HUMANAE VIA CRUCIS

PERSONAGGI:

IL SACERDOTE e

1 – MESSAGGERO LACERO
2 – AUTISTA CIECO
3 – RAGAZZA PRIGIONIERA
4 - MADRE POPOLANA
5 – SIGNORA DEL DAY HOSPITAL
6 – RAGAZZO DEL CARCERE MINORILE
7 - PRETE ANZIANO
8 – INFERMIERA DEI BAMBINI
9 – PENTITO
10 – MADRE GIOVANE
11- DONNA MUTILATA e ANGELO
12- MADRE AGNESE DEL CARMELO
13- MURATORE CANDIDO
14- AGOSTINO
15- CRISTO
e tutti i personaggi precedenti, nei ruoli della

QUINDICESIMA STAZIONE:

nella prima parte, “Quem quaeritis” – visitatio sepulcri:

L’ANGELO nel ruolo dell’ANGELO
IL RAGAZZO nel ruolo del RAGAZZO
LE TRE MARIE, interpretate da RAGAZZA, MADRE POPOLANA, INFERMIERA
UOMO DAL PUBBLICO, interpretato da AUTISTA CIECO
DONNA DAL PUBBLICO, interpretata da MADRE AGNESE DEL CARMELO

nella seconda parte, “Resurrezione finale” – i Vangeli:

PAOLO APOSTOLO interpretato da PRETE ANZIANO
GIOVANNI EVANGELISTA, interpretato da MURATORE CANDIDO

Anche gli altri personaggi possono interpretare quelli che appaiono nella Quindicesima Stazione, anziché i personaggi segnalati.

IL CORO è costituito da tutti quanti non sono impegnati in un ruolo nel momento in cui il Coro deve agire.

Il SACERDOTE dice le frasi che precedono le Stazioni, enuncia i titoli delle Stazioni e guida la rappresentazione; a lui convergono i Personaggi e la Gente che segue la Via Crucis; se si tratta in particolare di un vero Sacerdote, può aggiungere le riflessioni che più ritiene pertinenti ad ogni Stazione, prima che venga rappresentata ciascuna scena.

Per la Quindicesima Stazione – Quem quaeritis e Resurrezione,
il SACERDOTE distribuisce le vesti a ciascun personaggio e si inserisce lui stesso come CAPOCORO nel canto finale.
SACERDOTE – La via della croce di Cristo
è la via della croce dell’uomo.

PRIMA STAZIONE. GESU’ E’ CONDANNATO A MORTE.

Il Messaggero Lacero arriva di corsa,
macchiato di sangue, le vesti a brandelli. Racconta con impeto disperato.

MESSAGGERO LACERO - Nella scuola cantavano.
Stavano facendo merenda in giardino.
Le maestre avevano intonato una canzone e la insegnavano ai bambini.
E loro con le piccole bocche stonate, senza qualche dente
per l'età del ricambio, provavano le note nuove
e ridendo si davano piccole spinte prendendosi in giro
l'un l'altro nel tentativo del canto comune.
Un carro armato intanto
avanzava silenziosamente per la strada d'improvviso deserta.
La gente barricata nelle case nei negozi sotto i portoni
tratteneva il respiro per non rivelarsi.
E il carro bloccatosi al centro della piazza
oscillava guardandosi intorno, incerto su dove colpire.
Battevano i cucchiai al di là del muro ritmando la canzone
i selvaggi cantori, stridule le voci nell'euforia del gioco.
Amplificato dal ferro all'interno del carro il suono
sembrava di armi in assetto di guerra e subito allora
la torretta semovente si rivolse compiaciuta verso quella direzione,
decisa sputò un getto di fiamme contro il muro infingardo,
ghignando lo mandò in frantumi al riparo delle sue pareti blindate.
E suono e grida cessarono di colpo.

Il Messaggero Lacero si getta a terra coprendosi il volto con le mani e rimane immoto.

SACERDOTE – Viltà e ingratitudine condannano l’innocenza.

SECONDA STAZIONE. GESU’ E’ CARICATO DELLA CROCE.

L’Autista Cieco si fa largo barcollando fra la gente che avverte intorno a sé.

AUTISTA CIECO - Guidavo il mio autobus.
Ero povero, io, non come quelli arrivati da laggiù.
Ho passato l’esame, ho avuto il posto.
Succede più volte che uno non riesca a salire.
E’ alto il gradino, per gente adulta, ragazzi sportivi, va bene.
Ma quando un vecchio si sforza di superare il gradino,
quando una donna tiene in braccio un bambino...li aiuto
e loro mi dicono grazie.
L’altro giorno entravano di corsa studenti a decine!
A terra.restava un ragazzo dal corpo sgraziato,
pesante,
e cercava un appiglio per salire.
Mi sporgo,gli stendo il mio braccio
e noto a quel punto che in tutto è diverso dagli altri.
E sotto la giacca di tela che avevo afferrato
per sollevarlo da sotto, avverto un oggetto metallico,
un pacco inerte e gelato... Urlo!
come punto da un serpe e lo respingo lontano,
ma non abbastanza perché sorpreso nel suo tranello
quello si fa scoppiare ma fuori! dall’autobus.
Col corpo io copro la fiamma mortale,
rimangono salvi i ragazzi.
Ma i miei occhi si spengono credo per sempre.

L’Autista Cieco si porta le mani al volto e si allontana.

SACERDOTE – L’innocente che si ribella all’ingiustizia è usato come vittima.

TERZA STAZIONE. GESU’ CADE PER LA PRIMA VOLTA.

Una ragazza si fa largo fra la gente, poi si rivolge via via ad ognuno dei presenti.

RAGAZZA PRIGIONIERA - Ho cercato nella mia coscienza
che cosa fosse bene che cosa male. Lui me l’avevano ucciso.
Ripetevo le sue parole. La voce mi usciva con il timbro così caro,
che era il suo. Le mie mani mi accarezzavano il capo con le sue braccia.
Non potevo salvarlo morendo al posto suo.Ma morire per lui, sì.
Così mi sono offerta. Non capivo! che quelli che l’avevano ammazzato
non erano gli stessi che avrei ucciso io! Accecata dal dolore
immaginavo tutto un popolo come un informe ammasso senza volto
in cui un morto vale l’altro. Era così consolante il pensiero
di non dover più soffrire, che ignoravo la sofferenza degli altri,
non calcolavo l’ingiustizia che per far giustizia io stessa praticavo,
propagando come un fuoco senza scampo delitto a delitto pena a pena
e vendetta a vendetta. Sono partita per la mia missione sentendomi una sposa
nel suo giorno di festa. E mi esaltavo risentendo i baci degli incontri felici.
Altri pensieri accorrevano allora evocati da quei dolci ricordi...
e fremiti e tremori ed un’immensa voglia di vendetta.
Discesa dall’auto dei compagni che mi avevano portato in città,
trasportavo il mio carico di morte con passo lesto di studentessa.
Fino a quel momento mi vedevo davanti solamente il volto amoroso
del mio ragazzo, come l’avevo contemplato quell’ultima sera,
ne sentivo la voce sussurrarmi le sue amate parole.
Tutto in me era chiuso al mondo esterno, ero tutta soltanto in quel richiamo.
D’improvviso un intrecciarsi acuto di suoni leggeri mi porta di colpo alla realtà.
Nugolo di passeri rotondi, dei bambini disordinatamente
gridando si inseguivano sul prato.
Più lontano le madri strillavano ma placide
per far sentire ai figli che vegliavano sopra i loro giochi spensierati.
E quelli mi correvano davanti, avanzando sempre più vicini.
Ansanti scarmigliati le guance rosse.
La mia bomba sta per affossarli in una voragine di sangue.
Basterebbe schiacciare il congegno.
A stormo con grida di rondini curvando risalgono il prato.
E l’ultimo si volta e mi sorride.

Ripetendo estatica le ultime parole, la Ragazza rientra fra la gente.

SACERDOTE – Una donna sa che se accetta di essere madre, deve soffrire per il figlio.

QUARTA STAZIONE. GESU’ INCONTRA SUA MADRE.

Dalla folla esce una giovane Madre Popolana, con in braccio un bambino.

MADRE POPOLANA -Il bimbo è nato male, quasi al decimo mese,
forse non voleva venire fuori sapendo tutte le disgrazie del mondo.
Era piccolo piccolo e calava ogni giorno...
L'ho lasciato all'ospedale per un mese, lo tenevano nell'incubatrice.
Intanto io avevo ripreso a lavorare.
Tre volte al giorno gli portavo il latte mio che era l'unica cosa che prendeva.
Ma il bambino deperiva, non respirava bene.
E allora ho fatto una cosa che mi sono meravigliata io stessa .

Compare la Madonna in manto rosso e aureola.

Sono andata alla Madonna del Divino Amore e le ho detto:
Compagna mia, Madonna, faccio un voto.
Tu lo sai, il bambino mi ha lasciato una ferita.
Ma se tu lo salvi, questo mio bambino.
faccio tutta la strada a piedi, da Roma a qui.
Avevo preso talmente a credere a questo voto,
che ancora adesso non saprei dire se è vero o non è vero,
però io questo voto l'ho sentito e ho mantenuto la parola.
Mi sono unita a un gruppo nella notte; la strada tutta quanta
l'ho fatta a piedi, e non ho avuto male.
E’ stato un mese in agonia 'sto ragazzino.
Era diventato piccolissimo, un morticello, aveva un collo secco secco,
tutto aggrinzito, proprio una cosa che non si poteva vedere.
Poi ha cominciato a mettere un po' di ciccetta,
a diventare due chili e poi due chili e cento...
Contavo i grammi, tutti i giorni domandavo: quanto sarà cresciuto?
Cinque grammi dieci grammi...Il bambino si incominciava a formare...

La Madre Popolana se ne va vezzeggiando il suo bambino.
SACERDOTE - Non si pensa a volte di aiutare. Le circostanze inducono a soccorrere chi neppure si conosce.

QUINTA STAZIONE. SIMONE DI CIRENE AIUTA GESU’ A PORTARE LA CROCE.

Una signora si fa largo fra la gente, poi indica una ragazza.

SIGNORA DEL DAY HOSPITAL- Poteva avere più o meno l'età tua.
E graziosa, come te. S'era bucata per un po'. Ribellione alla famiglia ricca,
che voleva destinarla a un matrimonio conveniente e l'educava per questo,
scuola dalle suore francesi, circolo del tennis, d’inverno lo sci...
vacanze all'estero d’estate per la conoscenza delle lingue...
Bucarsi era stata una difesa, un volersi affermare contro la volontà dei genitori:
tutto sbagliato, si capisce; le sue ragioni le aveva difese in maniera sventata,
e se n'era pentita. In pochi mesi si era liberata dalla droga;
in un programma di comunità: impara ad aver cura di se stessa,
assume degli impegni, si guadagna l'affetto dei compagni,
si innamora di un ragazzo come lei e dopo qualche mese passato insieme
per conoscersi si sposano e mettono su casa. Stanno così bene, loro due,
che subito decidono "Vogliamo un figlio!". Sono diventati giudiziosi,
vanno a farsi le analisi.E scoprono di essere malati.
Non ci vogliono credere e rifanno gli esami. La ragazzetta in lacrime
quando la incontro davanti all’ospedale ha appena letto le cartelle
che confermano la diagnosi. E' per questo che la trovo disperata,
con quei pezzi di carta che dicono che non potranno avere il loro figlio,
ma godere appena un breve incerto pezzo di futuro. "Lui prima? Oppure lei? Tutti e due dal tempo dello sbando? E come e quando e perché proprio loro?".
La porto al bar, quasi di peso, mentre piange. Non ha ancora reagito
a quel colpo a tradimento. Non è riuscita la mente, che tutto ricuce,
a riportare una speranza nel cuore devastato...
Consolo questa ragazza sconosciuta, mentre tira su dal naso
e si pulisce la bocca dallo zucchero del cornetto che malgrado le lacrime
continua a masticare, meravigliosa fame della giovinezza!
La consolo carezzandole una spalla e ripeto "Anch'io sai... anche a me",
e racconto. Come trovo il coraggio? E' la prima volta.
Le cose che hanno distrutto la mia vita, che mi avevano fatto imprecare,
ora le ho dette per consolazione a una ragazza sconosciuta...
Usciamo dal bar, ognuna se ne va per la sua strada.
Non so come si chiama. Non la vedrò mai più. Mi sento in pace.
Quel conforto regalato alla ragazza è servito soprattutto a me.

La signora rientra nel gruppo della gente che l’ha ascoltata.
SACERDOTE – Il volto dell’uomo si specchia nel Cristo.

SESTA STAZIONE. LA VERONICA ASCIUGA IL VOLTO DI GESU’
Arriva di corsa un Ragazzo malvestito.
RAGAZZO DEL CARCERE MINORILE - Non avevo ancora diciottanni, ero finito al carcere minorile.La mia forza laggiù era negarmi,
nessuno mi insegnava un linguaggio diverso da quello della repressione
e del dominio. Strappavamo i libri, le penne e le matite
le usavamo come armi. Tutto diventava materia per opporci a quel sistema
che ci aveva confinato là dentro e ora ci imponeva la sua carità
perché tornassimo a essergli utili. Dio, una volta ci parlavo.
Ma la sua presenza invisibile mi inquietava. Cercavo di immaginarmelo
nella faccia di qualcuno; questo mi portò a pensare a Cristo,
uno più o meno come noi. Io lo sfidavo con ogni forma di comportamento,
perché si facesse sentire. Lo avevo provocato anche prima, quando ero fuori.
Ogni persona a cui avevo fatto del male, era un po’ quel Cristo, misterioso e irritante.Il Cristo che se ne stava rannicchiato in ciascuno dei miei compagni
non mi dava soddisfazione; accettava passivo ogni mio volere,
io lo disprezzavo anche se in segreto ne sentivo un muto rimprovero.
Ma il Cristo del mio professore, quello mite, che non gridava mai,
e non mi faceva rinchiudere anche se mi ribellavo, quel Cristo lì mi affascinava.
Il suo era un comportamento che usciva dai miei schemi. Non lo capivo,
mi sorprendeva ogni volta. Prevedevo una sua reazione, era un’altra all’opposto. Il suo era un modo sottile di affrontarmi
e di mettermi di fronte a me stesso. Alla fine, il Cristo ero io: mi specchiavo
in questo Cristo e gli facevo del male e lo facevo a me, e se il male era rivolto al professore, era ugualmente a me che facevo del male. Così
arrivò quel giorno di provocazione estrema.
Il professore mi aveva invitato a disegnare su un foglio grande, con i pennelli
e i secchi di colore... Presi un pennello, lo immersi nel secchio, gli andai contro
con la prima pennellata. Rimase a guardarmi, grondante. Io gli sbattevo pennellate in faccia, sulla camicia, sulle mani. Lui rimaneva fermo,
come se guardasse dall’esterno quanto stava accadendo.
Gli altri non intervenivano a difenderlo, ero il loro capo. Suonò la campana.
Se ne andarono tutti. Cominciarono a scendermi le lacrime. Avevo paura.
Ma non perchè sarei stato punito, non era una punizione in più a spaventarmi.
C’era dentro di me una pace che non avevo provato nemmeno
quando mi ero fatto una bella dose. I suoi occhi non mi lasciavano.
Non ne potevo più di quella pace e di quella paura. Dovevo fare qualcosa.
E non per violenza. Lo abbracciai. Il colore ci unì. Ero uguale a lui.
Ci lavammo insieme. E fu un battesimo.
SACERDOTE– Le colpe dell’uomo sono cancellate dal corpo sofferente di Cristo.

SETTIMA STAZIONE. GESU’ CADE PER LA SECONDA VOLTA
Viene avanti un prete anziano. Si guarda attorno, incerto.
PRETE ANZIANO– Penso a quel prete, venuto di notte, come un ladro,
pallido, una ruga in mezzo alla fronte, un ragazzo; appena l’ho guardato
ha abbassato gli occhi. Tremava. Per febbre, per paura... Rimaneva in piedi.
Sul punto di andarsene. Ne avvertivo i pensieri... “Che cosa
mi è saltato in mente di venire...La Chiesa non può liberarmi!...”.
Aveva addosso un maglione, dei pantaloni di velluto... niente rivelava
che era prete. Gli dico: “Siediti, figliolo. Sono un uomo come te, e c’è Cristo con noi”. Allora si è deciso a parlare. Viveva in un quartiere di periferia;
gente arrivata lì per caso, famiglie a pezzi. Un andare e venire
tra prigione e ospedale. E il lavoro, quando capitava...
Aveva organizzato un doposcuola assieme agli obbiettori di coscienza;
tra i caseggiati in costruzione, si erano ritagliati un campetto di calcio...
Gli anziani avevano aperto un circolo inventando gite,
e lotterie... perfino un ballo con dei premi... nel quartiere si avvertiva
un po’ più di allegria... A turno lavoravano con lui ragazzi e vecchi, obbiettori, donne... Una, modesta nell’aspetto ma caparbia nelle cose che faceva; per quel sorriso che la illuminava, a superare un momento difficile... non sapeva, ma si era innamorato di lei, ed era venuto improvviso il desiderio l’uno dell’altra. “Verbum caro factum est”; ma un prete non doveva. Aveva fatto una promessa quando non poteva immaginare cosa fosse avere accanto una donna
e dividere con lei la vita intera... Non più chiuso in se stesso,
andava aprendomi il suo cuore. Intanto io mi mettevo al posto suo.
L’amore ispirato da Cristo, proprio per il suo impegno fra la gente
lo aveva portato a quella donna. Per la prima volta si era sentito amato;
ma adesso era più solo e disperato che mai: per la Chiesa era in colpa.
La forza che prima sentiva dentro andava a poco a poco affievolendosi. Stanco, logorato dialle fatiche quotidiane si rassegnava alle ingiustizie.
Come gli altri. Gli ho chiesto: Se andava via dal quartiere, la gente
cche cosa avrebbe detto? Era come abbandonarli - ha risposto -.
Quelli del quartiere avevano bisogno di lui e lui aveva bisogno di loro. Piangeva. Si lasciava andare a una consolazione misteriosa, e non cercava di frenarsi. “Il Signore tiene conto della tua solitudine e ti ama - gli ho detto -.
La legge è intransigente, ma Dio può agire al di là della legge”. Il prete rifletteva: non trovava soluzioni al suo problema. Però gli era tornata la voglia di lottare. “Il tuo posto è con quella gente”, gli ho detto mentre si avviava
per uscire. Sulla porta si è fermato. “Non devo lasciarli, sembrerebbe
una fuga”, ha sussurrato. Era l’inizio di un colloquio con se stesso.
SACERDOTE – L’innocenza soffre, ma troverà Cristo a consolarla.

OTTAVA STAZIONE. GESU’ CONSOLA LE DONNE DI GERUSALEMME

Avanza un’Infermiera in camice bianco; tiene in mano un grande cappello di paglia con dei fiori tutt’intorno.

INFERMIERA DEI BAMBINI– Come ci si difende? Anche per noi tutto questo è nuovo..Ci si difende. C’è un cartellino che dovrebbe segnare un limite
fra il lavoro e il tuo spazio vitale. Ma noi non siamo delle macchine.
Questa faccenda della professionalità, delle regole a cui ci si dovrebbe attenere
nel gestire i malati... poi quando vai ad affrontarli,
ti scontri con una realtà di morte che al momento non ha nessuna speranza.
Lavorare con i bambini ha cambiato la mia vita, ho dovuto cambiare il mio carattere per entrare in confidenza con loro. Curare quando sai che non si riuscirà a guarire diventa difficile... Guardi un bambino e capisci subito che tipo di rapporto vuole avere con te, quello che ti permette e quello che non ti permette di fare per lui. Se gli spieghi con chiarezza quello che gli farai, si acqueta e ti lascia fare;ma vuole la spiegazione: perché quell’ago e quella medicina, e quella pastiglia e quello sciroppo e così via.
Veniva, in ambulatorio, una ragazza tossicodipendente; era sieropositiva e si curava, ogni tanto, qui. Quando ha saputo di essere incinta, ha smesso di bucarsi, era disposta a tutto pur di far nascere il bambino; voleva prendersi dalla vita quello che non aveva mai avuto, un vero affetto, qualcuno di cui prendersi cura... E’ nata una bambina, ed era sieropositiva. Qualche volta questi bambini “negativizzano” quando hanno qualche mese, ma lei si è ammalata subito, Così sono passati alcuni anni.. Venivano insieme per le cure. Parlavano e ridevano tra loro, aspettando la visita. La mamma prendeva la bambina sulle ginocchia e in un orecchio le sussurrava delle cose buffe; rideva beata la piccolina, dopo lei faceva lo stesso con la madre e tutte e due tornavano a ridere, tenendosi abbracciate. La donna poi è entrata in ospedale, e la piccola stava sempre con lei, seduta sopra il letto.. Poi questa donna è morta, e sua figlia l'han mandata in una "casa-famiglia".... Persone brave si sono prese cura di lei.
Si mette il cappello di paglia.
Questo cappello, la bambina vuole che lo metta quando vado a trovarla.
Me l'aveva regalato la madre, verso la fine. In ospedale, delle volte lo indossava. A sua figlia piaceva vederla con quel cappello. Era il ricordo dell'ultima estate, quando andavano in giro passeggiando la sera in riva al mare e si compravano il gelato e parlavano piano piano abbracciate...
A me sembrava crudele ricordarle quel passato felice, ma lei insiste, e parla della madre come se dovesse ritornare e fosse andata via solamente per poco.
SACERDOTE – La caduta porta sofferenza, ma poi innalza.
NONA STAZIONE. GESU’ CADE PER LA TERZA VOLTA
Un uomo segnato nel volto avanza timoroso e parla con fatica.
PENTITO -Io qui sono il custode di una casa. Chi ci abita, impiegati, mamme, professori... quando escono, li saluto, e quelli sorridono, mi dicono come va Giovanni... Ma questo che vedono, non sono io. Quello che qui
nessuno conosce, torno a diventarlo quando mi chiamano di laggiù,
perché vada a testimoniare... per i confronti, le verifiche... a prova di delitti compiuti da altri come me. In televisione, durante i processi,
mi inquadrano soltanto di spalle, qualcuno dei vecchi compari riconoscendomi potrebbe vendicarsi... Ma quando arrivo al Palazzo di Giustizia,
già mi vedono tutti mentre salgo le scale coi poliziotti attorno... E ogni volta
mi prende la paura. Io ero costretto a fare quelle cose! Avevo scambiato
la salvezza dei miei figli col sangue di uomini che non conoscevo. Un giorno
mi hanno mandato ad ammazzare il capo di una banda rivale. E quelli si sono vendicati, invece dei padroni hanno colpito il servo, mi hanno ucciso i figli.
Io non avevo più niente da difendere, loro niente per ricattarmi. Sono andato alla Polizia. Ho cominciato a raccontare. Un giudice mi faceva le domande. Quando ho finito di parlare, hanno detto che ero un pentito. Uno che aiutava
la Giustizia. Uno che si era “ravveduto”. Io sapevo soltanto che la mia famiglia non viveva più! Senza sentimenti mi usciva fuori la lunga catena dei delitti
che erano stati il mio lavoro quotidiano. Sempre davanti agli occhi mi venivano
i figli miei; quei volti amati mi accusavano: io li avevo uccisi – gridavano -, perché avevo privato della vita ragazzi come loro, li avevo fatti scomparire
negli acidi nella calce nelle fosse profonde delle cave... In cella cercai di impiccarmi. Mi costrinsero a vivere, scelsero per me un paese lontano, “protetto” – dissero - “ per la mia incolumità”. Scrissero sui documenti
un nome falso, scorciati i capelli, la barba rasata: ero un altro. Una donna accettò di vivere con me, feci altri figli che mi conobbero così, come ora sembro, e non sono, mentre mi perseguita il passato.Di questi figli nuovi mai mi sazio di vedermeli accanto allegri, liberi di correre per strada,
di andare a scuola, di giocare con i ragazzi del caseggiato senza l’angoscia
di un agguato. Eppure a volte mi assale il pensiero che qualcuno di laggiù venga a sapere della mia nuova vita, di questa mia famiglia che non sa chi sono veramente. E io che in abbondanza ricevevo danaro per compenso ai delitti,
mi contento di un misero stipendio, che a volte non ci basta per mangiare.
Qui non ho chi mi aiuti, parenti, amici, il mio campetto...E diversa è la lingua,
le abitudini.. ogni giorno è una prova di pazienza,
e il cuore senza potersi confidare mi scoppia a volte di malinconia.....

SACERDOTE – Le vesti e il corpo straziati non tolgono purezza a chi subisce, e Cristo lo dimostra su di sé.

DECIMA STAZIONE. GESU’ E’ SPOGLIATO DELLE VESTI

Madre Giovane si fa spazio tra la gente e prorompe in un grido impetuoso.

MADRE GIOVANE – Ma chi ha rovinato la mia piccola,
potrà mai ricevere il perdono per questo delitto irreparabile?
Altri casi come il nostro sono venuti fuori, dopo, di famiglie che si erano fidate...
Tra vicini di casa ci si aiuta, specie se ci sono bimbi piccoli;
noi madri a turno si andava a prenderli alla scuola, e anche padri
quando le mamme stavano al lavoro.Tornavo a sera la trovavo pallida sbattuta,
non più i capricci i dispettuccci le risate col padre a tavola, ma gli occhi bassi,
muta, lontana. Che hai piccolina? le dicevo abbracciandola
e lei selvaggia scappava nella sua cameretta, la testa in giù sotto il cuscino
e così si addormentava. Sono passate settimane e non capivo!
cosa stesse accadendo alla bambina. Ma un giorno è arrivata di corsa,
i vestiti a brandelli, il viso sudicio e sangue le scorreva sulle calzine corte di cotone.
Me la son presa in braccio, che ti han fatto Cristina?... come?.. chi è stato...
E lei con gli occhi fissi e la voce da grande, dura, senza una lacrima ha detto
il papà di Mariolina. Il più gentile dei vicini di casa, padre amoroso lavoratore
marito innamorato: tante volte andava a prendere i bambini dell’intero palazzo,
la moglie faceva i turni da infermiera, lui viaggiava per una ditta di creme e dentifrici,
decideva gli orari a suo piacere, e specie le bambine eran contente quando
all’uscita della scuola c’era il papà di Mariolina perchè in regalo tirava sempre fuori
un rossetto o dei profumini, e con la scusa di quei trucchi da star, una alla volta
se le portava al magazzino, cose conosciute troppo tardi,
Al processo anche altre famiglie denunciarono quel papà modello
dopo esami penosi sulle loro creature. Lui negava, di fronte alle prove
ammetteva piccole attenzioni, taceva davanti alle bambine.
Dopo silenzi ostinati e lunghi pianti l’infanzia si liberava del segreto.
La Madre Giovane si rivolge a tutti intorno con disperazione.
Una bambina! Le rimarrà dentro l’anima quel marchio, non basterà
il passare del tempo non basterà l’affetto per farla ritornare come prima...

La Madre Giovane si allontana nascondendosi il volto fra le mani.

 

SACERDOTE –Alla vittima innocente tocca la pena più dolorosa.

UNDICESIMA STAZIONE. GESU’ E’ INCHIODATO SULLA CROCE

Monete sbattute dentro una ciotola; reggendosi a un bastone una donna senza una gamba. Arrivata al gruppo, ritira la mano con la ciotola.
La sua voce è sgranata, il suo linguaggio approssimativo.

DONNA MUTILATA– No! Carità no, a voi non chiedo carità.
Chiedo ascoltarmi. Io.... nessuno ascolta me, durante giornata.
Monetine sì, per coscienza tranquilla, ma parola...no! mai! Guardano... imbarazzo...gettano moneta...via subito...Io camminavo in nostro campo... lavoravo terra per seminare patate...Mina sotto terra buona...appena toccata...
tremendo fuoco calore mortale... Io dentro a fuoco e fumo e nient’altro ricordo...Io...non voce... non pensiero... e grande grande dolore dappertutto...
Apro occhi... gamba non più...ma dolore dolore tremendo!Guerra continua anche dopo finita. Tanti come me... e altri ancora continuano...E non più terra coltivo, ma carità devo chiedere in vostro paese, dove gente ride canta e vive ogni giorno senza terrore di non vivere quel giorno. Contadina povera
ma vero lavoro, prima. Adesso...
Un Angelo sopraggiunge e le pone sulle spalle un manto d’oro. La donna si scioglie nel dire, parlando un perfetto italiano con voce chiara e precisa.
...io sono condannata a chiedere l’elemosina mostrando la gamba mutilata..
E quanto mi danno non è mio, ma di chi mi manda in giro a chiedere,
scegliendo i posti in vista, dove passano i signori,
per farli sentire in colpa se non danno un’offerta.
Il tessuto incenerito dalla bomba si è portato via la pelle la carne le ossa
e la mia gamba tutta intera. E’ scomparsa la mia interezza di persona
fatta a immagine e somiglianza di Dio. Adesso sono un mezzo per far soldi
da parte di chi ha organizzato noi tutti deturpati dal fuoco
feriti dalle mitragliatrici squassati dalle schegge...Come me vive un esercito
di mendicanti al servizio di un padrone che li ingaggia .
Ogni tanto torno al mio paese....Là ci sono i miei figli... porto soldi.....
A me basta poco...una minestra... del pane...Una gamba nuova..
è troppo il costo... ci vuole tempo...e l’ospedale...E poi, non farei pena
alla gente...non mi darebbero più niente...

Rotea il bastone sul capo; poi si allontana facendo tintinnare le monete.

SACERDOTE – La morte come dono d’amore.

DODICESIMA STAZIONE. GESU’ MUORE SULLA CROCE.

Una Suora Carmelitana avanza con un quaderno fra le mani.

SUORA CARMELITANA – Nel mondo ero Pauline, sorella di Teresa di Lisieux.. Ora sono Madre Agnese del Carmelo.
Prima di entrare in agonia Teresa disse:

“O Madre mia, è proprio facile scrivere
delle belle cose sulla sofferenza, ma scrivere è niente, niente!
Bisogna esserci per sapere!...”.

Verso le cinque ero sola accanto a lei. D'un tratto il suo volto cambiò.
Quando la Comunità entrò nell'infermeria, lei accolse tutte le sorelle
con un dolce sorriso. Stringeva il suo Crocifisso e lo guardava continuamente
Un terribile rantolo lacerò il suo petto per più di due ore.
Il suo viso era congestionato, le mani violacee; aveva i piedi ghiacciati
e tremava in tutte le sue membra. Un sudore abbondante le imperlava
di gocce enormi la fronte e scorreva sulle sue guance. Era in un'oppressione sempre crescente e talvolta per respirare lanciava dei piccoli gridi involontari.
A un certo punto aveva la bocca così riarsa che Suor Geneviève, la sua Céline, pensando di darle sollievo, le mise sulle labbra un pezzetto di ghiaccio.
Lo accettò facendole un sorriso che non dimenticherò mai.
Era come un supremo addio. Alle sei, quando suonò l'Angelus, guardò a lungo
la statua della Madonna. Alle sette sospirò:

- "Non è ancora l'agonia?... Non morirò?...
Poi riprese coraggio.
- "Ebbene!...Sù!...Sù!...
Oh! non vorrei soffrire meno a lungo..."
Guardava il suo Crocifisso:
- "Oh! Lo amo!...
Mio Dio...ti amo!...
Di colpo cadde dolcemente all'indietro. Nostra Madre fece suonare subito
la campana per richiamare tutta la Comunità, e disse:
- "Aprite tutte le porte!".
Il suo volto aveva ripreso il colore del giglio, i suoi occhi erano fissi in alto
e brillavano di pace e di gioia. Questa estasi durò circa lo spazio di un Credo,
e poi Teresa rese l'ultimo respiro".
SACERDOTE – Accanto al Cristo è chi muore innocente.

TREDICESIMA STAZIONE. GESU’ E’ DEPOSTO DALLA CROCE

Muovendosi su dei trampoli sopraggiunge il Ragazzo Muratore, tutto bianco di calce, maglietta sbracciata e pantaloni bianchi. Sulle scapole gli si accennano piccole al; fa qualche giro intorno; ondeggia, si abbassa, curva, poi risale ridendo. Durante questi movimenti va canticchiando.

RAGAZZO MURATORE - Sù e giù! Giù e sù! E là e là e là e laaaaà!

Si ferma con un’agile curva e scende dai trampoli.

E lllà! Al paese ero il più bravo a salire sugli alberi.
Saltavo di ramo in ramo per tutto il bosco e raccoglievo
favi di miele uova di quaglia dai nidi e frutti rari...

Saltella di nuovo salendo e scendendo dai trampoli.

Ma non potevo mangiare sempre frutti, e miele e quegli ovetti saporiti...
Non c’era lavoro, al mio paese. Bisognava andare in città.
Mia madre piangeva, via da lì – diceva – per lei era che andavo a a morire.
Ma la famiglia moriva di fame. In città potevo guadagnare e mandar soldi a casa.
Mia madre mi diede la benedizione e un crocefisso da portare al collo..
.
Dal collo dov’è fissato a una catenina, porta il crocefisso alla bocca e lo bacia.

E che lavoro potevo fare? Ero bravo a salire sugli alberi, leggero come un uccello.
Mi presero garzone muratore, portavo i secchi della calce, porgevo i mattoni.
Mi arrampicavo fino al tetto tenendomi a una corda, scendevo a salti,
nessuno era svelto come me. Ridevano i compagni, mi chiamavano Cardillo.
E io fischiavo e cantavo e lavoravo...Quando gli altri andavano a mangiare, sotto nel prato col fiasco del vino, isalivo in cima alla casa nel cantiere, e fissavo negli occhi
la campagna dove lontano c’era il mio paese. Si riprendeva tutti quanti insieme,
e i muri alzandosi parevano vivi, mettevan porte finestre e balconi...
Pendevano scadenze, il padrone sbraitava, temendo una penale.
Trascurata ogni sicurezza, impalcature fragili e sempre più sottili,
oscillanti nel vento e nella pioggia, sbattute dal mio secchio appesantito...
Sono caduto dal punto più alto. Come un uccello staccato dal nido ho fatto in tempo
a baciare il mio Cristo, a lui ho chiesto di stargli vicino.. So che mia madre
mi tiene fra le braccianon si distacca dal pensiero per me. Ma da qui a poco
io spero davvero di stare accanto al mio Cristo e a sua madre.

SACERDOTE – La morte per chi crede è soltanto un’attesa.

QUATTORDICESIMA STAZIONE. GESU’ E’ DEPOSTO NEL SEPOLCRO

Agostino si avvicina alla folla uscendo dall’ultimo spazio, come se vi abitasse per custodirlo.

AGOSTINO – Adesso non è tempo di riposo.
Roma va in rovina... Ma non morirà, se non moriranno gli uomini.
E gli uomini non muoiono se amano Dio. L’uomo fa e l’uomo distrugge.
Il mondo creato da Dio è destinato ad andare in rovina.
Ma non andrà in rovina
né ciò che ha fatto l’uomo né ciò che ha fatto Dio
se non quando sarà Dio a volerlo.
Non va in rovina un’opera dell’uomo senza il volere di Dio:
quando mai potrà andare in rovina un’opera di Dio,
perché lo vuole l’uomo? Andate. Andate tutti.
Il momento del riposo verrà.
Cristo ce lo ha promesso risorgendo.
Quando verrà il momento,
allora riposeremo e staremo con lui.
Staremo con lui e ameremo.
Ameremo e loderemo Cristo.
Ecco quello che avverrà alla fine, senza fine...
Quale altra fine ci appartiene, se non l’approdo al regno che non ha fine?

Agostino si ritrae a lato del sepolcro indicando al gruppo di seguirlo rimanendogli accanto, nell’attesa della scena successiva.

QUINDICESIMA STAZIONE. IL SEPOLCRO VUOTO E LA RESURREZIONE

QUEM QUAERITIS
visitatio sepulcri
L’ANGELO
LE TRE MARIE
CRISTO
UN UOMO DAL PUBBLICO
UNA DONNA DAL PUBBLICO
Il Sacerdote fa un segno e quattro attori si staccano dal gruppo in attesa. Si avvicinano all’ altare su cui ci sono alcuni abiti e arredi. Uno di loro indosserà una veste bianca e terrà in mano una pal­ma. Si disporrà poi accanto aL sepolcro aperto. Gli altri tre attori indosseranno tre vesti di tipo femmini­le: dovranno rappresentare le tre Marie.
Le tre Marie, con turiboli da incenso tra le mani, facendo un percorso tortuoso arriveranno al sepolcro, dove già è seduto l’ An­gelo.
L'inizio del dramma è quello scarno, in latino, della prima ver­sione del testo relativo all'ufficio notturno della Pasqua, quando, dopo la prima battuta, che è la domanda dell'Angelo, si inserisco­no le successive, quelle delle Marie che rispondono all'Angelo; si prosegue poi con quelle di rimaneggiamenti successivi, in una versione in italiano più teatralizzata.
angelo - Quem quaeritis?
marie - Jesum Christum.
angelo - Non est hic. Resurrexit.
marie - Alleluja! Il Signore è risorto.
Oggi è risorto il leone forte, il Cristo, figlio di Dio.
angelo - Venite a vedere il luogo dove era posto il Signore. Alleluja!

Le Mane si avvicinano al sepolcro. Depongono il turibolo, prendono il sudario dentro il sepolcro, lo mostrano al pubblico.
marie - E risorto dal sepolcro il Signore, che per noi fu crocefisso sul legno della croce, alleluja!
uomo dal pubblico - È lui il vero Agnello che ha tolto i peccati del mondo!
donna dal pubblico - È lui che morendo ha distrutto la morte!
uomo dal pubblico - È lui che risorgendo ci ha ridato la vita!

RESURREZIONE FINALE
i Vangeli
CORO
GIOVANNI EVANGELISTA
PAOLO APOSTOLO
RAGAZZO
CRISTO
Dal gruppo degli attori, vestiti con i costumi di fogge, epoche e civiltà differenti, esce a coro un'invocazione.
coro - Salendo in cielo
ha portato con sé i prigionieri.
Dio è per noi
Dio di salvezza!
Dio può liberare dalla morte!
Dal Coro si stacca Giovanni l'Evangelista.
giovanni - E quando lo vidi,
caddi ai suoi piedi come morto.
Ma lui pose la sua mano sul mio capo e mi disse:

«Non temere, Io sono il Primo e l’Ultimo e il Vivente.
Io ero morto, ma ecco ora sono vivo per sempre
e ho potere sulla morte e sull'Ade.»
Dal Coro si stacca Paolo l’apostolo.
paolo - Fratelli, vi annuncio un mistero:
noi non moriremo, siatene sicuri,
ma tutti saremo trasformati,
in un istante, in un batter d'occhio,
al suono dell'ultima tromba; suonerà
infatti la tromba e i morti risorgeranno
incorrotti e saranno trasformati.
Quando questo corpo mortale sarà fatto immortale,
si compirà la parola della Scrittura:
«La morte è stata ingoiata, si è ribaltata in vittoria.
Dov'è, morte, la tua vittoria? Dov'è, morte,
il tuo pungiglione?»...
Il Ragazzo trascina in mezzo al gruppo un cassonetto dell'immondizia, da cui spuntano brandelli di oggetti della nostra epoca: dischi, videocassette, registratori, televisori, caschi da moto, abiti punk e yuppies, clergymen, strisce sfatte di réclames e di manifesti elet­torali. E siringhe, come lance appuntate sopra tutto quel lerciume.
ragazzo - Dov'è, morte, la tua vittoria? Dov'è, morte, il tuo pungiglione? Qui, in questa spazzatura. E noi... noi siamo spaventosamente coinvolti. Cristo, potremo vivere insieme a te? Questa promessa tu l'hai fatta. Noi ce ne siamo dimenticati. E viviamo nel mondo contrastati... impediti... disperati. Ma tu questa promessa ce l'hai fatta..

Tutti rovistano nella spazzatura, cercando qualcosa. Car­tacce, brandelli e oggetti si sparpagliano a terra. Dall’informe ammasso escono suoni e rumori: musiche da concerto rock, brusii da stazioni televisive, telegiornali, scoppi di bombe, lamenti, discorsi politici, frasi concitate o supplichevoli, sigle e voci in varie lingue.
Sopra i suoni e i rumori si innalza fino ad annullarli l’”Iinno alla gioia” di Beethoven.
Quando tutto il contenuto del cassonetto è a terra, ne emerge la figura del Cristo, vestito di bianco e d’oro.

cristo - Sono risorto, e sono sempre con voi. Ecco la volontà del Padre che mi ha mandato a voi:
che chiunque crede nel Figlio
abbia la vita eterna
e io lo resusciterò nell'ultimo giorno.

// Ragazzo e il Cristo si abbracciano. Tutti gli altri fanno gruppo intorno a loro.
// Coro inizia a cantare. coro - «Te Deum laudamus...»


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