In un telefilm di Maricla Boggio, la storia di Marina e dei suoi rapporti con i figli adottivi: quattro fratelli tra i quali non ha voluto “scegliere” per non doverli separare
Marina è una donna dolce e forte con fondi occhi celesti e un abito bianco estivo che le arieggia intorno mentre cammina calma per le calli e i sentieri di Venezia. Marina è una donna allegra e serena mentre al mattino prende il caffè in cucina chiacchierano con i suoi quattro figli. Marina è una donna addolorata e mesta quando ricorda il figlio che le è nato per morire subito dopo. Marina è una donna come tante quando al mercato decide di fare il risotto con i fondi di carciofo e i filetti di San Pietro panati. Marina ha mani agili e sicure quando nel retrobottega del suo negozio monta le gabbiette di bambù che dalla Cina le arrivano smontate.
(...) Così nell’arco di un’intera giornata – e anche questo è un metodo caro a Zavattini – si dipana un programma che invece ha in sé l’arco di molteplici esistenze. E se marina con la sua calma placida e con la sua forza è capace di raccontare i suoi momenti di debolezza con la fermezza di chi ha saputo superarli, se l’operatore è invece più impacciato a misurarsi con il suo “privato”, lui che fino a un attimo prima ha scandito così bene la sua professionalità pubblica fra filtri e obbiettivi, se i bambini giocano felici ma poi hanno impacci e mutismi a ricordare quando “stavano là”, se Maricla Boggio è capace di apparire con discrezione e di sparire con talento, ciò ancora una volta significa che la vita, a saperla vedere – magari con occhi femminili – offre le più inusitate consolazioni e regala fiammeggianti utopie. E che le leggi possono davvero diventare leggi della gente per la gente, delle donne per le donne. Oltre che, beninteso, per i bambini.
(...) E’ la storia di una adozione diversa. (...) I quattro bambini, due maschi e due femmine, separatamente, ma sempre in contatto fra loro, hanno trascorso la prima infanzia rinchiusi. Poi, per un breve periodo sono tornati a vivere con i genitori. infine tutti e quattro sono stati definitivamente abbandonati.
A questo punto Marina, che da poco ha perso il suo bambino, nato e subito morto, e che attraversa un momento di crisi coniugale con il giovane marito americano, decide di adottare tutti e quattro i fratelli. Non se la sente di separarli e di mandarne a vivere due presso un’altra famiglia. Mentre il procedimento di adozione è già avviato, però, il marito americano che non si sente all’altezza del compito si allontana, chiedendo improvvisamente un divorzio per procura dall’America. Marina rimane sola e l’adozione subisce una grave battuta d’arresto. Il pericolo è che, essendo divorziata, Marina non sia più idonea, secondo la legge, all’adozione dei bambini. Le cose, però, si risolvono per il meglio grazie alla “saggezza” di un’assistente sociale e di un giudice, i quali credono che la legge debba essere applicata non secondo rigidi schemi, ma tenendo conto anzitutto della vita del bambino e della necessità di trovare per lui una più idonea forma di esistenza.
L’adozione potrà così avvenire. Si tratta però di un’adozione ordinaria e non speciale, il che, in prospettiva sarà limitante dei diritti dei bambini adottati.
Nel corso di questa adozione, che richiede mesi di sorveglianza da parte dell’assistente sociale e del Tribunale per verificare se si sta effettivamente creando un nucleo familiare a vantaggio dei bambini, si affianca a Marina una figura maschile che dimostra grande affezione nei confronti dei quattro, e un notevole senso di responsabilità ricoprendo in sostanza il ruolo di quella figura paterna praticamente mai esistita per verificare l’esistenza effettiva del nucleo familiare stesso nella sua forma completa, anche se non collegata da elementi di tipo giuridico.
E’ lo stesso operatore del filmato ad essersi assunto realmente questo ruolo, ed è quindi lui stesso, lasciata per un momento la cinepresa ad un collaboratore della troupe, a spiegare la sua entrata in questo nucleo familiare in pericolo, introducendo anche l’ipotesi, realizzabile nel futuro, di nuove forme di adozione rispetto a persone non soltanto coniugate, nella prospettiva rivolta in maniera primaria all’interesse dei bambini di ritrovare il calore della famiglia.
Nella nuova comunità ognuno dei quattro ha da svolgere nel corso della giornata una serie di incombenze adeguate all’età, che lo responsabilizza e che gli dà un posto preciso nell’ambito familiare: c’è chi preapra la colazione, chi va a comprare il pane, chi lava i piatti e così via, tutto si svolge a turno, senza discriminazioni tra maschi e femmine.
L’evoluzione che essi hanno avuto dal periodo del brefotrofio è notevole: paure e insicurezze, chiusure, mutismi e atteggiamenti violenti o di difesa scompaiono per rivelare lo splendore delle intelligenze, la varietà dei sentimenti. Il telefilm tocca, dunque, una serie di temi che hanno come obbiettivo primario il bambino: prima di tutto l’adozione, ma anche le forme di educazione e i rapporti fra bambini e adulti. Oltre che la storia di una donna coraggiosa, questa è la storia di quattro bambini che più che essere oggetto di adozione, adottano loro, accettandola, la nuova madre.
Con una rara capacità di visualizzare temi e problemi, indice non soltanto di bravura professionale ma di grande sensibilità umana, la regista Maricla Boggio, continua con questo filmato un discorso già iniziato nel 1976 con “Marisa della Magliana”. Anche in quel caso centro di interesse di questa scrittrice e regista, era stato quello della tematica relativa ad un nucleo familiare diverso da quello tradizionale e tuttavia portatore di tutti i valori positivi e di affettività e dialogo che costituiscono l’essenza della famiglia.
Quattro, e tutti d’un colpo, sono veramente tanti. Eppure Marina non ha avuto troppi dubbi. Quando il Tribunale l’ha chiamata e le ha detto: “Ho da farle una proposta un po’ folle, però lei mi sembra abbastanza folle per accettarla”, semplicemente l’ha accettata. E’ così che è diventata madre di quattro bambini in una volta sola, e per di più di età e di bisogni diversi.
Il documentario di Maricla Boggio (...) non è soltanto commovente ma insegna diverse cose interessanti. (...) Ha pensato all’adozione quando dall’istituto dei piccolissimi è passata a visitare l’istituto dei più grandi, ha capito anzitutto che sono questi i più abbandonati e i più bisognosi di essere adottati, quelli nei cui occhi si legge la supplica rivolta a chiunque entri, il muto desiderio di essere portati via.
(...) Questi, visti come li abbiamo visti ieri sera, sembrano ormai dei bei ragazzini contenti e dimentichi per buona parte dello squallore degli anni trascorsi senza famiglia.
(...) Appare una vita fatta solo di immagini e di colori gentili. Merito della regista, della stessa Marina, dell’esistenza di provincia, oppure è un bellissimo documentario-oasi?
(...) La storia dentro alla quale l’autrice e regista ci condurrà per mano attraverso un’ora di telefilm, è di quelle, come s’usa dire, “che si raccomandano da sole”.
(...) Con la troupe televisiva Maricla Boggio segue passo passo la protagonista della vicenda, Marina, durante un’intera giornata.
Una vicenda, che sarà proposta da una trasmissione in televisione, risolleva l’ipotesi di nuove forme di adozione anche da parte di persone non coniugate
(questo filmato) (...) lo ha realizzato Maricla Boggio, con intelligenza e sensibilità, coinvolta anch’essa nella storia di questi quattro fratelli. Così come ne è rimasto persino lo stesso operatore televisivo il quale, anche lui, una volta entrato nel nucleo familiare, ha finito quasi per assumere il ruolo e la figura del padre.