Al fondo della scena, nel centro, un grande candelabro di ferro composto da bracci che si innalzano da terra ad altezza d'uomo.
Musica conventuale.
Ai lati del candelabro, stanno, ciascuno da una parte, Abelardo ed Eloisa, immobili, in abiti monacali neri.
Tutto è già avvenuto e tutto si ripresenta attraverso la fervida memoria di Eloisa, che rievoca la sua vicenda con Abelardo, di cui apprende la morte.
La voce di Pietro il Venerabile, rievocata da Eloisa.
VOCE di PIETRO IL VENERABILE - "Abelardo, ora Cristo lo tiene
fra le sue braccia
al tuo posto, Eloisa,
e come un'altra te stessa te lo custodisce
perché alla venuta del Signore
per grazia sua ti sia restituito".
Eloisa si rivolge ad Abelardo, lo fa rivivere.
ELOISA - In te ho cercato e amato solo te,
Dio mi è testimone.
Ho desiderato te,
non le tue ricchezze,
e non la tua fama...
Un canto sommesso, le parole sono sussurrate dalla stessa voce di Eloisa, lontana, alonata, sostenuta dalla musica; sono le canzoni trovadoriche dell'epoca, alcune delle quali scritte da Abelardo.
Musica d'arpa.
CANTO - Si vive solo
quando si vive in gioia...
Altro vivere
non si deve chiamar vita...
Tant es sos cors gais
et isnens e complits de bellas colors
c'anc de rosier no nasuet flors plus fresca
ni de nuills brondeus....
Abelardo prende vita. La storia ricomincia attraverso la rievocazione che lui stesso ne fa, rivolgendosi al pubblico.
ABELARDO - Viveva in Parisi una fanciulla,
Eloisa di nome, nipote di un canonico,
Fulberto, che l'adorava e l'aveva educata
istruendola in ogni disciplina...
A sua volta mossa dall'evocazione di Abelardo, Eloisa si muove inseguendo i pensieri nella gestualità più spontanea; è il ricordo di lui, che è stato evocato da lei, a darle adesso vita, mentre è Abelardo che rimane ad osservarla, interrompendo di volta in volta il racconto.
ELOISA - Gioia...la giovinezza?...
Quale sarà domani la mia vita
che per ora è un succedersi di giorni
colmi di pensieri filosofici...
La mente mi spinge
a cercare il segreto dell'eternità.
Tralascio le incombenze quotidiane
e mi rivolgo a Dio; eppure
avverto il passare del tempo
e ho un brivido...
Vivo senza conoscere
ciò che viene chiamato sentimento,
lo conosco soltanto
attraverso le dottrine dei sapienti.
Confusamente a tratti
avverto il bisogno di un respiro
che mi riporti al corpo, alla terra...
alla gioiosa mia natura di donna...
CANTO - Gaio il viso...
Agile il corpo...
Non nasce una rosa...
da un rosaio...più fresca...
nè da altro cespuglio...
Aitant ses plus viu hom
quam viu jauzens,
c'autre viure nos deu vid'appellar...
Intento ad osservarla, Abelardo indica agli spettatori Eloisa che inconsapevole constinua il suo gioioso andare inseguendo i suoi pensieri.
ABELARDO - Era bella d'aspetto, ma splendida
per la profondità del suo sapere di lettere
e di scienza così raro nelle donne
che a lei adolescente
aveva dato gran fama in tutto il regno...
Eloisa cerca dentro di sé la dimensione sconosciuta;
la rosa della canzone trovadorica, che nasce e si dischiude, è lei stessa.
ELOISA - Più conoscerò, più sarò vicina a Dio.
Ma si conosce con la mente solo?
Vive ogni parte in me di vita propria
intelligente, il volto che mi avvampa, i capelli
e il cuore nei suoi battiti...
Preso dall'impulso di raccontare la sua vicenda, Abelardo quanto più è possibile va tra la gente.
ABELARDO - Avevo sempre avuto orrore dei bordelli,
e poichè mi ero dedicato soltanto allo studio
per la scuola, nella ricerca che fa chiara la mente,
mi era impossibile frequentare donne di famiglia nobile,
e neppure quelle del popolo.
Ma c'era nell'aria un presagio d'amore.
Come una musica mi arrivò alle orecchie
e infiammò di sogni i miei pensieri...
ELOISA - L'aria mi sfiora e ne provo esultanza
come a pensiero afferrato d'un tratto.
E' Dio che ama: uno slancio d'amore
che spira nelle cose e fa sbocciare e colorir le rose...
ABELARDO - Seppi di lei e decisi di farla innamorare.
Mi ero già fatto un nome, ed eccellevo
per gioventù e bellezza, tanto da non temere il rifiuto
di nessuna che ritenessi degna d'amore.
Studiai il modo per avvicinare Eloisa
e intrecciare con lei rapporti quotidiani e familiari,
in modo da indurla a cedermi con maggior facilità...
Mi feci presentare a suo zio e gli chiesi di ospitarmi
a casa sua, pagando quello che mi avrebbe chiesto.
La scuola dove avrei insegnato era vicina;
per questo - gli dissi - volevo abitare da lui.
Fulberto era avido, e aveva l'ambizione
che la nipote diventasse ancor più meritevole
per la sua conoscenza delle lettere; mi accolse quindi
con entusiasmo e mi affidò Eloisa, perchè
appena fossi stato libero dagli impegni della scuola
di giorno e anche di notte la istruissi
con tutti i mezzi che volevo: e se fosse stata negligente, avrei potuto costringerla perfino con la forza; mi stupì
la sua ingenuità non meno che se avesse affidato
ad un lupo famelico una tenera agnella.
Così ci trovammo uniti nella stessa casa
e poi anche nei cuori, tutti e due...
Presa dalla veemenza del sentimento rivissuto,
Eloisa avanza fino alla ribalta, sporgendosi verso Abelardo.
ELOISA - Tu avevi due cose specialmente
che attraevano l'animo delle donne...
Il tuo modo di parlare e la dolcezza con cui cantavi...
qualità che di solito i filosofi non possiedono.
Quasi per riposarti dalla fatica degli esercizi filosofici
hai composto tante poesie e tante canzoni d'amore
che venivano poi cantate dappertutto...
VOCE DI ABELARDO- Aurora lucifer praeit, sed sequitur...
Aurora fidei lux intelligitur...
ELOISA - Le donne sospiravano d'amore
per la bellezza delle tue canzoni...
E poichè le canzoni cantavano il nostro amore,
io ero invidiata da molte...
VOCE DI ABELARDO - Plena meridie lux solis radiat...
Plenusque calor est quo mundus aestuat....
ELOISA - Eri così giovane, bello, intelligente...
In te ho cercato e amato solo te, Dio
mi è testimone. Ho desiderato te,
non le tue ricchezze, e non la tua fama...
ABELARDO - Con la scusa di studiare avevamo tutto il tempo
per amarci, e lo studio ci permetteva di godere
quella solitudine che l'amore sempre desidera.
ELOISA - Chiare meditazioni, compagne della mia giovinezza,
altri pensieri adesso vi scacciano dal vostro posto privilegiato
e questi pensieri nuovi io li amo
come le mie antiche meditazioni filosofiche...
forse di più...ancora non me ne sono resa conto...
Pensieri sconosciuti prima, appena il vostro nome
mi sale alle labbra, le sento bruciare
quasi non sapessero più esprimersi in parole...
ABELARDO - Aprivamo i libri, ma si parlava più d'amore
che di filosofia; erano più i baci che le spiegazioni.
Le mie mani non sfogliavano le pagine,
ma correvano al suo seno. L'amore
si rifletteva nei nostri occhi più sovente
che non la lettura...E la picchiavo, certe volte,
per amore; non per ira o sdegno
che non si applicasse allo studio...
Erano colpi che superavano in soavità
qualunque carezza o profumo.
ELOISA - Io non volevo soddisfare la mia volontà
e il mio piacere, ma te e il tuo piacere...
ABELARDO - Le parole sono inutili. Eravamo come pazzi
e se in amore si può inventare qualcosa di nuovo,
noi lo inventammo. e il piacere che provavamo
era tanto più grande, perchè prima
non lo avevamo mai conosciuto, e non ci stancavamo
mai. Era così evidente il nostro amore,
anche quando eravamo in mezzo agli altri,
per gli sguardi, il tremore del nostro respiro...
ELOISA - Non la mia volontà e il mio piacere,
ma te e il tuo piacere...
te...e il tuo piacere...
ABELARDO - Così evidente era il nostro amore,
che alla fine se ne accorse anche Fulberto,
l'ultimo dopo gli amici, dopo gli studenti
a rendersene conto, tanto si era fidato di noi,
del mio ruolo di maestro e del pudore di Eloisa...
Ci separò, e più grande fu la nostra sofferenza.
Ma la separazione dei corpi non fece altro
che avvicinare ancora di più i nostri cuori.
E l'impossibilità stessa di soddisfare il nostro amore
lo infiammava ancora di più! Sapevamo
che lo scandalo non si poteva cancellare,
questo ci rendeva insensibili allo scandalo.
Il senso di colpa era piccolo perchè grande
era stato il piacere del possesso
l'uno dell'altra...
Eloisa grida la sua gioia.
ELOISA - Aspetto un figlio. Tuo!
ABELARDO - Me lo scrisse, poco tempo dopo.
Era piena di gioia, eccitata...
ELOISA - Il nostro amore segreto...
presto tutti lo conosceranno.
ABELARDO - Studiammo un piano insieme.
Una notte di nascosto
la portai lontano dalla casa di Fulberto,
da mia sorella.
Abelardo si rivolge a Eloisa.
Starai qui, finchè nascerà nostro figlio.
E poi ritorneremo insieme...
ELOISA - Altro non chiedo che te. Aspettarti
sarà dolce...E dopo...saremo ancora più felici...
Abelardo la trascina via.
Eloisa è di nuovo nel suo spazio.
ABELARDO - Quanto fosse grande il risentimento di Fulberto,
da quale vergogna fosse afflitto
nessuno può capirlo se non avendone passata l'esperienza.
Se Fulberto mi avesse ucciso
temeva la vendetta di qualcuno dei miei
sulla dilettissima nipote; né poteva catturarmi
con la forza - io stavo in guardia-, ma mi accusava con veemenza
dell'inganno messo in atto per amore
come se si trattasse del più grave tradimento.
Alla fine, mosso a compassione della sua smodata ansietà,
andai da lui promettendogli qualunque riparazione avesse chiesto.
Non sarebbe sembrato strano quanto era successo
a chi avesse provato la forza dell'amore, o almeno
a chi ricordasse a quale rovina le donne
fin dall'inizio del mondo avessero tratto gli uomini più grandi.
Per meglio calmarlo al di là delle sue speranze,
mi dichiarai disposto a sposare quella che avevo corrotto,
a patto che ciò avvenisse in segreto,
per non averne detrimento alla mia fama.
Acconsentì e suggellò l'accordo con baci di tradimento.
Subito ritornai dalla mia amante,
per farla moglie. Ma Eloisa non voleva saperne...
ELOISA - Che cosa hanno in comune le lezioni agli studenti
con le serve di casa?, le riunioni degli scrittori con la culla?
Che rapporto fra i libri ed i mestoli, fra le penne ed i fusi?
Chi è intento alle meditazioni filosofiche,
chi sta cercando di arrivare ad un concetto, come potrebbe
sopportare i bambini che frignano, le nenie delle balie
che tentano di calmarli, la turba ingovernabile dei domestici,
uomini e donne ? E chi mai riuscirà a tollerare
quella sporcizia, quella puzza dei neonati repellente e persistente?
Anche Seneca diceva:"Non puoi dedicarti alla filosofia
solo se non hai niente da fare. Bisogna lasciare ogni cosa
per dedicarsi unicamente ad essa. Trascurarla,
anche per un attimo soltanto,
è come abbandonarla del tutto: appena ti distrai
non ti rimane più niente".
E poi, solo amore
voglio che mi leghi a te, nessun vincolo,
nessun matrimonio.
E se dovremo rimanere separati
per qualche tempo, più grande sarà, dopo,
la gioia di stare insieme, proprio perchè rara...
ABELARDO - Ma io non desistevo dalla mia decisione,
che Eloisa chiamava "pazza". E allora
finì per rassegnarsi, abbandonata al pianto
tra sospiri disperati,
non avendo il coraggio
di opporsi ancora al mio volere...
ELOISA - Non ci rimane che perderci l'un l'altro,
e ne verrà dolore più di quanto
prima non abbiamo avuto amore.
Musica d'organo.
ABELARDO - Ci incontrammo di notte in una chiesa;
restammo in ginocchio a pregare, vicini,
di fronte a Dio. All'alba arrivò Fulberto
e pochi amici, venuti in segreto.
Ci unimmo in matrimonio. Ma dalla chiesa
uscimmo separati, perchè nessuno sapesse
di quel rito; andammo a vivere lontano
l'uno dall'altra; da allora ci vedemmo di rado
e di nascosto, tenendo per noi soli
quello che avevamo fatto. Fulberto invece
cominciò a divulgare la notizia del matrimonio;
lo faceva per cancellare il disonore,
ma così tradiva il giuramento.
Ed Eloisa, con ostinazione, per conservarmi intatta la fama
di filosofo, giurava e spergiurava...
ELOISA - E' falso! Falso! Falso! Non c'è mai stato matrimonio!
ABELARDO - Erano liti continue con Fulberto. Torturata,
angosciata, Eloisa insisteva nei giuramenti...
ELOISA - Non c'è mai stato matrimonio!
ABELARDO - Era un tormento, la vita di Eloisa.
La portai nell'abbazia di Argenteuil.
Canto di monache.
Indossò la veste monastica...
eccetto il velo...E Fulberto
si sentì beffato: come se mettendo Eloisa
in monastero, volessi sbarazzarmi di lei.
Corruppe un mio servo: quello che mi era il più fedele
per denaro mi tradì.
Dei sicari pagati da Fulberto
mentre dormivo mi recisero
quella parte del corpo con cui avevo commesso
l'ingiuria da cui il canonico si sentiva disonorato.
Canto di monaci.
In questo stato di prostrazione e di confusione,
più per vergogna che per vera vocazione - lo riconosco -
decisi di cercar rifugio nel segreto del chiostro.
Prima però Eloisa...
...per mio comando, spontaneamente
prese il velo ed entrò in monastero.
Così entrambi nello stesso tempo vestimmo
l'abito sacro, io nell'abbazia di Saint Denis,
lei nel convento di Argenteuil.
Molti - mi ricordo - avevano compassione di Eloisa
perchè era giovanissima, e invano
cercarono di trattenerla dall'accettare
il giogo della vita monastica
come fosse una pena intollerabile.
Ma Eloisa tra lacrime e singhiozzi
rapida si avvicinò all'altare,
Abelardo le porge il velo.
subito prese il velo benedetto...
Eloisa si pone il velo sul capo.
...e davanti a tutti si legò
alla vita monastica.
Eloisa torna al suo spazio.
A poco a poco ritornai ai miei studi.
La ferita del corpo si era risanata,
e io mi sentivo come liberato
dal peso delle passioni, che prima erano state
la mia gioia; vedevo lo studio in una luce nuova,
volevo dedicarmi ad esso
non più per denaro o avidità di lodi;
ora sarebbe stato per amore di Dio.
Mi gettai sulle pagine sacre, ma non lasciai del tutto
la filosofia che gli studenti con frequenza mi chiedevano;
e proprio di questa mi servii come di un amo
per attrarli allo studio della teologia.
Perfino il fondamento della nostra fede
lo analizzai con il metodo analogico.
Per gli allievi, adottando questo metodo, composi
il trattato sull'unità e trinità di Dio.
Ma quel trattato mi portò alla condanna della Chiesa
che mi ha gettato nella disperazione.
E ora cerco di rialzarmene
ricordando la mia vita tutta quanta.
"Sappiamo che tutto si risolve in bene per chi ama Dio".
Ma il convento dove vivo è pieno di pericoli.
L'invidia dei monaci è arrivata al punto
da mettermi il veleno nel vino della messa...
Da questo momento si sviluppa il colloquio epistolare tra Abelardo ed Eloisa.
Eloisa mostra un'intensa trepidazione, facendosi rappresentante anche delle sue monache; può così manifestare quell'amore che a lei come amante non è più consentito.
ELOISA - Domino suo immo patri, coniugi suo immo fratri,
ancilla sua immo filia, ipsius uxor immo soror...
Al suo signore anzi padre, al suo sposo anzi fratello,
alla sua serva anzi figlia, e sua moglie anzi sorella,
ad Abelardo Eloisa.
O mio dilettissimo...
In me le tue parole hanno rinnovato
gli antichi dolori quanto più crudi e precisi
ne hai descritto i particolari; ma soprattutto
mi preoccupa di saperti ancora in pericolo...
Noi tutte, monache di questo convento,
siamo in ansia per la tua vita
e dentro il nostro cuore trepidiamo,
temendo da un momento all'altro
di venire a sapere che sei stato assassinato...
Così nel nome del Cristo che finora
in qualche modo ti ha protetto,
ti scongiuriamo di farci sapere
almeno attraverso una lettera
dei pericoli in cui come in un naufragio ti dibatti.
Noi siamo tutto quanto ti rimane al mondo,
e vogliamo dividere con te dolori e gioie...
Qualsiasi cosa a noi tu scriva,
ci recherai sempre un non piccolo conforto,
perchè almeno capiremo che non ci hai dimenticate...
E grazie a Dio tu puoi darci almeno questa gioia;
nessuno ti proibisce di scriverci, niente te lo impedisce...
Ti sei sacrificato per i tuoi studenti...
hai sofferto per i tuoi nemici...Che cosa
devi dare allora a noi monache, tue figlie?
Anche a voler trascurare le altre tutte,
pensa quanto sei debitore a me: loro
si sono consacrate a Dio, io invece
mi sono consacrata a te...
Eloisa torna ad esprimere il sentimento esclusivo e passionale che ancora prova per Abelardo, e che finora ha tenuto a freno.
Come solo tu puoi farmi soffrire,
così tu solo puoi rendermi serena
e consolarmi. E' un tuo dovere!,
non ti ho ubbidito sempre
con fervore, non ho sempre fatto
tutto quanto mi dicevi di fare?
Non potendo oppormi in nessun modo a te,
non ho neppure esitato a un tuo comando
a perdere me stessa per sempre.
E sono andata anche più in là.
Ero talmente pazza d'amore
che ho rinunciato perfino a te:
ho rinunciato all'uomo che amavo
senza alcuna speranza di poterlo un giorno riavere!
Una tua parola è stata sufficiente
perchè con la veste mutassi anche il cuore;
e così ho voluto dimostrarti che eri tu
l'unico padrone non solo del mio corpo
ma anche dell'anima mia.
ABELARDO - Sono diventato monaco anch'io,
ed ora mi sento tuo fratello.
Ma tu, non hai pace.
ELOISA - In te ho cercato e amato solo te,
Dio mi è testimone; ho desiderato te,
non i tuoi beni o le tue ricchezze.
Non miravo a farmi sposare
nè a farmi mantenere; non volevo
soddisfare la mia volontà e il mio piacere,
ma te e il tuo piacere, tu lo sai.
E anche se il nome di sposa
è più sacro e più valido,
il nome di amante mi è parso sempre più dolce,
anzi, se non ti offendi,
quello di tua puttana.
Di fronte a te mi sarei annullata;
mi bastava il tuo amore, solo
il tuo amore e sarei vissuta
all'ombra della tua grandezza.
E adesso, io ti amo ancora più che mai.
E soffro...soffro atrocemente di non essere
amata, chiusa in questo convento
secondo quanto soltanto tu hai deciso.
ABELARDO - Dio ha voluto così.
Perchè ritornassimo a lui.
ELOISA - Come sono fredde le tue parole!
Quando si è spento il desiderio,
si sono dileguati tutti i segni dell'affetto.
ABELARDO - La passione che ci trascinava al peccato
non era amore. Con te sfrenavo
la mia lussuria; questo era quanto amavo di te.
ELOISA - Io non volevo soddisfare la mia volontà
e il mio piacere, ma te e il tuo piacere.
Rispondimi! ti prego, rispondimi!
Altrimenti sarò costretta a dire
quello che penso...I sensi, non l'affetto
ti tenevano legato a me!
ABELARDO - Accetta, ti prego, sorella, accetta con rassegnazione
questo colpo che ci ha inferto la misericordia di Dio:
ha ferito il corpo per guarire l'anima;
ha punito una volta per non punire per sempre,
mi ha liberato dall'ardore di una passione
da cui ero soffocato. Ma il tuo animo
tentato dalle passioni della giovinezza
Dio lo ha destinato alla corona del martirio.
ELOISA - Mi sono chiusa in convento,
ho accettato di sacrificare la mia giovinezza
non per vocazione - tu lo sai - ma soltanto
per ubbidire ad un tuo ordine preciso.
Non mi aspettavo ricompense da Dio;
non voglio la corona del martirio perchè so
che per amore di Dio non ho fatto proprio niente!
Quando hai deciso di entrare in convento,
ti ho seguito, anzi ti ho preceduto: sei stato tu
a volere che mi legassi a Dio prendendo i voti
prima di te. Adesso posso dirtelo:
io non avrei esitato un attimo a precederti
o a seguirti anche nelle profondità infuocate della terra,
se fossi stato tu a ordinarmelo. Dio
mi è testimone, il mio cuore non era più con me,
era con te, e anche adesso è con te,
senza di te non può stare...
Finchè io godevo con te il piacere
dei nostri corpi congiunti, qualcuno poteva domandarsi
se io lo facessi per amore o per soddisfare la mia sensualità.
Ma il risultato ultimo di tutto dimostra quale fosse in realtà il mio sentimento fin dall'inizio della nostra storia.
Io ho rinunciato a qualunque forma di piacere
per ubbidire alla tua volontà. Per me non ho tenuto
niente, se non la possibilità di essere tua,
soltanto tua...
I piaceri dell'amore che abbiamo conosciuto insieme
sono stati tanto dolci che io non posso
nè odiarli nè dimenticarli.
Dovunque vada, li ho sempre davanti agli occhi
e il desiderio che suscitano in me non mi abbandona mai.
Anche quando dormo, le loro immagini
mi vengono davanti ad ingannarmi e mi perseguitano.
Perfino durante la solennità della Messa,
quando la preghiera dovrebbe essere più pura,
i fantasmi tormentosi di quelle gioie
si impadroniscono della mia anima,
e io non posso fare nient'altro che abbandonarmi ad essi,
e non riesco neppure a pregare...
Invece di piangere, pentita per quello che ho fatto
- come tu vorresti -, sospiro rimpiangendo
quello che ho perduto. E davanti agli occhi
ho sempre te e quanto abbiamo fatto, e perfino
i luoghi precisi dove ci siamo amati, i momenti
in cui siamo stati insieme...E mi sembra
di essere ancora lì con te a fare le stesse cose...
E neppure quando dormo riesco ad aver tregua...
E delle volte da un sussulto del mio corpo...
o da una parola che non sono riuscita a trattenere,
tutti capiscono a che cosa sto pensando...Allora
mi sento così disgraziata! e grido anch'io
come Paolo l'Apostolo: "Oh! mia infelicità!
Chi mi libererà da questo corpo di morte?"...
Eloisa cade a terra.
ABELARDO - "Judica me Deus et discerne causam meam
de gente non sancta... ab homine
iniquo et doloso erue me..."
ELOISA - Per tutta la vita ho temuto
più di offendere te che di offendere Dio,
e Dio lo sa. Un tuo ordine, e non la voce di Dio,
mi ha indotta a entrare in convento. Per te soltanto,
per il tuo comando, ho accettato. Sono colpevole,
ma sono anche innocente, tu lo sai bene;
ho imparato da te - per questo sei stato condannato -
che la colpa non sta nelle conseguenze del gesto,
ma nell'intenzione di chi lo compie: la giustizia
valuta non l'atto in sé ma il pensiero che ha ispirato l'atto.
E a questo punto solo tu che li hai provati
puoi giudicare e valutare i sentimenti che ho nutrito per te.
Rimetto tutto al tuo esame, mi rimetto completamente a te.
ABElARDO - Se davvero, come dici, vuoi soltanto piacermi
in tutto e per tutto, allora non lamentarti più.
Eloisa dà un gemito.
E' stato giusto quanto ci è successo.
Voglio dimostrartelo; così forse darò sollievo
all'amarezza del tuo dolore.
Poco dopo il nostro matrimonio ti avevo portato al monastero
perchè a casa non potevamo più incontrarci.
Sono venuto a trovarti in segreto.
E ti ricordi, sì?, a quali eccessi
mi sia lasciato andare con te
in quell'angolo del refettorio...
ELOISA - Non avevamo nessun altro posto dove andare
e ti desideravo!
ABELARDO - La nostra mancanza di pudore, quella volta,
non ha avuto rispetto neppure per un luogo sacro!
Era la mia passione sfrenata a trascinare
i nostri corpi. Nessun rispetto per Dio
mi impediva di rotolarmi in quel fango...
ELOISA - L'amore! Solo l'amore
mi legava a te!
ABELARDO - Qualche volta tu, presa dal pudore, non volevi,
cercavi di dissuadermi come potevi.
Io allora ti minacciavo,
ti costringevo perfino picchiandoti!
Ormai ti desideravo con tanto ardore
che per soddisfare quella mia oscena e misera sensualità
avevo dimenticato tutto...e Dio...e me stesso. Per salvarmi,
nella sua clemenza Dio non poteva far altro che impedirmi
per sempre, senza speranza, di godere quei piaceri.
ELOISA - Il desiderio che quei piaceri suscitano in me
non mi lascia mai...mai...mai...
ABELARDO - Dio ci ha unito con l'indissolubile legge
del sacramento nuziale. Ha voluto così perchè uniti
potessimo meglio ritornare a lui. Se questa unione
non fosse stata consacrata, tu certo, dopo il mio distacco
dal mondo, nel mondo saresti rimasta
per le pressioni dei tuoi parenti o per il desiderio
di vivere in mezzo alle sue attrattive...oh!,
non ti saresti salvata. Ora invece puoi offrire a Dio
il frutto dell'intelligenza che lui ti ha concesso,
e che rischiavi di gettar via.
Noi siamo una sola persona in Cristo,
una sola carne, niente di ciò che è tuo
mi è estraneo, e tuo è Cristo perchè sei la sua sposa.
Eloisa ha un trasalimento; l'antica unione riappare nelle parole di Abelardo; ma è appena un attimo.
Per questo ho fiducia nella tua intercessione presso Dio;
fin dall'inizio della tua vita ha indicato che saresti stata sua attraverso il presagio del tuo nome: tu ti chiami Eloisa,
cioè divina, secondo il nome che è proprio di Dio, Eloim.
Sei tu che puoi aiutarmi in un momento per me tanto grave.
Ascolta, ti prego,
con l'orecchio del cuore quello che spesso hai ascoltato
con l'orecchio del corpo.
Io non sono più con te e le tue monache,
ma ho tanto più bisogno del conforto
delle vostre preghiere quanto più gravi
sono i pericoli da cui sono minacciato.
La preghiera sostituisce il dialogo diretto, come una supplica di aiuto.
"Non abbandonarmi, mio Signore e Padre,
Signore della mia vita, affinchè io non cada
davanti ai miei avversari,
e non rida di me il mio nemico".
Abelardo rimane assorto in preghiera.
Eloisa è presa dalla pietà; al dialogo con Abelardo sostituisce la preghiera a Dio.
ELOISA - Dio, che per mezzo del tuo umile servo
ti sei degnato di riunire nel tuo nome
queste povere ancelle, proteggi Abelardo,
ti preghiamo, da tutte le avversità
e rendilo alle tue umili suore.
Poi si rivolge ad Abelardo con rinnovata dignità.
A Dio come creatura, a te come donna.
Io non voglio che tu possa accusarmi di averti disubbidito
in qualcosa, e perciò ho deciso di mettere un freno,
come tu volevi, al libero sfogo del mio dolore.
Mi sono imposta di mantenere il silenzio,
almeno quando ti scrivo, su tutti quegli argomenti
che mi sarebbe difficile, anzi impossibile,
evitare se potessi parlarti di persona.
Niente è così poco in nostro potere come i sentimenti;
ad essi siamo costretti a obbedire, non possiamo comandarli.
Quando le passioni ci tormentano, nessuno
è in grado di reprimerne gli impulsi improvvisi
o di impedire che balzino fuori trasformandosi rapidi
in gesti, in azioni...e sgorghino ancora più facilmente
in parole perchè, com'è scritto,
"è la pienezza del cuore che fa parlare la bocca"...
"Ex abundantia enim cordis os loquitur".
Tu puoi ancora recare conforto al mio dolore,
anche se ti è impossibile liberarmene completamente...
Come piantando un chiodo se ne scaccia un altro,
così un pensiero nuovo cancella il precedente
e lo spirito, impegnato in qualcosa di diverso,
è costretto ad abbandonare il ricordo delle cose passate,
o almeno a metterle un poco da parte...
Con uno sforzo sovrumano, Eloisa supera la dipendenza dalla passione uman, che trasforma, per amore, in passione divina, pur venata dell'antico sentimento.
E allora, assieme alle sorelle del mio convento,
di cui sono madre, umilmente chiedo
alla tua bontà di padre di spiegarci
su che cosa si fondi la nostra professione monastica...
Ma ti supplico, fammi dono della tua presenza,
per ragionarne insieme...
La passione trasfigurata di Eloisa induce Abelardo a rivolegersi a lei come all'unica creatura a cui poter fare riferimento anche a livello teologico.
ABELARDO - Sorella carissima, Eloisa...
un tempo a me cara nel mondo,
oggi ben più cara nel Cristo...
Io non voglio essere un filosofo,
se per questo è necessario
che mi separi da Cristo.
Quanto Abelardo andrà dicendo appartiene alla professione di fede che dopo innumerevoli contrasti dovuti alla sua scelta della ragione per la conoscenza di Dio, lui ha finalmente pronunciato, in obbedienza alla Chiesa.
Adoro Cristo che regna alla destra del Padre.
Lo stringo con le braccia della fede
quando compie divinamente opere gloriose
nel seno di una Vergine
per mezzo dello Spirito Santo.
Abelardo lancia ad Eloisa un lungo rotolo di pergamena, che lei afferra e scorre con lo sguardo srotolandola.
ELOISA - La professione di fede!
Non ha voluto pronunciarla davanti al tribunale della Chiesa.
E adesso la manda a me!
Eloisa si inginocchia mentre Abelardo pronuncia il "Credo".
Il candelabro a più braccia si accende con tutte le sue candele illuminando la scena in modo scintillante.
Musica trionfante.
ABELARDO - Credo in unum Deum, Patrem omnipotentem,
factorem caeli et terrae, visibilium
omnium, et invisibilium.
Et in unum Dominum, Jesum Christum,
Filium Dei unigenitum. Et ex Patre natum
ante omnia saecula. Deum de Deo, lumen
de lumine, Deum Verum de Deo vero.
Genitum, non factum, consubstantialem Patri
per quem omnia facta sunt.
Credo nel battesimo, nella penitenza
e nella resurrezione della carne...
A te, Eloisa, questo atto di fede.
Ormai non posso dirti altro.
Vivi nell'amore del Cristo.
Forse un giorno saremo uniti in cielo,
nell'estasi dell'amore ritrovato...
ELOISA - L'amore ritrovato!...
ABELARDO - Se hai accolto in te la parola di Dio,
vi sarà in te una fonte d'acqua
che zampilla nella vita eterna.
ELOISA - La vita eterna...
Uniti...nell'amore ritrovato...
ABELARDO - Addio nel Signore, ancella del Signore,
un tempo a me cara nel mondo,
ora carissima in Cristo:
mia sposa allora secondo la carne,
ora sorella secondo lo spirito
e compagna nella vita religiosa.
Abelardo ed Eloisa si liberano dei manti neri emergendo in abiti bianchi. Corrono l'uno verso l'altra, in un abbraccio.
ELOISA - Dio, tu ci hai uniti. Tu ci hai separati.
Riunisci in cielo con te per sempre
quelli che si sono tanto amati!
BUIO
Maricla Boggio