Nella sua stanza, CamilloCavour febbricitante, accudito amorevolmente da Bianca Ronzani, ultimo, esclusivo e segreto legame, si slancia in discorsi politici come fosse al Parlamento della giovane nazione finalmente unita. Molti i nodi da sciogliere: le tante differenze sociali e culturali, la questione meridionale, Roma Capitale, il potere temporale del Papa. Lo assale il ricordo delle tante lotte sostenute per realizzare il sogno dell’Italia unita e quello dei tanti amori, primo fra tutti quello appassionato e clandestino, vissuto in gioventù, con la bellissima Nina Giustiniani. Tutti gli avvenimenti si ripresentano nella mente di Cavour come se fossero ancora reali e vivi. Ma, oltre al perduto amore dell’infelice Nina, uno rimarrà il rimpianto più grande: non poter seguire i primi, accidentati e insicuri passi della giovane nazione. Vengono a rendergli omaggio frate Giacomo da Poirino - che in futuro verrà scomunicato per avergli dato l’estrema unzione - e Vittorio Emanuele, con cui in passato Cavour si è a più riprese scontrato, ma che sa di dovere a lui il titolo di Re d’Italia. Poi il grande statista si addormenta per sempre.
Bibliografia essenziale:
Camillo Cavour, DIARI (1833- 1856) 2 vv. a cura di Alfonso Bogge, Pubblicazioni degli Archivi di Stato, Roma, 1991
Camillo Cavour, Lettere d'amore, presentaz. e note di Maria Avetta, Collana di studi cavouriani, ILTE, Torino, 1956
Filippo Ambrosini, Cavour, Ed. del Capricorno, Torino, 2010.
Mettere in scena un personaggio come Cavour fa tremare i polsi. Non solo per la grandiosità storica del personaggio ma anche e soprattutto per la sua singolarità. Affrontare altri personaggi storici, Talleyrand, Napoleone, Pirandello, Savonarola, San Bruno, Giordano Bruno, Sant’Agostino, Sartre etc. è stato per me altrettanto stimolante e difficile (e alla fine per fortuna fortemente gratificante), ma Cavour nascondeva una difficoltà imprevista e ulteriore: mentre apparentemente si mostrava come personaggio freddo, calcolatore, prudente e realista al punto di sfiorare un irritante cinismo, in realtà si manifestava anche come passionale, generoso, idealista, sognatore e istintivo fino all’incoscienza. Il testo di Maricla Boggio propone, amplificandola, questa affascinante e continua dicotomia del personaggio. La regia quindi non ha potuto che seguire la strada indicata dall’autrice e attraverso la successiva, appassionata documentazione acquisita, ha perseguito la strada di una messa in scena che, anche scenograficamente, sottolineasse la quasi doppia personalità del grande protagonista divenendo al tempo stesso realistica e astratta, cinematografica e teatrale, freddamente politica e furiosamente romantica, ordinata e scomposta, epica e quotidiana. La musica e i costumi, ricostruiti con accuratezza viscontiana, hanno completato questo nostro affascinante viaggio all’interno di avvenimenti troppo trascurati in quest’oggi senza memoria. Soprattutto ci hanno consentito di far rivivere una delle figure più importanti e significative di questa nostra amata terra oggi tanto in difficoltà da farci rimpiangere la prematura scomparsa (all’immediato indomani dell’avvenuta unificazione) di chi, definito da molti il più grande statista d’Europa, se avesse potuto guidare i primi passi della nazione da lui unita, ci avrebbe forse evitato l’avvilente e disarmante spettacolo dell’Italia di oggi.
ENNIO COLTORTI