intorno a lei fanno piccoli rumori. Ceschina cuce una camicia per Pierre. Olimpia infervorata cammina a grandi passi. Il segretario picchietta nervosamente la penna sui fogli.

OLIMPIA Pare una contraddizione, ma non è.
CESCHINA Povero Cristo anche lui.
OLIMPIA Bestie, che ne dite?
ARLECCHINO SCIMMIOTTO Frrr. Spiegaci meglio la questione.
ZAIRA LA CAPRA Brrr. A noi del Re non è mai importato molto.
COLOMBA Uuuu!... La Rivoluzione dovrebbe portar pace.
Perché uccidere allora?
GATTO TIGRATO Un Re, poi... più che un uomo, a me pare un emblema...
ZAIRA LA CAPRA E una volta ucciso, ne viene fuori un martire.
SEGRETARIO (a Olimpia).
Volete che scriva le cose che dicono?
OLIMPIA Mi fa piacere che sentiate anche voi, le mie bestie.
La gente dice che sono una pazza ad affermare che parlano...
CESCHINA Ah! Le nostre bestie sono più sagge dei cristiani...
OLIMPIA Anche voi, Ceschina, dite la vostra.
In casa mia la Rivoluzione non ha cambiato niente,
hanno sempre avuto tutti il diritto di esprimersi.
CESCHINA Questa camicia è per Pierre. Ormai è grande.
Ha un bel posto nell’esercito. Mi sembra ieri che lo tenevo sulle ginocchia...
E come rideva quando lo facevo giocare!
OLIMPIA Ceschina, se dite così è perché vi passa in testa qualche cosa.
CESCHINA Se Pierre lo aveste avuto in odio per via di vostro marito...
lo avreste abbandonato... Invece non avete fatto ricadere su di lui il ribrezzo per il padre, ve lo siete fatto tutto vostro...
OLIMPIA Voi volete dire che la Rivoluzione carica sulle spalle dei Re tutte quante le magagne del passato, e non è giusto che sia lui a pagare per tutti.
CESCHINA Nostro Signore si è preso sulle spalle i peccati del mondo...
OLIMPIA E quindi se noi giustiziamo Luigi XVI,
ne facciamo un martire, un santo?!
CESCHINA Anche senza volerlo, sì.
(Le bestie applaudono squittendo e raspando).
ARLECCHINO SCIMMIOTTO Fr. Fr. Fr... Bisogna lasciarlo vivere.
È il principio in sé, di uno che è re, a non andare bene.
OLIMPIA Credo di essere in grado, a questo punto, di mettere giù la mia difesa.
SEGRETARIO (tutto d’un flato).
Che cosa avete in mente? Finora avevate penato per le vostre idee libertarie.
Adesso che è arrivato il momento di raccogliere qualche frutto dai tempi mutati,
voi difendete il Re? Perfino i nobili si danno da fare per sembrare convinti patrioti,
e voi che per tutta la vita non avete fatto che cercare
di superare i limiti della vostra classe, adesso buttate via
quello che finalmente a buon diritto è vostro?
OLIMPIA Non avete mai parlato tanto, Jeannot!
SEGRETARIO Io... vi chiedo scusa per l’ardire...
Ma sento che rischiate di ficcarvi in un brutto pasticcio:
qualcuno vi userà e cercherà di mettervi fuori gioco.
OLIMPIA Se io non parlo schiatto! Se non dico quello che penso
in base ai principi di verità e di giustizia che sono sempre stati i miei consiglieri,
muoio, soffoco, svanisco!
SEGRETARIO E allora fissate almeno sulla carta quello che volete dire,
io sono qui per questo, non rischierete di lasciarvi trascinare dall’ira
come avete fatto certe volte!
CESCHINA Giustizia, Olimpia, ma anche prudenza...
OLIMPIA Scrivete allora. Siete il mio genio buono, Jeannot ...
SEGRETARIO Avanti allora!
OLIMPIA «O sentimenti fraterni! O giustizia! O natura! Doni preziosi
del cielo, scendete fra i nostri legislatori; fate sparire gli odii, le passioni,
ed io riconoscerò la mano della Provvidenza
che da lungo tempo veglia sulla Francia! ».
SEGRETARIO Venite a quello che dovete dire,
o i deputati si annoieranno e non vi daranno più ascolto.
OLIMPIA Ci arrivo subito. «Montagna! Pianura! Rolandisti! Brissottini!
Girondisti! Robespierrotini! Maratisti! Sparite epiteti infami!
Che i nomi di Legislatori, di Fratelli vi sostituiscano per la felicità del popolo,
per la tranquillità sociale e per il trionfo della Patria!».
SEGRETARIO Arrivate all’argomento, vi scongiuro! La difesa del Re...
OLIMPIA Era bene attirare l’attenzione con un appello
che facesse drizzare le orecchie a tutti! Prima mi rivolgerò
al Presidente della Convenzione: «Cittadino Presidente!
L’universo ha lo sguardo fisso sul processo del Re dei francesi.
Io mi offro di essere il difensore di Luigi.
Lasciamo da parte il mio sesso: l’eroismo e la generosità
sono anche qualità delle donne, e la rivoluzione
ne offre più di un esempio. Io sono una leale repubblicana,
posso quindi farmi carico di questa causa.
Credo Luigi colpevole, come re; ma spogliato di questo titolo proscritto,
Luigi cessa di essere colpevole agli occhi della repubblica.
I suoi antenati avevano colmato la misura dei mali della Francia;
disgraziatamente per lui la coppa si è infranta fra le sue mani,
e tutte le schegge sono ricadute sulla sua testa.
Potrei aggiungere che senza la perversità della Corte
avrebbe forse potuto essere un re virtuoso: detestava i grandi,
li costrinse a pagare i debiti, fu il solo dei nostri tiranni
a non avere delle cortigiane. Fu debole e venne ingannato.
Ci ha ingannati lui stesso: ecco in due parole il suo processo.
Ormai posso morire: una delle mie commedie repubblicane
sta per essere rappresentata! Se dopo la mia morte
ci saranno ancora delle leggi, si benedirà la mia memoria;
e i miei assassini disingannati spargeranno lacrime sulla mia tomba».
Poi mi rivolgerò alla Convenzione:
«E adesso mi sia permesso di manifestare alla Convenzione
la mia opinione su Luigi. Per uccidere un re,
non basta far cadere la sua testa: un re vive ancora a lungo
dopo la sua morte; ma è morto veramente quando sopravvive alla sua caduta.
Mi fermo qui, per consentire alla Convenzione Nazionale di riflettere».
A questo punto mi rivolgerò ai cittadini:
«E a voi, miei concittadini, sottopongo qualche osservazione.
La clemenza onora sempre i vincitori. La Convenzione,
nella sua saggezza, non farà eseguire la sentenza di morte
— se dovesse ridursi a pronunciarla contro Luigi Capeto —
che dopo averla fatta sanzionare dagli ottantatrè dipartimenti
e dalle nostre armate, come ha decretato nella nuova costituzione:
Parigi non è che un frammento molto piccolo della Repubblica Francese!
Ma io penso che non si voterà per la condanna a morte
e che la maggioranza sarà per l’esilio.
Il più grande dei crimini di Luigi Capeto...
(Mentre inizia questa parte, gli animali, il segretario e Ceschina arretrano fino a sparire. Olimpia ha davanti a sé la Convenzione tutta inghirlandata di coccarde tricolore. Il discorso è quello che Olimpia, non più in casa dettando al segretario, ma nel corso del reale processo, ha tenuto di fronte alla Convenzione).
... il più grande dei sui crimini è stato quello di nascere in un periodo
in cui la filosofia preparava in silenzio i fondamenti della repubblica.
Noi abbiamo abolito la regalità. Se il Re fosse stato vincitore,
forse saremmo stati tutti regalisti: gli uomini sono così succubi
delle circostanze! Popolo, trono, tutto ha perduto: siamo abbastanza generosi
da salvargli la vita! Detronizzandolo abbiamo spezzato
tutti gli scettri del mondo: la sovranità del popolo ha ripreso i suoi diritti,
e noi non dobbiamo punirlo per l’ignoranza dei nostri antenati
e per i crimini dei suoi. Se come re ha cercato, attraverso la perfidia
dei suoi simili, di conservare le sue prerogative, ha fatto il suo mestiere.
Siamo repubblicani: esiliamo Luigi Capeto e che tutti i potentati fremano!
Quale popolo, dopo questo atto di eroismo, oserà armarsi
per difendere i tiranni contro una nazione che sa vincere e sa perdonare?».
(Applausi e fischi si intrecciano mentre Olimpia scompare nel buio).

XXXI - Olimpia davanti all’Assemblea, con un fascio di scritti. Accanto a Olimpia, il segretario con i libri di Olimpia sulla mensoletta al collo. Entrano due dame ingioiellate, con cappelli piumati e mantelle eleganti. La Dama Viola è più matura. La Dama Verde è più giovane, con. arie di modernità.

DAMA VIOLA Olimpia, che cosa avete scritto questa volta?
OLIMPIA È il mio ultimo appello all’Assemblea, marchesa.
DAMA VERDE Stiamo giusto andandoci. Non venite con noi?
DAMA VIOLA Oggi si discute sui nuovi rappresentanti. C’è fermento
tra i deputati. Parlerà anche Mirabeau...
DAMA VERDE Siete sempre in prima fila, perché oggi volete restare fuori?
OLÌMPIA Perché dentro si fanno soltanto pettegolezzi.
(Fa un cenno verso il segretario).
E fuori posso scegliere a chi dare i miei scritti...
che sono poi le mie proposte per una Francia nuova... .
DAMA VIOLA A noi volete darle, le vostre pagine?
OLIMPIA Sì, marchesa, a voi le dò.
(prende due libretti e li porge alle dame).
E anche alla contessa, se avete voglia di leggerle...
DAMA VERDE Ma di che cosa trattano?
(Olimpia ride).
OLIMPIA Se ve lo dico... mi insultate.
DAMA VIOLA Volete che vi insultiamo quando leggeremo?
OLIMPIA Se leggerete, potrete meditare su quello che c’è scritto.
E forse cambierete idea.
DAMA VERDE Su che cosa?
OLIMPIA Dovete essere voi le mie alleate. Voi, le più ricche... le più belle...
le più eleganti!
DAMA VIOLA Mentre Olimpia non bada ai suoi vestiti,
non si pettina neppure... Una volta avevate parrucche e cappellini,
abiti alla moda. Adesso no. Perché?
All’età vostra è importante curarsi in modo da sembrare ancora giovane.
Gli uomini, lo sapete bene, tengono alla bellezza di una donna.
OLIMPIA Per anni me ne sono preoccupata. Gioventù e bellezza
erano le sole mie ricchezze. Quel tempo si è concluso.
Altre sono oggi le cose che mi premono.
(Scuote i capelli che le circondano il capo in riccioli liberi e scomposti, appena
venati di grigio e trattenuti da una morbida cuffia).
DAMA VERDE Siamo donne, che possiamo fare?
OLIMPIA La gente ha fame. Abbiamo speso in guerra
i soldi che avremmo potuto investire in lavori produttivi.
La campagna ha bisogno di fattorie... di coltivazioni più moderne...
Ai margini della città nascono piccole imprese
e hanno bisogno di comprare macchinari...
DAMA VIOLA Siamo donne, non abbiamo deciso noi le spese per la guerra!
OLIMPIA Ma come donne invece spendete.
(Olimpia fissa intensamente la Dama Viola).
Il vostro cappello, così capriccioso sull’acconciatura del parrucchiere...
DAMA VIOLA È la moda! lo sapete anche voi. Rosa Bertin
lo ha creato per la Regina...
OLIMPIA E voi subito ne avete voluto uno uguale;
a qualunque prezzo pur di averlo: è così?
DAMA VIOLA Siamo donne...
DAMA VERDE Anch’io mi sono dovuta adeguare... Il mio cappello,
Rosa lo ha fatto apposta per questo vestitino. Finché frequentavate salotti,
vi facevate bella come noi, Olimpia...
OLIMPIA Sono cose destinate a finire.
DAMA VIOLA E poi eravate tutta presa dal teatro...
Vi davate un bel da fare, con le vostre commedie! . .
OLIMPIA Questo impegno ha avuto un tempo, e si è compiuto.
Anche in teatro ho fatto le mie battaglie.
(Il segretario estrae due libretti dalla pila e li porge alle dame).
SEGRETARIO «La schiavitù dei negri», prendete. E a voi «I voti forzati»...
OLIMPIA Nei copioni troverete ben più di quanto potete aver sentito
in teatro... Quello che è scritto resta... Manca però la vivacità di una voce... un gesto suggerito da un tema, che lo renda evidente...
Tanto vale allora scrivere per leggere, non per rappresentare...
(Il segretario si fa avanti indicando Olimpia).
SEGRETARIO Me li ha dettati parola per parola...
DAMA VIOLA Oh! Sappiamo che le siete fedele! Da anni vi vediamo accanto a Olimpia...
(Esamina le pagine).
DAMA VERDE «I voti forzati», dramma in tre atti...
Non l’ho visto in scena...
OLIMPIA Mai stato fatto. Liti... discussioni... Gli attori che lasciavano le prove durante la lettura... L’intrigo era piaciuto, ma impegnarsi in una battaglia, gli attori si stufano subito.
DAMA VIOLA Mi ricorda, questo titolo, la storia della figlia di un’amica... Fin da bambina le avevano messo in testa che da grande sarebbe stata una badessa...
E dai e dai, alla fine lei è entrata in convento... Ma non è diventata superiora...
È morta giovane...Non mangiava... Non dormiva...
OLIMPIA Forse perché non era stata lei a voler prendere i voti.
Anche nella commedia c’è una ragazza forzata a entrare in un convento.
DAMA VERDE E come va a finire la sua storia?
OLIMPIA Bene, perché siamo a teatro. E ogni cosa
che si desidera, si può ottenerla per la gioia del cuore.
(Il segretario di fa avanti).
SEGRETARIO La ragazza riesce a commuovere lo zio, che è un marchese,
e può facilmente sposare il suo innamorato, che è il cugino. La storia
non soltanto finisce bene, ma dimostra che è sbagliato forzare le vocazioni,
ed è un errore che le famiglie nobili costringano le figlie a prendere i voti.
Alla fine la potenza dell’amore e della giustizia trionfa!
Quando la signora mi ha dettato il finale mi sono commosso...
DAMA VIOLA Scommetto che ve lo ricordate a memoria...
SEGRETARIO Oh!, quelle frasi mi sono rimaste impresse!...
(A Olimpia).
Se me lo permettete, vorrei dirle alle signore...
OLIMPIA Ah! io ne sono contenta... Ma soltanto l’ultima battuta, Jeannot...
DAMA VIOLA Avanti allora, diteci questa battuta!
DAMA VERDE Sì, sono curiosa anch’io.
SEGRETARIO Quella di Antoine, il giardiniere. È un popolano che rappresenta il buon senso del popolo...
L’innamorato di Angelica si è confidato con lui fin dall’inizio,
e alla fine, quando i due giovani sono riuniti,
tira un po’ le conclusioni... Tutti si sono pentiti dei loro egoismi,
il marchese che voleva chiudere la ragazza in convento...
la badessa che aveva accettato quei voti
perché le premeva la protezione del marchese...
il curato a cui faceva comodo non saperne niente...
Alla fine Antoine dice...
(Cambia voce. Si fa greve nei gesti, come un attore nella parte di un contadino).
«Uff! Ne semo usciti da ‘sta storia...
E sì che la novizia ha rischiato de facce fa’ cilecca...
Meno male che alla fine s’è vortato tutto a vantaggio nostro.
E nun passerà poi tanto tempo che ‘sta ragazza
dirà de sì ar mio bel padroncino... E ‘n tutto questo
nun c’è niente de male... Dio nun impedisce de vive, se uno lo vole veramente,
drint’a ‘n convento, con onestà... Ma io so’ dell’avviso
che a Dio je piace ancor de più se uno se sposa,
e v’assicuro...».
(Torna a usare la sua voce normale).
e qui l’attore doveva inchinarsi al pubblico...
(Fa un inchino alle dame che ridono. Riprende i caratteri del giardiniere).
«e v’assicuro, dame e signori...
che pur io me sposo appena posso!».
(Le dame applaudono. Il segretario si inchina).
OLIMPIA Queste battaglie le ho soltanto sognate. A teatro
la gente vuole divertirsi, basta il sospetto dell’impegno, e il pubblico
sbadiglia... quando poi non sono gli attori
a inventare ogni genere di difficoltà per metterti in scena.
DAMA VIOLA Peccato. Quella battuta del giardiniere
il vostro segretario l’ha detta con molto spirito, potrebbe fare l’attore...
SEGRETARIO Grazie, signora marchesa, ma io sono contento così.
Una volta facevo l’attore... e andavo in giro... . Ma era tanti e tanti anni fa.
OLIMPIA Abbiamo tutti un passato. Ciò che conta è il futuro.
Adesso io scrivo per avere un rapporto immediato con la realtà.
Se la gente non ha da mangiare, io guardo i vostri cappellini, e dico:
«Compratevi pure un cappello, ma uno solo,
non due, tre o magari quattro come fanno tante dame.
E i soldi risparmiati, si raccolgano in una cassa patriottica,
che serva a sfamare chi non ha niente».
DAMA VIOLA Allora dovrebbero fare tutti a questo modo
Se si impegna solo qualcuna fra noi, passa per una donna caduta in basso…
che non può più apparire... una pazza con idee strambe in testa…
(Olimpia ha preso fuoco. La passione per la causa la invade).
OLIMPIA Come me, mie nobili dame! Una pazza come me!
La gente muore per le strade... Malattie... vecchiaia …
quando non muoiono anche i giovani, di fame... di violenze... di epidemie...
E. noi qui, all’Assemblea, ascoltiamo discorsi su progetti teorici!
Non ci sono possibilità nel futuro della Francia
se non si instaura una vera giustizia, un’uguaglianza reale!
(Guarda le due dame che si sono ritratte, impaurite dalla sua veemenza ma
incapaci di sfuggire alla sua forza ipnotica).
E voi … voi siete cariche di gioielli! Il lusso è sperpero!
Date le vostre gemme alla cassa patriottica! Che il loro prezzo
si muti in pane, in abiti per chi non possiede che la vita!
DAMA VIOLA Scusate... dobbiamo andare... È bellissimo
quello che dite, ma tardi …
DAMA VERDE E’ tardi... tardissimo. Staranno già parlando
e noi dobbiamo assolutamente essere presenti!
Venite anche voi... Vi farete: ascoltare dall’Assemblea...
(Le due dame fuggono via. Olimpia continua a parlare come se non se ne fosse accorta. Parla a tutti e a nessuno. Parla alla Francia. Olimpia è sola).
OLIMPIA Si dovrebbe mettere un’imposta sul numero dei cavalli
che un cittadino possiede!... Sulle carrozze! ... Sapere i denari
che ricava dalle sue terre! ... E le armi, i soldati al suo servizio...
Chi ha ricchezza deve aiutare chi non ne ha!
(Di lato si profila Robespierre. Osserva Olimpia mentre grida. Il segretario appende in giro dei manifesti in ciascuno dei quali figura un tema affrontato da Olimpia. Olimpia afferra un libretto).
«Dichiarazione dei diritti della donna!»
(Il segretario appende un manifesto con quel titolo. Olimpia afferra un altro fascicolo).
«Riflessioni sui negri!».
(Il segretario ne appende un manifesto. Altro libretto).
«Contro i voti forzati in convento!»
(Manifesto con tale titolo. Altro fascicolo).
«Progetto per un ospedale di maternità!»
(Manifesto con tale titolo. Altro libretto).
«Diritto al divorzio!»
(Manifesto analogo. Altro fascicolo).
«Progetto di una cassa patriottica!»
(Manifesto analogo. Altro libretto).
«Progetto sulla formazione di un tribunale popolare e supremo in materia criminale!».
(Il segretario mette un manifesto con questo titolo proprio davanti a Robespierre. Olimpia parla con passione. Terminerà il discorso davanti a lui).
Nessuno di voi può dubitare che mi sia votata interamente
al bene della nostra Patria! Sono tanti i progetti da realizzare,
ognuno richiede un impegno assoluto. Amici! deputati!,
rappresentanti del popolo, non è distruggendo la monarchia
che si realizzano i progetti! ... Il benessere va costruito con fatica...
Non bisogna distruggere, ma costruire! E la ricchezza ... non è la sola cosa
che gioverà alla Francia rinnovata! La nostra Patria
ha bisogno di nuove leggi... di una diversa concezione dei rapporti sociali
che renda i cittadini liberi ed uguali: questo non è accaduto,
non è accaduto con quegli articoli che sono stati scritti
come se racchiudessero la volontà rinnovata dello Stato!
Io mi sono impegnata a correggere ciò che era sbagliato…
ad aggiungere... a modificare quanto nei diciassette articoli
della dichiarazione era stato trascurato,
soprattutto nei confronti delle donne, che sopportano i pesi più gravi
della vita quotidiana! Credete di aver dato giustizia istituendo tribunali
in cui i cittadini sono giudicati in modo uguale?! Quest’uguaglianza
perfetta in apparenza nasconde un’ingiustizia profonda...
Il militare è giudicato dal militare...
E i giudici appartengono alla classe dei nobili e dei ricchi...
Come possono giudicare gente del popolo, arrestata per un delitto,
per un furto... per bisogno e ignoranza, per mancanza di quel controllo
che la gente istruita esercita su di sé. Il povero non ha che la forza dell’istinto,
la scatenata guida delle sue passioni: niente lo arresta tranne il sentimento
di sé, dei propri affetti, e la necessità di sopravvivere... Sia quindi giudicato
dalla gente del popolo chi ha mancato, e riceva la giusta pena
da quelli che possono capire le ragioni del suo comportamento...
E per non distogliere dal lavoro l’operaio e l’artigiano,
il tribunale popolare si riunirà tutte le domeniche, dalle otto del mattino
a mezzogiorno o l’una... Il colpevole, quando si presenterà a questo tribunale,
verrà interrogato, messo a confronto con i testimoni... e giudicato
otto giorni dopo, quando il suo difensore avrà preso conoscenza dei fatti.
(Robespierre è rimasto ad ascoltare. Olimpia gli è accanto).
ROBESPIERRE «Il colpevole si presenterà»? Chi ha compiuto un delitto
cercherà di fuggire.
(Solo nel momento in cui Robespierre le si rivolge, Olimpia esce dal suo delirio).
OLIMPIA Maximilien... Finalmente mi avete ascoltato. Per anni e anni
vi ho mandato i miei progetti... ma non mi avete mai prestato attenzione.
Il mio «tribunale popolare» vi era stato consegnato: aspettavo che mi chiamaste, volevo discuterne con voi.
ROBESPIERRE Discuterne? Con me? ! Le vostre teorie...
se volete chiamarle così, rischiano di creare il caos in una situazione già difficile.
OLIMPIA Provatemi che oggi, in Francia, i tribunali giudicano con giustizia!
Il popolo è ingannato, fuorviato perfino dalla libertà che si è vista offrire all’improvviso, senza sapere che uso farne. Questo popolo attraverso la mia voce
vi chiede di diventare il primo popolo della terra!
ROBESPIERRE Lasciate a noi i simboli... le metafore...
voi siete soltanto una donna. Se volete, spiegatemi invece come dovrebbe giudicare,
questo vostro «tribunale della domenica», gente che ha ucciso.
che ha attentato alla sicurezza dello Stato...
Avanti, vi concedo questa facoltà.
OLIMPIA Quel genere di delitti non sarebbero sottoposti al mio tribunale:
ma i condannati a morte dai tribunali ordinari, trascinati ai piedi del patibolo, dovrebbero avere la possibilità di fare appello al «tribunale popolare»!
Sarebbe uno spettacolo commovente per tutti i cittadini
che un condannato ricevesse la grazia attraverso il tribunale popolare!
Non è nei vostri progetti, Maximilien,
di addolcire la severità delle nostre leggi criminali?
(Robespierre si allontana).
ROBESPIERRE Noi vogliamo la giustizia.
OLIMPIA Io stessa voglio applaudire il mio progetto!
Signori dell’Assemblea, voi cercate con ogni mezzo
di risparmiare la vita dell’uomo: io ve ne offro uno degno di voi!
(Olimpia danza mentre conclude il suo discorso).
Voglio che il popolo di Parigi tenga la sua assemblea
sulla piazza della Bastiglia!, sulle rovine delle mura che per secoli e secoli
hanno imprigionato tante vittime innocenti! Io voglio che si dica un giorno:
«C’è stato un tempo in cui qui si sgozzava
l’innocente nelle tenebre, ma questa caverna atroce si è dissolta,
al suo posto si è innalzato un tribunale popolare, e la giustizia nella purezza
chiara del mattino trionfante si offre ai cittadini!»

XXXII - Una strada di Parigi. Olimpia con un pacco di manifesti sotto il braccio.

OLIMPIA E Jeannot che non arriva... Il tipografo
starà ancora lavorando... gliene ho dato di scritti da comporre! …
Comincerò io ad attaccare i manifesti che ho già qui...
Tutto quanto posso fare contro Robespierre,
è un dovere compiuto verso la Francia...
(Srotola un manifesto: «Pronostico su Massimiliano Robespierre». Ne svolge alcuni. Si avvicina un gruppetto dall’aria bellicosa).
POPOLANO «Pronostico su Massimiliano Robespierre».
La pazza adesso è diventata anche veggente!
POPOLANA Donnaccia! Prostituta! Dama bastarda!
Si è venduta ai signori! Deve pagare!
RAGAZZO Robespierre è il nostro dio! Puttana tu lo insulti! A morte!
POPOLANO La sua testa per dieci soldi!
(Ridono circondando Olimpia che li tiene a distanza reggendo i manifesti).
POPOLANA Eri una di noi... Volevi fare la signora...
La tua testa vale anche meno...
OLIMPIA Siete accecati da una falsa apparenza! Robespierre non vi ama!
Il sangue è intorno a lui e sopra di voi perché di sangue Robespierre
è assetato! Io vi porto la giustizia... la pace di una coscienza limpida!
RAGAZZO Hai difeso Luigi! Volevi salvarlo dalla ghigliottina!
Eri una di noi e ci hai traditi!
POPOLANA Ma il Re non è sfuggito alla morte!
POPOLANO E neanche la Regina!
OLIMPIA Lo so. Nessuno di loro, anche se debole era la loro colpa
legata al destino della nascita, non al male delle azioni perverse,
com’è invece nei disegni del vostro Robespierre!
POPOLANO Non insultarlo o la tua testa salterà! Dieci soldi
per questa testa! Eh! Chi la vuole? Avanti! Fate un’offerta!
(Il popolano afferra per la cuffia Olimpia e la fa girare come un pupazzo. Alcuni popolani sghignazzano).
POPOLANO Né uomo né donna! Pupazzo! Fantoccio di stracci!
(Olimpia si libera con uno strattone. Il popolano non osa riprenderla e rimane a guardarla intimorito).
OLIMPIA Io ho previsto tutto quanto. E so
che la mia morte è un fatto inevitabile.
(Si guarda intorno con occhi di fuoco. Nessuno fiata)
Ma non è ancora il momento. Mi resta del lavoro da fare.
E allora, per questa testa... tocca a me fare un’offerta:
Dieci soldi, avete detto? Ve ne offro trenta,
credo che sia un buon prezzo...
(Getta alcune monete al gruppo di popolani ammutoliti. Qualcuno si butta a raccoglierle. Olimpia si allontana).
Il denaro subito vi acceca! State attenti! Basta poco a dimenticare l’ideale...
(Getta intorno alcuni volantini e uscendo grida le ultime frasi).
Leggete! Aprite gli occhi! Siete nelle mani di un uomo crudele! Fermatelo! La Francia sta annegando in un mare di sangue!
POPOLANO (raccoglie un volantino, legge attentamente).
«Lo stesso sangue dei colpevoli, versato con crudeltà e a profusione,
sporca eternamente i Rivoluzionari... »
(I popolani se ne vanno dopo aver raccolto dei volantini. Se ne fanno dei cappelli, ridendo).
POPOLANI La Pazza!
Robespierre è il nostro dio!
Evviva Robespierre!

XXXIII - Olimpia è sola. Di fronte a lei, Robespierre.

OLIMPIA Robespierre, ti proclami l’unico autore della Rivoluzione:
tu non lo sei stato, non lo sei, non ne sarai eternamente
che l’obbrobrio e l’esecrazione! Il tuo fiato -
avvelena l’aria che noi respiriamo! I tuoi occhi
lasciano vedere quant’è bruttala tua anima,
e ciascuno dei tuoi capelli porta su di sé un delitto!
A chi vuoi fare guerra? Di che sangue ancora hai sete?!
Di quello del popolo?!
(Robespierre ha un moto di insofferenza).
ROBESPIERRE Questa donna mi annoia.
OLIMPIA Il tuo spirito frivolo ti illude
di metterti a confronto con i grandi usurpatori della storia!
(Robespierre ha un moto più brusco di fastidio).
ROBESPIERRE Se continua così, dovrò farla tacere.
OLIMPIA Ti propongo di prendere con me un bagno nella Senna.
Ma, per lavarti completamente dalle macchie di cui ti sei coperto
per tutti gli assassini di cui hai la responsabilità, ci attaccheremo
delle palle di cannone, le più pesanti che ci siano.
Poi ci butteremo entrambi nelle onde...
(Robespierre alza una mano come per scacciare un insetto).
ROBESPIERRE Uffa!
OLIMPIA La tua morte calmerà gli spiriti
e il sacrificio di una vita pura disarmerà il cielo...
(Robespierre fa un gesto. Due guardie entrano e prendono Olimpia per le braccia fino a trascinarla via).
OLIMPIA (grida). Io ho previsto tutto quanto. E so che la mia morte
è un fatto inevitabile...

XXXIV - Olimpia in carcere. Davanti a lei il segretario.
OLIMPIA Mi condanneranno. Non è più questione di idee.
Si salva chi corrompe. Io non sono fra questi.
SEGRETARIO Siete coerente, onesta. Impulsiva, ma buona,
e intuite al di là del tempo, voi vedete lontano.
OLIMPIA È la prima volta che mi dite queste cose!...
SEGRETARIO Non avevate tempo di ascoltarmi. Certe volte
non ero d’accordo con voi, potevano fraintendere
le vostre battaglie appassionate... ma voi ne eravate presa,
dissuadervi era impossibile. Sentivo
che avevate bisogno di me. Nessuno vi è stato mai così vicino.
OLIMPIA Soltanto ora me ne rendo conto. Ora che è tardi.
SEGRETARIO I tempi sono quelli che sentiamo nel cuore.
Basta un attimo, per far vivere un sentimento.
OLIMPIA Sto per chiedervi una cosa molto strana. Una cosa che,
se mi trovassi nella solita disposizione d’animo
farebbe prima di tutti ridere me.
SEGRETARIO Non ho mai riso di voi.
OLIMPIA Anni fa... molti uomini avrebbero voluto sentirmi dire
quello che sto per dirvi... Ora sono io a chiedere.
SEGRETARIO Dubitate della mia fedeltà?
OLIMPIA Non si tratta di fedeltà. Sto per essere mandata al patibolo.
SEGRETARIO Io voglio salvarvi.
Anche offrendo la mia vita in cambio della vostra!
OLIMPIA Io vi chiedo molto meno. Venite a letto con me.
SEGRETARIO Perché avete esitato?
Molti avrebbero dato le loro ricchezze per stare con voi.
OLIMPIA Oh! Le hanno anche date, Jeannot,
non è il momento di fare l’ingenua con voi!...
SEGRETARIO Io non credevo che adesso voi voleste
questo tipo di conforto... di piacere...
OLIMPIA È una grande consolazione che un uomo che mi è caro
possa desiderarmi... Anche se sono ormai sfiorita... non tanto per gli anni,
quanto per le pene di questo periodo così contrastato e crudele...
SEGRETARIO Vi ho sempre amata! Ero geloso dei vostri amici...
mi sforzavo di non mostrarvi i miei sentimenti gettandomi a capofitto
negli appunti delle cose che dicevate e che toccava a me presentarvi
in modo che sì potessero pubblicare...
OLIMPIA È voi, adesso, che ho mandato a chiamare. Voi e nessun altro.
La fiducia, la fedeltà, il lavoro in comune, possono diventare passione?
Può l’amore che unisce due esseri trasformare in sentimento un lungo rapporto
di amicizia? Vorrei tutto questo ! Ma non vi chiedo ché di provare
un po’ di attrazione per me... fino a volermi come un’amante silenziosa...
come una moglie a cui essere abituato...
(Olimpia abbraccia Jeannot che partecipa a quell’amplesso con totale dedizione, affascinato).
e nella quale deporre, con la soddisfazione di entrare nella propria
casa il proprio corpo e il proprio seme... per averne un figlio...
(I due sono strettamente allacciati. Il rapporto d’amore si è compiuto).
SEGRETARIO Un figlio? ... Sarebbe stato bello... averlo da voi,
tanti anni fa... L’avrei cresciuto io, mentre voi potevate continuare la vostra vita.
Adesso è tardi... Anche se questo abbraccio è stato così bello...
che io sento un legame tra me e voi... nel corpo e nell’anima...
OLIMPIA Se nasce un figlio, sono salva. Non possono mandare al patibolo
una donna incinta. Lo Stato si priverebbe di un cittadino o di una cittadina.
Questa è l’unica possibilità di salvarmi. Voi
me l’avete data con la vostra dedizione.
(Jeannot china il capo).
SEGRETARIO Allora, non era amore? Io vi ho amato veramente,
non è stato per rendervi un servizio. È stato per amore.
OLIMPIA Anch’io ho dimenticato il motivo della mia richiesta
e vi ho voluto perché ho provato per voi un sentimento nuovo...
SEGRETARIO E se il figlio non ci sarà?
OLIMPIA È stato bello lo stesso. Nascerebbe, io sarei libera per poco.
Mi lascerei riprendere dall’ira per corruzioni e intrighi,
mi metterebbero un’altra volta in carcere...
Non si cambia e non c’è niente che ci salvi da noi stessi.
(Bacia Jeannot).
Andate, il tempo sta per finire. Non so se ci rivedremo.
SEGRETARIO Che cosa posso fare?
OLIMPIA Nascondere i miei scritti. In futuro li leggerà qualcuno. Chissà,
resisteranno al tempo, al di là degli anni più di noi stessi, più dei nostri figli.
SEGRETARIO Addio, allora.
OLIMPIA Addio. Portatevi con voi la mia libertà.
Io sono qui solo per caso, a dormire un sonno breve.

XXXV - Olimpia in carcere. Il segretario entra.
OLIMPIA Allora?
SEGRETARIO Non ci hanno creduto.
OLIMPIA Dunque?
SEGRETARIO La condanna sarà eseguita presto. Fouquier Tinville
ha detto che una donna da tanti mesi in carcere non può essere incinta...
OLIMPIA Fouquier è in mala fede. Parecchie donne hanno partorito dopo
anni di prigione.
La corruzione dilaga anche qui. I carcerieri
approfittano delle detenute e se ne fanno strumento di piacere.
Ci sono possibilità, pagando, di incontrarsi fuori con i propri amanti...
E anche noi... Jeannot, non abbiamo avuto difficoltà...
SEGRETARIO Loro non vogliono riconoscere queste cose.
Tutto deve apparire perfetto. Avrei voluto salvarvi.
Ma vi amo, questo deve aiutarvi. .
OLIMPIA Ho vissuto parole, ho respirato parole, ho pensato,
ho bevuto, ho dormito ho urlato parole... Questa
era la vita per me. Ora tutto finirà.
SEGRETARIO Le avete scritte, le vostre parole.
OLIMPIA Non è facile essere ragionevoli in un’occasione come questa.
SEGRETARIO Datemi la mano.
(Olimpia gli porge la mano).
OLIMPIA Una mano inutile. Che non scriverà più.
(Sorride suo malgrado).
Siete sempre stato voi a scrivere. Ma la mia mano
inseguiva. i pensieri, e scandiva le parole che dettavo...
SEGRETARIO Sarete uno spirito felice.
Avete sempre creduto che si sopravviva...
OLIMPIA Chi sarò io? Una rondine forse?
State attento, verrò a trovarvi!
SEGRETARIO Forse è ancora il caso di sperare.
OLIMPIA Sapete che non è vero.
(Gli prende la testa fra le mani).
Forse voi siete quello che ho amato davvero. Voi come le mie parole.
(Si baciano. Colpi ripetuti).
Andate. Il tempo è finito... . .
SEGRETARIO Arrivederci.
OLIMPIA Per ora, addio...
(Il segretario esce).

XXXVI - Olimpia in carcere. È notte. Una rondine entra nella stanza. Ha proporzioni umane.

OLIMPIA È novembre, sei in ritardo, piccolina...
RONDINE Sono venuta a trovarti. Una volta mi hai salvato da un gatto.
Ero piccola, tu mi hai imbeccato,
mi hai fatto un nido con il cotone del tuo corpetto...
OLIMPIA E dopo qualche giorno, sei volata via! Era primavera,
te ne sei andata e non ti ho più visto!
RONDINE Lo so! Ero con le altre rondini, tu non mi riconoscevi più.
OLIMPIA Se fossi come te, volerei via di qua. Domani mi taglieranno la testa.
RONDINE Tu lo sai, non si muore. Sarai forse un ruscello
o un fiore, un uccello o la pagina di un libro...
OLIMPIA Quante ne ho scritte! Scriverò ancora questa sera.
Le ultime pagine della mia vita. Ma devo farlo. Anche se sono triste da morite.
RONDINE I tuoi pensieri sono vivi, lasciali in eredità. Sarò con te domani,
quando andrai per quella strada che ti sembrerà lunga e breve.
Mi sentirai cantare, per un attimo sarò sulla tua spalla,
piccola come tutti vedono le rondini. Ma tu saprai che sono io.
E ti darò la forza! Addio!
(La rondine vola via. Olimpia prende dei fogli).
OLIMPIA Divina provvidenza! Tu hai guidato ogni mia azione,
ora ti invoco. Gli uomini non mi sentono più. Accelera il tempo della fine.
I miei occhi sono stanchi di assistere ai loro dissensi, alle loro trame criminali.
Dammi la forza di confondere i malvagi e di servire ancora una volta
il mio paese! Io spero in un ricompensa nei tempi futuri, attraverso i miei scritti,
se qualcuno li leggerà. Per la difesa del Re mi sono creata molti nemici.
Io ho agito con coerenza, dividendo dalla vendetta il concetto del modo nuovo
di guidare lo Stato, eppure mi hanno sospettato di essere contro la Repubblica.
Adesso Robespierre mi accusa di attentare alla Francia,
per la quale ho dato ogni forza, ogni passione.
(Si concentra con intensità).
Io lascio il mio cuore alla patria,
la mia onestà agli uomini, ne hanno bisogno.
La mia anima la lascio alle donne,
non faccio loro un regalo da poco;
la mia ispirazione la lascio agli autori drammatici, gli sarà utile;
lascio il mio disinteresse agli ambiziosi,
la mia filosofia ai perseguitati,
il mio spirito ai fanatici,
la mia religione agli atei,
la mia gioia di vivere alle donne al tramonto...
e ciò che resta di una fortuna accumulata onestamente,
a mio figlio.
Mi sarebbe piaciuto raccontare la mia vita,
ma non c’è più tempo, qualcuno forse lo farà per me...
Ho scritto tanto... pensieri... discorsi... drammi...
suppliche... commedie e romanzi...
Mi affido alle parole, forse avranno più valore di un ritratto.
(Olimpia è in piedi, altera. Il tono è quello di un discorso a un’assemblea).
Francesi, ecco le mie ultime parole, ascoltatele
e guardate nel fondo del vostro cuore. Tra di voi
molti sono in malafede: non volete né la libertà né la vera uguaglianza.
Vi divora l’ambizione, questo avvoltoio vi strazia senza respiro
portandovi a compiere ogni eccesso. Popolo
ti ho amato, ma il tuo regno se ne va
se tu non lo fermi sull’orlo dell’abisso.
Mai sei stato più sublime che nella calma conservata in mezzo al sangue
versato dai violenti. Mantieni la tua meravigliosa padronanza
e Parigi sarà salva, sarà salva la Francia...
(Buio. Luci di alba).
E già mattino.
(Rullare di tamburi. Estrae un piccolo specchio).
Sono pallida? No... Sono bella...
(Buio. I tamburi si fanno altissimi. Il sibilo della lama della ghigliottina. L’immagine del volto di Olimpia a tenere lo sfondo per un attimo).
VOCE SUSSURRATA Dicono che la testa...
mentre viene tagliata dalla lama...
viva per qualche attimo ancora …
(Buio).

XXXVII - Una caserma. Pierre con una lettera. La giacca mostra degli strappi sulle spalle da cui sono stati asportati i gradi.

PIERRE Povera mamma... era troppo impulsiva.
Mi ha messo in tanti guai per la smania di dire sempre quello che pensava...
Devo pensare a me a questo punto. Mamma,
quando i tempi saranno cambiati, ti riabiliterò. Adesso,
scusami, come tu sai fare e considera un gioco quello che farò...
una scena teatrale... uno scherzo di quelli che inventavamo insieme...
(Pierre assume un atteggiamento rigido, come per un rapporto davanti ai superiori. Grida).
Sono il figlio di Olimpia de Gouges! Ripudio mia madre!
Per colpa sua sono stato degradato in questa armata della Repubblica Francese!
Chiedo di essere reintegrato nella mia posizione!
Il sangue di mia madre è colato giustamente sul patibolo!
Io sono fiero di offrire il sacrificio di mia madre
per la salvezza della nostra Francia!
(Il sibilo della lama della ghigliottina La testa di Olimpia cade, immagine gigantesca sullo sfondo. Un bagliore rosso. Buio).


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