Come autrice di teatro ho guardato a Vittorio Alfieri come un compagno di strada.
Il suo teatro mi ha spinto a scrivere un testo su di lui, in quanto impegnato in un teatro a sua volta di impegno.
Ne segnalo alcuni elementi essenziali:
1 - la casualità del suo inizio di scrittura teatrale, quanto a temi e finalità,che si fa gradualmente coscienza attiva rivolta ad uno scopo di rinnovamento poltiico.
2 - le modalità di scrittura delle opere, attraverso una successione di stesure, dall'idea iniziale, alla prosa, al verso, fino alla definita.
3 - la scelta dei temi e dei personaggi, attraverso la rilettura e la meditazione dei miti, dei classici, della storia.
4 - a seguito di tali scelte, la necessità di interpreti diversi da quelli delle compagnie di giro del suo tempo, affondate nell'abitudine di un teatro della quotidianità, con attori di conseguenza disadatti a impersonare idee ed ideali di alto valore spirituale; la ricerca quindi di persone di cultura dotate di mezzi economici tali da potersi cimentare in questo teatro senza problemi di sopravvivenza rispetto ai tempi di preparazione ed al gradimento del pubblico, non preparato a questo genere di spettacolo e di conseguenza incline a disertarne le rappresentazioni.
5 - la personale attività di interprete e coordinatore di una compagnia di "dilettanti" di elevato rango sociale.
6 - l'ostinatazione di Alfieri che, nonostante l'inadeguatezza del pubblico suo contemporaneo, non desiste comunque dallo scrivere, teatro ma anche saggi e pamphlets, nel convincimento che la scrittura, in un'epoca in cui si è impediti dall'operare mediante l'azione a causa delle condizioni politiche liberticide, costituisce l'unica possibilità di manifestare il proprio impegno civile e morale, da lasciare come eredità ai posteri:
7 - questa intuizione, che si dispiega nel dialogo notturno con Francesco Gori Gandellini, viene sostanzialmente accolta da Piero Gobetti circa 150 anni dopo; il giovane e geniale scrittore e politico torinese riprende le idee di base di Vittorio Alfieri, e nella sua tesi di laurea - poi pubblicata con il titolo "Alfieri, l'uomo nuovo" ne segnala il forte spirito innovatore a cui si ispirerà il Risorgimento.
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Di questi temi offro al lettore la rappresentazione in alcuni brani di scene del mio testo teatrale, nella successione operata attraverso la mia stesura, che non segue la consequenzialità logica dello sviluppo tematico da me elencato nei punti 1 - 7, necessario al lettore per una comprensione del pensiero di Vittorio Alfieri in relazione al teatro, sia per qunto riguarda la sua attività di autore, sia per le sue idee circa l'attore e la rappresentazione.
Ciò che risulta dalle mie scene - come dal testo completo - è fedele al pensiero ed alle opere di Alfieri, mentre è inventata la situazione di base in cui dialoghi e azioni si svolgono: l'ultima giornata a Parigi in casa di Goldoni e di sua moglie Nicoletta, che insieme a loro trascorre Alfieri insieme alla sua compagna contessa D'Albany è tuttavia verosimile, dal momento che i due autori erano davvero amici, ed entrambi si trovavano a Parigi nel periodo scelto per questa rappresentazione, nel clima arroventato della Rivoluzione.
Goldoni e Alfieri rischiano di essere presenti nel nostro immaginario esclusivamente, l'uno, per alcune commedie giustamente famose; l'altro, oltre che come autore di tragedie oggi difficilmente lette e rappresentate, per azioni o parole talmente ricordate da essere divenute stereotipe.
Il testo di Maricla Boggio ha il merito di restituirci due persone, oltre che due autori, presentificate attraverso tratti e momenti decisivi, dalla dimensione pubblica agli aspetti privati, all'insieme dei loro ideali, dei sogni, delle speranze, delle loro umane debolezze.
Vengono fuori, così, due figure a tutto tondo dall'intensa suggestione e dialoganti con la realtà contemporanea, trascendendo l'epoca in cui vissero e operarono.
L'esito drammaturgico è realizzato attraverso l'organizzazione di una struttura che testimonia il convincimento dell'autrice, già altre volte affermato, che in un testo la struttura si ponga come condizione determinante per arrivare al palcoscenico. In questa prospettiva, il testo è costruito secondo l'intreccio di molteplici spirali: sul piano della realtà - presentata come racconto di una situazione passata - si innesta il ricordo di una precedente fase reale, in cui si inserisce il sogno, dentro il quale vive un altro sogno, che si sviluppa attraverso un palcoscenico, là dove si vedeva, nella fase reale, una finestra; il tutto si richiude poi nella dimensione della realtà ricordata.
Assieme ad Alfieri, ci parla un Goldoni riverito come maestro ma anche esule, preso dalle preoccupazioni dei tumulti rivoluzionari e turbato per un futuro che si presenta incerto, soddisfatto della sua integrazione francese ma anche nostalgico della sua Venezia, consapevole del valore delle sue opere ma anche ammiratore di Alfieri in cui vede l'affermazione di ideali e di pensieri di libertà che prefigurano una società più moderna.
Il pensiero e il carattere di Alfieri vengono presentati con tensione intellettuale ma anche con partecipazione e sensibilità attenta ai tratti peculiari delle sue opere e agli "eccessi" del suo carattere, segnato dall'impeto, e da una propensione all'enfasi che oggi contribuisce a farlo apparire datato. La condanna a quest'ultima dimensione, sulla quale ha pesato una "vulgata" scolastica, penalizza un'opera che potrebbe essere oggi ripercorsa problematicamente, ponendo a essa un nuovo tipo di domande.
Affascinante incastro di scatole cinesi, il testo poggia su alcuni momenti-chiave, nodi di un approccio storico-biografico autentico, pur se rivisitato con libertà narrativa. Sia il sogno-dialogo che ha come protagonista Francesco Gori - che permette ad Alfieri di esprimere il suo sconforto per la situazione politica del tempo e la necessità di scrivere per epoche più mature -, sia l'inserimento di Piero Gobetti - realizzato come previsione del futuro -, rappresentano episodi idealmente autentici, per l'effettiva amicizia di Alfieri con Gori e, con un'invenzione-inversione di tempi, per l'incontro con Alfieri di Gobetti, che allo scrittore astigiano dedicò la tesi di laurea, segnalandone l'importanza rivoluzionaria dell'opera, che incise notevolmente sullo sviluppo del pensiero politico successivo.
Il lavoro di Maricla Boggio costituisce una proposta teatrale ricca di personaggi e di situazioni, dove la parola si fa viva azione scenica.
Il discorso europeo e libertario di Alfieri è il nucleo ispiratore di questo testo, scritto con profonda attenzione al passato, ma pienamente consapevole del nostro tempo, delle attuali condizioni, marcate da nuove "cappe" e dalla necessità di una rinnovata tensione etico-politica.
Viene così ricostruita una temperie culturale, per realizzare la quale è stata utilizzata, inoltre, un'ampia bibliografia che, anche se non citata esplicitamente, è sottesa all'intero testo. Questa temperie non si rinchiude in se stessa, ma tende a costituirsi anche come monito - sommesso, ma non per questo meno rigoroso - per il nostro tempo.